Dal 2 al 4 dicembre debutta a Roma per la sezione SMALL della stagione teatrale Argot Studio CODICE NERO, produzione cantieri teatrali Koreja di Lecce. Il testo, di e con Riccardo Lanzarone, regista trentunenne allievo di Michele Perriera e della storica scuola Teates di Palermo e attore del teatro stabile d'innovazione del Salento, mette in scena l'attesa, quella vissuta in una sala d'ospedale. Un limbo, un tempo sospeso, durante il quale il protagonista ripercorre la sua vita, ce la racconta nelle sue sfaccettature e ci coinvolge nei suoi progetti per il futuro, una volta e se sarà fuori da quel nosocomio. Vincitore del Festival Young Station 8, semifinalista Premio Scenario 2015 e messo in onda su TuttoEsaurito! Radio3Rai, il testo è ambientato in una Palermo anni '70, in cui un giovane artificiere, un artista di fuochi d'artificio, o meglio, uno chef-fuochista in completo beige con scarpe azzurre e croce d'oro al collo, si ritrova a riflettere, in una stanza d'ospedale, sul grande paradosso che è la vita.
L'attesa blocca, immobilizza e fa viaggiare la mente nei ricordi, fa nascere e alimenta il dubbio del futuro e la paura del presente. Salvatore, è questo il nome del protagonista, è una vittima di errori medici, un caso di malasanità, uno dei tanti: lunghe attese, domande senza risposta, deliri di onnipotenza nei confronti di chi non sa e non comprende nulla di ciò che gli sta intorno, che gli sta per accadere. "Ti devi solo fidare", dice il fuochista.
Il titolo dello spettacolo, ci rivela l'autore, inizialmente "codice verde", si è poi annerito nell'incuranza e nel pressapochismo del "non è nulla", fino a far esplodere nel protagonista, questa sì una vera bomba, la malattia che è avanzata silenziosa nel tempo: un melanoma intraoculare.
Ma cosa hanno in comune la sanità e la polvere da sparo? Il potere. Come il fuochista può dare gioia e colorare la vita ma anche distruggerla, e un esempio è il bambino rimasto ucciso da un suo petardo, così il medico può accendere o spegnere vite umane, come fossero lampadine. Ma "Dio non gioca con gli interruttori", ci ricorda Salvatore, che continua incessantemente a chiedersi come sia possibile che una cosa bella come la polvere da sparo possa essere anche dannosa, possa spegnere una vita. Una domanda che gli cambia tutto, lo mette in crisi e gli impedisce di fare ciò che ha sempre fatto.
La scrittura di CODICE NERO nasce dall'insieme di diverse storie, è una storia caleidoscopica, quella di tutti ma che in questo caso appartiene ad uno. "Se non tocca a voi, non tocca a lui, tocca a me". L'inesorabile lotteria della vita che estrae a sorte la fine di un uomo. Tra questi frammmenti di storie c'è anche quella dell'autore/attore, la sua esperienza come paziente fra i corridoi di un ospedale quando era piccolo e quella di Salvatore Geraci, suo zio, a cui è dedicato lo spettacolo. Un storia di un'ora, incorniciata in una Palermo anni '70, che attraversa l'intera vita del protagonista: la sua infanzia, la sua famiglia, la festa di Santa Rosalia e la sua passione per i fuochi d'artificio e il suo lavoro tramandato di generazione in generazione, l’amore per Mariella, gli amici per i quali è e sarà sempre Ricotta.
I punti di forza di questo spettacolo sono vari. Il testo è in grado di raccontare con la stessa intensità, ma alternando diversi registri recitativi l'amore e la rabbia, la consapevolezza e la follia, il sogno e l'attesa, il ricordo e la speranza. E' versatile Riccardo Lanzarone e nel suo lungo monologo a più voci, è padre e figlio, dottore e paziente, vittima e carnefice. Energico. Interpreta con tutto se stesso, mente anima e corpo e cerca (ci prova) di coinvolgere anche il pubblico confuso e scosso nella sua "sarà perché ti amo". A fare da corollario, l'accompagnamento musicale del dottor-trombettista Giorgio Distante, che dà rilievo ed intensità alle scene, così come le luci di Michelangelo Volpe, che creano un'atmosfera inquietante, sottile, profonda, lucida e spiatata, il perfetto sottofondo all'attesa.
Gli oggetti presenti in scena sono pochi e fissi ma restituiscono a pieno il senso del racconto: il quadro di Santuzza, la Madonna alla quale Salvatore si rivolge per alleviare il suo senso di solitudine, un appendiabiti per il camice bianco del medico, il carrello d'acciao, una flebo, la postazione mixer del medico-trombettista. Il recipiente in cui "impastare" la polvere da sparo e il cannolo di Ricotta servito sul vassioio d'argento che aspetta solo di essere accesso per il gran finale. Le scene a volte sembrano quadri, fotografie, rappresentazioni figurative degli stati d'animo del paziente, come quando steso sul carrello/lettino completamente affidato (e abbandonato) alle cure del medico oppure imbrigliato nel camice bianco (dove ricorda un po' i pupi siciliani, un po' Totò) dà libero sfogo alla sua follia, all'irrazionalità che lo assale. Emozioni in sovraimpressione.
Un testo metaforico, semplice, intenso, che entra a gamba tesa nell'animo dello spettatore.
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Info:
Visto il 2-4 DICEMBRE 2016 al Teatro Argot Studio
CODICE NERO
di e con Riccardo Lanzarone
musiche Giorgio Distante
luci Michelangelo Volpe
dipinto Pietro Distante
organizzazione Giulia Maria Falzea
costumi Bianca Maria Sitzia
assistente costumi Lilian Indraccolo
PRODUZIONE KOREJA