Dal 17 al 26 settembre la XIX edizione di Contemporanea Festival coinvolge vari spazi artistici della città (Teatro Magnolfi, Teatro Metastasio, Teatri Fabbricone e Fabbrichino, ex Cinema Excelsior, SpazioK) all’insegna della massima di Rilke “Il futuro entra in noi prima ancora che accada”. Uno sguardo sul panorama italiano ed internazionale delle arti performative, dalla drammaturgia di prosa alla danza passando per vere e proprie performance artistiche. In una precisa suddivisione del festival in due parti (dal 17 al 19 e dal 23 al 26 settembre) abbiamo assistito in apertura alla performance dell’artista tedesca Eva Meyer-Keller al Magnolfi con la sua Death is certain ed alla coreografia Zoé di Luna Cenere al Metastasio. (Prima parte reportage di Gufetto Firenze. Leggi anche la seconda parte)
A cura di Martina Corsi e Leonardo Favilli
DEATH IS CERTAIN: sadica e sapida attrazione per il male tra sgomento e godimento
Gli spettatori si accomodano nella sala quadrata del teatro, ordinatamente intorno a due tavoli bianchi, uno sgombro, l’altro pieno di oggetti: un ferro da stiro, vari utensili da cucina e non solo, ma soprattutto tante fragole. Una luce calda fissa ci avvolge.
L’artista, come fosse una scienziata, si mette il camice e gli occhiali da laboratorio e inizia il suo lavoro: fa fuori ogni fragola, una per volta, utilizzando gli strumenti che ha sul tavolo e sperimentando tutte le torture possibili, soltanto il rumore del ticchettio delle sue scarpe ci fa compagnia. Noi spettatori osserviamo l’artista-carnefice che con la freddezza di un killer massacra le fragole, per tanti simbolo dell’infanzia, una dopo l’altra, facendo iniezioni, schiacciandole dietro una porta, affondandole nell’acqua, facendole prendere fuoco con fiammiferi, con una reazione elettrica o stirandole. Si perde il conto delle sevizie subite dai poveri frutti rossi e ogni volta ci stupiamo dell’utilizzo degli utensili appoggiati sul tavolo, mai avremmo ipotizzato per loro questo scopo. La scienziata continua il suo lavoro da laboratorio senza battere ciglio per 40 minuti.
Stupisce la reazione in fondo elementare del pubblico: all’inizio è incredulo, sorpreso, c’è addirittura chi sobbalza tremante assistendo allo scoppiettio di una fragola che brucia. Col passare dei minuti il sentimento popolare cambia faccia, si passa dall’essere ammaliati da questa danza macabra, fino ad incuriosirci e divertirci per la fine orrenda delle fragole. Questa performance smaschera una componente sadica dell’uomo che cerchiamo di sotterrare, perché malvista dalla nostra morale: il fatto che siano solo delle fragole ad essere eliminate una dopo l’altra, a pezzi, ci autorizza a godere dello spettacolo. Ci scordiamo che sono torture, anche se fatte su un frutto, che purtroppo spesso sono perpetrate su nostri simili. Il ricordo va a una delle prime performance di Marina Abramovic a Napoli, quando i visitatori si sentirono autorizzati a compiere violenze sulla performer in quanto considerata in quel momento un oggetto. Cambia tutto oggi, ma non cambia la natura dell’uomo, che dopo un primo momento di empatia verso le vittime, può accantonare la morale e ridere con gusto di fronte alle sevizie.
ZOÉ: dialogo pulsante e vitale tra pubblico e corpo danzante
A scena aperta, i ballerini sono distesi nella loro adamitica nudità a formare una linea continua intervallata dalle loro gambe piegate. Un profilo elettrocardiografico che nel lungo silenzio intercorso dopo lo spegnimento delle luci sembra raccogliere le energie provenienti dagli spettatori frementi per iniziare a pulsare, da un’estremità all’altra, in una convulsione di gruppo che ci cattura. E non ci lascerà andare dall’inizio alla fine. Una volta che la Terra ha così preso vita l’evoluzione prosegue al ritmo di una musica primordiale amplificata nello spazio scenico completamente vuoto, come quell’Universo da cui tutto è partito. Dalle acque dove sembrano fluttuare i corpi nudi disposti sul palco, meduse ed anemoni di mare nella loro posizione contorta e capovolta, la donna si stacca facendosi generatrice ed altri corpi dalla loro chiusura fetale raccolgono la linfa vitale che li rende un unicum. La caducità della bios si arricchisce dell’essenza, quella Zoé appunto, che a partire da noi spettatori, col ruolo di esperti di vita, adesso muove l’intero corpo coreografico fatto dei ballerini in piedi, l’uno davanti all’altro, fluttuanti in perfetta sincronia reciproca ma in assenza di musica fino allo spegnimento delle luci. Quella linfa pulsante torna così indietro e il fremente silenzio d’apertura si ripropone in chiusura quando il pubblico, incerto sugli ulteriori sviluppi dello spettacolo, attende svariati secondi prima di applaudire una coreografia che ha preso molto e ci ha restituito ancora di più in un dialogo pulsante fatto di energie sonore, luminose ed emozionali, financo spirituali. Luna Cenere ha proposto una trasposizione molto efficace di un percorso evolutivo che non necessariamente dobbiamo identificare con la storia dell’uomo ma che dimostra la necessità di un’interconnessione di scambio, sia esso dei ruoli delle parti del corpo, dove le natiche profilano le teste delle meduse, sia esso di una linfa vitale che ci rende profondamente umani, senza bisogno di costumi, intermediari che diventano orpelli della comunicazione.
