Disumanizzazione dell'ambiente aziendale raccontata in un modo austero e raffinato: l'incredibile sintonia tra lo spazio e lo spettacolo nel caso di “Contrazioni” di Mike Bartlett, con la regia di Luca Mazzone, a Sala Uno Teatro dal 1 al 5 di febbraio. Lo avevamo già recensito a Torino, con Paolo Ferrara, ma non ci è mancata una seconda occhiata a questo interessante lavoro.
Spazio al limite dell'inesistente, con una enorme potenza suggestiva, Sala Uno Teatro è un luogo ideale per accogliere questa rappresentazione. Ricavato in una chiesa sconsacrata, circondato da piazzali enormi, isolato dal tessuto urbano, con la sola immensa bellezza della basilica papale di San Giovanni in Laterano dirimpetto, il piccolo e pittoresco teatro propone atmosfere austere, ma raffinate. E lo spettacolo coglie e valorizza questa elegante austerità.
Le sole due attrici sul palco in un dialogo intenso (la rigidità con improvvisi risvolti umani di Viviana Lombardo che incarna la Manager e la ribellione progressivamente domata della profonda e meravigliosa Silvia Scuderi). Le luci – poche, ma usate con grande accortezza, così da creare interessanti effetti visivi (particolarmente impressionante il contrasto tra il tavolo bianco ben illuminato e la silhouette completamente oscurata di Viviana Lombardo in uno degli episodi, un effetto particolarmente ripreso nel momento del saluto finale, ma questa volta su entrambe le protagoniste). Le videoproiezioni – minime, con le riprese della stessa azione scenica lievemente elaborata, in un modo che diventa la proiezione del non-detto, l'esternazione dei desideri e della disperazione. L'accompagnamento sonoro – delicato, con un tocco drammatico che rende più grazioso i toni tetri dello spettacolo. Tutto questo iscritto negli austeri archi in mattone grigiastro, davanti alla platea formata da semplici sedie color rosso sangue disposte sugli scaloni particolarmente ripidi.
Perciò, effetto estetico decisamente raffinato e gradevole. Che però entra in contrasto con un messaggio scandalosamente semplice dell'azione. Le dinamiche aziendali che spremono e schiacciano l'individuo fino alla completa disumanizzazione, d'accordo, possono essere un'analisi sociale anche giusta, ma difficilmente si potrebbe parlare di una grande novità artistica. Il contrasto tra la morale piatta e scialba da un lato e la raffinatezza degna di un sottile dramma psicologico dall'altro visibilmente stordisce gli spettatori. Un pubblico preparato e concentrato, prevalentemente una fine borghesia con qualche intromissione bohème, si è trovato talmente spiazzato da non sapere se si poteva ridere o meno nei momenti particolarmente grotteschi dell'azione. C'era addirittura chi ridacchiava e poi timidamente si guardava intorno, nel dubbio se era una cosa giusta o meno.
Convinto invece l'applauso finale alle attrici. Timida e quasi schiva al momento di salutare il pubblico, Silvia Scuderi con il suo vasto gamma di espressioni, con la sua vertiginosa profondità è il nervo dello spettacolo, il suo elemento più vivo, più naturale e più brillante.