CIBAMI@Teatro dei Conciatori: storie di cibo, d'amore e di teatro

SPETTACOLO IN PROMOZIONE GUFETTO
Bifglietto a 10 euro – invece di 12- +2 eu Tessera obbligatoria chimando come Lettori di Gufetto: Tel. 06.45448982 – 06.45470031)

Proprio nel momento in cui una serie di eventi, primo tra i quali l'Expo di Milano, hanno concentrato l'attenzione pubblica sulla questione del cibo e della nutrizione nel senso più ampio, il Teatro dei Conciatori propone al pubblico romano uno spettacolo su tale tematica basato: CIBAMI, tre atti unici scritti e diretti da Cinzia Villari, con un racconto di Stefano Benni.

Pur prevedendo nel finale un accenno alla questione umanitaria del cibo e di una necessaria più equa ripartizione che renda giustizia alle esigenze del pianeta tutto, lo spettacolo è concentrato sull'aspetto edonistico di pietanze ben preparate e, ancor più sul piacere che implica il cucinarle. Cucinare come espressione del personale sentire, di qualunque genere esso sia (che sia fede o passione), come liberazione delle energie e del proprio estro, ma anche come gesto di cura verso l'altro, come atto di gentilezza e d'amore.

A metà tra certi leggendari cuochi di epoca romana, per i quali cibo era sfarzo, eccesso, provocazione, e quel che potrebbe essere la cucina genuina e amorevole di una madre e di un'amante, i personaggi messi in scena dalla Villari fanno del cibo un vero e proprio alfabeto. Ad interpretarli tutti con l'enfasi, la bravura e la simpatia che la caratterizza, è una straordinaria Tiziana Foschi, che fa della sua mimica facciale l'ingrediente segreto per la riuscita del piatto. Lo spettacolo è in crescendo, per ampiezza dei racconti, complessità degli stessi, anche per il numero stesso dei personaggi previsti in ognuno, ed atmosfere evocate.

Si parte con la preghiera-confessione di una suora, che inizia ringraziando dio per la possibilità datale di cucinare un fastoso banchetto per alti prelati, al quale ovviamente non sarà ammessa a partecipare. La preghiera diviene divertente e pungente sfogo, a toccare il maschilismo regnante nelle gerarchie ecclesiastiche, mentre dalle parole della suora, digiuna da tre giorni, emerge il desiderio fortissimo di quelle pietanze succulente a lei negate.
Del secondo racconto protagonista è una donna sensuale, “Cuoca sopraffina”, costretta a concentrare in pochi minuti la preparazione di una “cenetta improvvisata” per un uomo conquistato la mattina stessa alla fermata dell'autobus. Il poco tempo a disposizione le fa dimenticare un piccolo, apparentemente insignificante, particolare del suo aspetto fisico, e la puzza di imminente abbandono che sente quando l'uomo se ne accorge determina l'esplodere del suo passato avventuroso e non del tutto passato.
Il terzo atto, infine, quello tratto da uno scritto di Stefano Benni, è il racconto di una giovane fanciulla orgogliosa della storia dei suoi genitori: Sofronia e Rasputin. Cuochi bravissimi entrambi, accomunati da un'intensa energia e da una sana rivalità, con una speciale divergenza. Sofronia cuoca di sole erbe e verdure, delle quali, come una ninfa dei boschi, conosce segreti e virtù dalla raccolta al piatto. Rasputin cuoco di cacciagione, per cui ogni piatto del suo menù prevede carni delle più insolite delle quali lui stesso si è personalmente approvvigionato. Il racconto procede in un ampliarsi di emozione, tramite una narrazione che è fitta di particolari e resa unica dall'espressività vincente della Foschi.
L'attrice impersona la voce narrante dell'episodio conclusivo, i due soggetti protagonisti della vicenda e i vari personaggi ausiliari, delineando ognuno di essi sapientemente e piuttosto simpaticamente. Perfettamente riuscita il climax ascendente, realizzato dalla regista, che culmina in una vetta di emozione e divertimento. Anche la scena, occupata da un bellissimo macchinoso e fiabesco tavolo da lavoro, fornito di attraenti ortaggi, immacolata nel primo atto, inizia ad essere adoperata nel secondo, per terminare nell'episodio conclusivo in uno spettacolo parallelo di piani che ruotano, pomodori tuffati in grandi ciotole d'acqua ed un enorme scolapasta che finisce per essere un imprevisto annaffiatoio per la verdura sottostante.
Ad accompagnare la Foschi, facendole da eco e delicato controcanto, la voce e la chitarra di Piji. Uno spettacolo sapientemente preparato dunque, cotto al punto giusto ed ancora in scena per deliziare e divertire il pubblico al Teatro dei Conciatori fino a domenica 8 novembre.


NOTE STAMPA

Andrà in scena al teatro dei Conciatori dal 3 all'8 novembre, CIBAMI, uno spettacolo composto da tre atti unici di Stefano Benni e Cinzia Villari. Autori diversi, ma accomunati da un tono “musicale” così  come le parole scelte mai a caso, a volte in rima, sempre ironiche e con momenti di vera poesia. Biglietto a 10 EURO prenotando come lettori di Gufetto: Tel. 06.45448982 – 06.45470031)!

Gufetto lo recensirà per voi… 

Trama

“Il palco è un tappeto di rosmarino perché nell’era dell’etere gli odori scompaiono e il teatro è l’unico agente veicolare per non mandare in pensione l’olfatto.CIBAMI,nutrimi,prenditi cura di me.la chimica degli ingredienti e la chimica dei sentimenti.tre storie di odori:l’incenso,il sangue,il bosco.e poi cibo cibo cibo.il pubblico è invitato a questo banchetto di parole.si ride e ci si pente e poi..si ride ancora”. Tiziana Foschi
Il cibo ha il potere di deliziare, amareggiare, redimere, sconvolgere, eccitare…ispirare? Allora ecco tre storie che raccontano con il cibo l’amore, la fede, la seduzione e l’abbandono. Non è forse vero che quando viviamo un incontro eccitante ci sentiamo come frittelle a contatto con l’olio bollente? O che quando annusiamo l’arrosto dimenticato nel forno, proviamo lo stesso sconforto di un appuntamento mancato?

Nel primo racconto una suorina di provincia, in attesa di servire ad una prestigiosa tavolata di alti prelati, chiacchiera con il “Signore”. Esprime con candore la gioia di essere” una serva di Dio. E’ così bello svegliarsi alle quattro del mattino e pelare pelare pelare patate…per Dio!
“Il cibo è una lunga storia d’amore” dice la protagonista del secondo racconto. Tragicomico. Acido. Grottesco. Si ride e ci si pente. Poi si ride ancora. E’ una donna che “cucina l’amore” ma ne esce un puzza d’abbandono. Odore che penetra come il coltello nel cuore del suo amante. La chimica dei sentimenti e l’incontro degli ingredienti, dunque.
E l’ingrediente più sublime, misterioso e spietato rimane comunque l’amore che nell’ultimo racconto ha un “tempo di cottura” preciso: i due protagonisti, Sofronia e Rasputin, si muovono come in battaglia. Una fisarmonica ironica e amara scandisce i loro passi. Sofronia conosce ogni foglia, ogni radice, ogni verdura ed è pronta a comporla con acutissima sensibilità. Rasputin è cuciniere di cacciagione e carne, il suo coltello è sempre insanguinato come quello di Sofronia è sempre profumato.

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