Il prossimo reportage sulla seconda parte del Festival
Nella seconda parte del Festival assisteremo a: L’ultima eredità, di e con Oscar De Summa; La fabbrica degli stronzi, di Maniaci d’Amore e Kronoteatro; Punk. Kill me please, di e con Francesca Foscarini; Walking Memories, di e con Elisa Pol; Be Arielle F, di e con Simon Senn
Presentazione del Festival di Edoardo Donatini, direttore
Il 12 agosto del 1904 Rainer Maria Rilke scrisse una lettera a un giovane poeta in cui lo esortava ad accogliere il futuro, l’ignoto e l’imprevedibile come qualcosa che è già accaduto in noi trasformandoci, come si trasforma una casa in cui sia entrato un ospite sconosciuto. Ci si potrebbe facilmente persuadere che nulla sia accaduto, eppure noi ci siamo trasformati. “Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi, molto prima di essere accaduto.”
Partendo da questa suggestione, CONTEMPORANEA FESTIVAL 21 rivolge la sua attenzione al futuro e in particolare alla forza della fragilità che altro non è che la vita, il dipanarsi del nostro intimo destino che ci tiene in equilibrio senza lasciarci cadere. Perché in fondo il solo coraggio che ci è richiesto, nei momenti più difficili e inauditi della nostra vita, è quello di accettare la propria fragilità e umanità come se fosse l’esperienza più prodigiosa che si possa incontrare. Con questa consapevolezza forse comprenderemo che non esiste una costante felicità e che, al contrario del piacere consolatorio, la forza della fragilità mette in moto dei processi riflessivi e conferisce allo spirito la “chiarezza dialettica per eccellenza”, rendendo l’animo veggente e pronto a una prospettiva nuovissima sul futuro.
CONTEMPORANEA FESTIVAL vuole misurarsi con il nostro tempo e abitare lo spazio della riflessione e del mutamento, mantenendosi in uno stato di fondazione permanente. Il moltiplicarsi delle impetuose trasformazioni dei contesti, la crisi dei modelli di riferimento, lo shock pandemico, richiedono parole e riflessioni aggiornate che connettano progettualità e pensiero. La pratica culturale del festival, desidera più che mai stimolare occasioni come possibilità di trasformazione e rilancio, in continuità con i processi e con la sua storia; un momento di costruzione, inclusione, incontro, sviluppo creativo per delineare nuove traiettorie, costruire relazioni, progettualità, luoghi, strategie, per la ricerca di nuovi spazi di progetto.
Siamo certi che ci troviamo di fronte a una nuova dialettica sulla libertà: la situazione attuale e le necessità di questo tempo ci portano a ripensare il collegamento tra l’artista e il pubblico, tra l’opera e l’esperienza dello spettatore, tra il processo della creazione e il senso di comunità, chiedendo alle parti di assumere un diverso posizionamento, un movimento dall’interno a favore di una dimensione che possa rendere ancora presente il potenziale di trasformazione della scena, della cultura, dell’arte.
CONTEMPORANEA FESTIVAL 2021 – GLI SPETTACOLI
DEATH IS CERTAIN
concept e performance Eva Meyer-Keller
produzione Giulia Messia
distribuzione Something Great
con il supporto amichevole di Vooruit Gent, STUK Leuven
grazie a Alexandra Bachzetsis, Juan Dominguez, Mette Edwardsen, Cuqui Jerez, Martin Nachbar, Rico Repotente
Teatro Magnolfi, Prato
17 settembre 2021
ZOE
coreografia Luna Cenere
con Luna Cenere, Lucas Delfino, Daria Menichetti, Ilaria Quaglia, Davide Tagliavini
luci e spazio Gianni Staropoli
direttore tecnico Nicola Mancini
musiche Gerard Valverde Ros, Mika Vainio
management e distribuzione Domenico Garofalo
produzione Compagnia Körper
coprodotto da Festival Oriente Occidente/ CID Centro Internazionale della Danza
con il sostegno di AMAT e Civitanova Danza per “Civitanova Casa della Danza” con il supporto di L’Arboreto – Teatro Dimora di Mondaino e Teatro Petrella di Longiano, Centro di produzione nazionale Virgilio Sieni e Les Brigittines – Playhouse for Movement, Associazione Armunia/Festival Inequilibrio
con il contributo di ResiDance XL 2018 – luoghi e progetti residenza per creazioni coreografiche, azione della Rete Anticorpi XL –Network Giovane Danza D’autore, coordinata da L’Arboreto – Teatro Dimora di MondainoTeatro
Metastasio, Prato
19 settembre 2021