CONTEMPORANEA FESTIVAL 19 @Prato: l’urgenza del presente in scena

Giunto al ventesimo anno, Contemporanea Festival organizzato dalla Fondazione Teatro Metastasio di Prato sotto la direzione di Edoardo Donatini prosegue nella ricerca di strumenti di lettura e di interpretazione di un mondo in continua destrutturazione. Il motto “Vivere ai tempi del crollo” resta ancora oggi più che mai un’esigenza istintiva cui il teatro è chiamato a dare urgentemente risposta. Con questo obiettivo dal 20 al 29 settembre il principale teatro della città propone performance di drammaturgia e di danza, laboratori teatrali, esperienze sensoriali e poetiche nei vari spazi di cui dispone (Fabbricone, Fabbrichino, Metastasio, Magnolfi, Spazio K) in collaborazione con il Centro d’Arte Contemporanea Luigi Pecci. Un impegno importante che rinnova la spinta alla contemporaneità di una città che già da anni vive le sfide del futuro alla continua ricerca della ricetta per vincerle.

Reportage a cura di Leonardo Favilli e Susanna Pietrosanti

Non esiste altro tempo in cui vivere se non quello presente. La contemporaneità diventa un’implacabile esigenza fatta di sensazioni ed emozioni necessarie per costruire il sentiero davanti a noi. Se il teatro ha un ruolo sociale, non può sottrarsi allo spinoso compito di direzionare il nostro cammino toccando le profonde corde della nostra sensibilità. Perciò non potremmo pensare un nome più indicato per un festival che accende i riflettori e gli animi della città: non appena i lampioni del centro iniziano a colorarsi delle insegne degli spettacoli della stagione teatrale, si capisce che ancora una volta il Teatro Metastasio c’è, più contemporaneo che mai.  E Contemporanea è ormai il consueto punto d’inizio o meglio la pietra miliare da cui ripartire.

Anche quando il mondo sembra esprimere una potenza incontrollabile ed incontenibile l’uomo può trovare i mezzi per addomesticarla e deviarne il corso di fronte ad un’immensità che non gli è propria ma gli appartiene. Un’immensità come quella di un mare che nel logo del festival (ideato da Chiara Ghigliazza) vede una donna portare al guinzaglio un fulmine, espressione di un’energia che così non va sprecata.

E la scelta di una donna non è casuale in una rassegna di arti (drammaturgia, danza, poesia, disegno) che vede una preponderante presenza femminile in tutti gli ambiti, dalla regia alla sceneggiatura fino alla  performance vera e propria. Con la loro sensibilità e intuitività le artiste coinvolte spaziano dal viola, anti-conformista e dirompente, fino al rosso, passionevole ed avvolgente, cogliendo tutte le sfumature distribuite sulle tele della nostra emotività.

Pertanto non potevamo inaugurare la nostra presenza al festival se non con PATHOS/BATHOS, una performance tutta al femminile, un’azione coreografica e teatrale breve ma molto intensa che la Compagnia TPO propone al pubblico, un’esperienza molto intima nel versatile spazio del Fabbrichino dove gli spettatori (solamente 6 alla volta) diventano giudici silenti di un talent seduti ad un tavolo che li separa dallo spazio scenico. Un pavimento capace di diffondere la luce che viene sapientemente manovrata per riuscire a creare vortici d’aria evidenziati dal fumo che annebbia. Valentina Consoli e BÄ•la Dobiášová danzano come due particelle in balìa di una forza di attrazione e repulsione grazie alla quale interagiscono ad un ritmo crescente tendente a quel pathos che bruscamente si allontana per lasciare spazio a delle maschere mute che con il loro sguardo e il loro aspetto illogico ci fanno sprofondare verso quel bathos che Pope nel XVIII secolo forgiò in opposizione alla sublimità. Un dissidio che resta sopito quotidianamente dentro di noi e del quale diventiamo auto-testimoni mentre si sviluppa davanti ai nostri occhi di spettatori.

A firma di una donna anche UN ATTIMO PRIMA al Magnolfi Nuovo. Il tempo di uno scatto e ciò che si vede in fotografia è già l’attimo passato, un mix di sensazioni che poco prima erano in noi e sono già svanite. Così come un punto di rottura determina l’inesorabile spartiacque tra l’integrità del prima e la conclamata fragilità del dopo. “Talvolta le cose rotte sono solo rotte”: da questo avverbio di apertura si apre alla speranza che nella rielaborazione e nel ricordo i piatti ormai inevitabilmente rotti possano essere rincollati e possano tornare a nuova vita grazie alla luce che attraverso una fessura può infiltrarsi. Partendo da questa riflessione sulla rottura Gabriella Salvaterra ha proposto al Teatro Magnolfi un’esperienza sensoriale profonda fatta di stimoli emotivamente coinvolgenti e a tratti sconvolgenti, ispirandosi all’esperienza e alla scuola del Teatro de Los Sentidos del colombiano Enrique Vargas. A partire da una foto fino a poco prima sconosciuta si dipana un percorso fatto di profumi, suoni, contatti, ricordi tali da rendere il singolo spettatore sceneggiatore di se stesso accompagnato dai bravissimi attori, guide impeccabili in questo labirinto dell’anima dove una rottura può diventare fonte di dolore o via di fuga verso la luce.

Si salta dalle microstorie di ognuno alla macrostoria di tutti, come in una fusione che si realizza nelle nostre vene e nel nostro sangue, con GRANMA. METALES DE CUBA, dei Rimini Protokoll, in scena al Metastasio. Palco vuoto. Solo una postazione di legno da conferenziere, e una vecchia macchina da cucire Singer che tutti i personaggi azioneranno, cucendo gli anni e lo scorrere del tempo perché la storia siamo noi con gli antenati, i nonni, tutta la nostra gente, riportati in vita ed in scena grazie agli schermi video e alle foto che formano la scenografia, con un effetto magnifico, estremamente contemporaneo. E a fare i conti con il proprio passato, tappezzato di successi e fallimenti, sono anche il Che, Fidel e i protagonisti delle utopie rivoluzionarie. Uno spettacolo frutto della ricerca innovativa di Stefan Kaegi e della sua pluriennale sperimentazione già espressa in Nachlass e Uncanny Valley. Uno spettacolo intelligente e commovente, di grande senso civile, che è molte cose insieme. Un efficiente esempio di teatro documentario. Un esperimento riuscito di teatro politico, che con un’incantevole drammaturgia di secondo grado ricostruisce il senso e il fondamento di una nazione e di una città. Un’indagine, inaudita e spiritosa, sul ‘sangue del nostro sangue’, e su noi stessi. Una profezia per il futuro: l’ultimo video, la strada che scorre infinita, è il tempo, è la Storia. Siamo in cammino, non ci fermeremo mai.

Contemporanea festival prosegue fino al 29 settembre e Gufetto continuerà a seguirlo con i suoi redattori. Oltre all’acclamato Graces di Silvia Gribaudi e ai controversi No Rama e Be careful, ci aspettano le esperienze al femminile della serie Alveare al Magnolfi Nuovo e gli esperimenti di Bacchae al Metastasio e di Jukebox al rinnovato spazio delle Manifatture Digitali Cinema. Una manifestazione che ci vedrà quindi ancora presenti con i nostri articoli. Nel frattempo è possibile rileggere il reportage dell’edizione 2018 qui.

Stay tuned!

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