COPENAGHEN @ Teatro Duse: un giallo storico-scientifico carico di quesiti etici sempre attuali

Diciotto stagioni dopo la prima italiana (Udine, 1999) di un classico del teatro del Novecento, testo che intreccia storia, scienza e dilemmi etici della contemporaneità, torna in scena al Teatro Duse COPENAGHEN di Michael Frayn, per la regia di Mauro Avogadro, con un trio di interpreti d’eccezione quali Umberto Orsini, Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice. Una produzione Compagnia Umberto Orsini e Teatro di Roma – Teatro Nazionale, in co-produzione con CSS Teatro Stabile di Innovazione del FVG.

Il testo del commediografo inglese, ormai un cult della drammaturgia contemporanea, che ha visto la sua prima assoluta a Londra nel 1998, e ha vinto il Tony Award al miglior spettacolo con la produzione di Broadway (2000), indaga l’enigmatico incontro, avvenuto nel settembre del ‘41 in una Copenaghen ormai occupata dai nazisti, tra il fisico Werner Heisenberg (Popolizio), capo del progetto tedesco per la costruzione della bomba atomica, e Niels Bohr (Orsini), suo amico e maestro, ma vittima delle leggi razziali in quanto ebreo. Le ragioni del loro colloquio intimo, cui assistette solo la moglie di Bohr, Margrethe (Lojodice), sono ancora oggi un mistero insoluto. Perché mai Heisenberg volle incontrare il maestro Bohr nel bel mezzo della corsa mondiale agli armamenti nucleari? 

Le diverse versioni possibili della storia vengono indagate in scena dagli stessi protagonisti, ormai fantasmi, senza mai saper giungere a una determinazione assoluta della vera natura di quell’incontro: si vengono così a concretizzare metaforicamente quei principi di Indeterminazione e Complementarietà che hanno reso celebri i due studiosi. Quello che emerge è come il nostro punto di osservazione sulla realtà cambi la natura stessa di questa, e che diverse versioni di una storia, anche mutualmente auto-escludenti, possono coesistere senza risultare per questo meno veritiere. Ma è anche un interrogativo etico che non può trovare risposta certa e univoca: ha o no la comunità scientifica il diritto morale di lavorare allo sfruttamento dell’energia nucleare, quando questo può tradursi, in tempo di guerra, nella costruzione e utilizzo degli ordigni nucleari? È solo politica o anche scientifica la responsabilità del dramma di Hiroshima e Nagasaki? È attorno a tali questioni etiche che ruotano le riflessioni dei tre protagonisti.

L’ambientazione nella mise en scène di Avogadro, una comune aula universitaria di fisica, con una gradinata, tre sedie e pareti di lavagne cariche di formule matematiche, è in realtà un costrutto scenico complesso e altamente simbolico, in cui l’ambiguità di fondo della pièce e del rapporto tra i personaggi, amici per storia personale ma ora nemici di stato, è reso meravigliosamente attraverso l’utilizzo sapiente dei contrasti di luce e le relazioni spaziali di continuo avvicinamento e allontanamento tra gli attori, enfatizzate anche dalle loro interazioni con gli elementi della scena: le sedie vengono avvicinate o distanziate, gli attori salgono e scendono a più riprese dalla gradinata, talvolta insieme, talvolta per avvicinarsi e altre per allontanarsi l’uno dall’altro. Geniale il ricorso al fondale carico di formule, che permette di dare forma visuale al concetto di Relatività scientifica, creando sul piano scenografico una struttura-contenitore che simboleggia la struttura fisica dell’Universo, all’interno della quale si svolge la singola e sempre relativa storia umana con le sue molteplici versioni possibili, realizzata sul piano della parola/narrazione.

La recitazione è di alto valore artistico, grazie a precisione della parola, intensità del gesto ed efficacia dell’interpretazione, ma non potevamo attenderci diversamente da un cast d’eccezione come questo. Orsini, Popolizio e Lojodice riescono a trasmettere magistralmente allo spettatore tutta la contraddittorietà delle emozioni dei personaggi, le loro inquietudini, l’affettività che li lega e la sua inevitabile incrinazione: il risultato è la costruzione di personalità di forte complessità e spessore emotivo.

COPENAGHEN è uno spettacolo fortemente morale nel suo negarci una sua morale: muovendo dal racconto di un passato drammatico e pieno di criticità, ci pone interrogativi di valenza etica ancora attualissima, e lo fa senza darci risposte perché non farebbe che darci una sola possibile verità, mentre preferisce invitare ogni spettatore a interrogarsi per tentare di trovare da solo le sue risposte, per provare a costruire la sua parte di verità.

Info:

COPENAGHEN

COMPAGNIA UMBERTO ORSINI, TEATRO DI ROMA – TEATRO NAZIONALE IN CO-PRODUZIONE CON CSS TEATRO STABILE DI INNOVAZIONE DEL FVG

Umberto Orsini, Massimo Popolizio e con Giuliana Lojodice

di MICHAEL FRAYN

scene GIACOMO ANDRICO

costumi GABRIELE MAYER

luci CARLO PEDIANI

suono ALESSANDRO SAVIOZZI

regia MAURO AVOGADRO

 

TEATRO DUSE

venerdì 16 novembre | ore 21:00

sabato 17 novembre | ore 21:00

domenica 18 novembre | ore 16:00

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