PRIMA NAZIONALE al Metastasio di Prato per il nuovo allestimento della scanzonata commedia Chi ruba un piede è fortunato in amore firmata dal premio Nobel per la letteratura Dario Fo. Con la regia di Giulia Gallo e Giovanni Guerrieri della compagnia I Sacchi di Sabbia hanno preso vita sul palco le vicende ironiche, al limite della farsa, che, a partire da un furto in un museo archeologico per fini truffaldini, si dipanano in equilibrio tra sketch e avanspettacolo. Una nuova produzione del teatro pratese in collaborazione con Armunia e I Sacchi di Sabbia che a tratti ha fatto sentire i suoi sessant’anni in un adattamento ridotto più consono alla fruizione del pubblico di oggi.
Il desiderio di scardinare un ordine costituito, la bramosia del sottoproletariato di riprendersi ciò che la borghesia imprenditoriale gli ha tolto in un gioco di contrapposizioni di classe sono i presupposti su cui prende il via l’intreccio della commedia. Un piede trafugato da una statua nel museo archeologico e sotterrato all’interno di un cantiere al fine di bloccare i lavori e farsi pagare una tangente per celare il ritrovamento alla vigile soprintendenza: questi sono gli elementi che scatenano gli eventi e portano i personaggi ad incontrarsi e scontrarsi complicando una trama dal ritmo crescente interrotta solamente da opportuni didascalici “fuori-onda”. Chiave di volta la protagonista femminile che con la sua elegantemente libertina condotta riconduce tutti i personaggi nello stesso luogo per svelare inganni e sciogliere equivoci.
Ispirato ad una secolare se non addirittura millenaria tradizione drammaturgica, il testo di Dario Fo rientra a pieno titolo nella storia della Commedia dell’Arte pur non rappresentando sicuramente il suo testo più conosciuto e ambizioso. Il rapporto servo-padrone giocato sull’astuzia e sulla farsa si trasforma in lotta di classe che non predomina e che assume tratti surreali. Quell’Arlecchino che nei canovacci era uno spiantato giovane pieno di ingegno e di sfacciataggine pronto a qualsiasi intrigo pur di sovvertire un ordine costituito e di burlarsi del ricco signorotto prende i panni di una coppia di operai che non si accontentano della burla imbastendo una trama truffaldina. E come sempre è una donna quella che entra nel meccanismo e fa orbitare tutto intorno a sé. Un tempo fanciulla innamorata e spesso innocente, seppur astuta, come solo le donne sanno essere, oggi arguta moglie fedifraga che con eleganza e piena consapevolezza del marito vive la sua dimensione libertina divenendo, suo malgrado, non vittima ma complice della coppia di truffatori.
Se nella tradizione della commediografia italiana la figura femminile con la sua frivolezza diventa sempre e comunque deus ex machina intorno al quale ruota un carosello di uomini attratti dal potere seduttivo di lei, in questo testo Dario Fo evolve questo stereotipo inserendo elementi che appartengono ad un certo machismo fatto di occhiate, palpeggiamenti e allusive battute. Nonostante l’assenza di malizia non strumentalizzi né sminuisca l’immagine della donna, l’epoca del #MeToo non consente di trascurare questo aspetto e richiede un’edulcorazione ad hoc. Tale operazione è affidata agli attori stessi che con un repentino cambio di luci si rivolgono frequentemente al pubblico per chiarire l’intento di ogni elemento imputabile ad un sessismo ingiustificato. Pertanto occhi di bue nell’abbuiamento del palco interrompono, soprattutto nella prima parte, le scene con una frequenza che a tratti è apparsa eccessiva rallentando il ritmo, elemento fondamentale in una commedia degli equivoci e degli inganni.
La psicologia stessa dei personaggi è in parte affidata a questo stesso meccanismo di “fuori-onda” nel tentativo di illuminare, nel senso letterale del termine, il paventato dissidio che alberga nell’animo di quei sottoproletari i quali si lasciano sedurre da un gioco che li porta a tradire la loro stessa natura. Cedere al giocoso ricatto di una donna borghese significa restare imprigionati in un ingranaggio capace di scardinare un certo equilibrio di classe che, nonostante tutto, fa comodo non sovvertire.
L’allestimento ridotto de I Sacchi di Sabbia risulta efficace nel riprodurre le atmosfere di quegli anni Sessanta in cui il testo è stato scritto, grazie anche ad un semplice ma ingegnoso sistema di pannelli strappabili che ci trasferiscono in un attimo da un museo archeologico all’ufficio di un’impresa edile fino al salotto di una famiglia alto-borghese. Laddove la prima parte ha parzialmente sofferto di troppe interruzioni “fuori-onda” e di alcuni passaggi da sketch troppo datati per il pubblico di oggi, la seconda parte è apparsa più dinamica e frizzante grazie soprattutto all’entrata in scena della protagonista femminile, interpretata da una briosa e brillante Alessia Innocenti. Unica donna sul palco (anche nel ruolo della segretaria dell’impresa), ha, secondo noi, davvero fatto la differenza consentendo anche agli altri attori in scena (Massimo Grigò, Annibale Pavone, Tommaso Massimo Rotella, Tommaso Taddei) di dare il loro meglio. Esilarante la gag della malattia immaginaria della donna che può essere curata solo attraverso una manovra di pompaggio che vede coinvolto, suo malgrado, uno dei truffatori (interpretato da un piacevole Tommaso Taddei).
La scelta di riportare a teatro uno dei testi che potremmo considerare minori del premio Nobel Dario Fo è sicuramente un’operazione ammirevole che fa onore a Giulia Gallo e Giovanni Guerrieri insieme a I Sacchi di Sabbia ed ai produttori. Merito anche al pregevole e meritevole lavoro di promozione e formazione che il Teatro Metastasio ha portato avanti con le scolaresche nei giorni di replica. Così uno degli ultimi geni italiani può finalmente ritrovare lo spazio che merita nella coscienza e nella conoscenza delle giovani generazioni (e non solo). Purtroppo il testo a tratti dimostra tutti i suoi sessant’anni con sketch che negli anni sono poi diventati dei cliché talvolta incompatibili con l’evoluzione che l’umorismo e la comicità hanno subito, in particolare nell’era del digitale e dei social. Nonostante questo le risate in platea non sono mancate e alcuni applausi a scena aperta, talvolta anche solo accennati, dimostrano che la potenzialità della Commedia dell’Arte moderna non è esaurita ed operazioni di recupero come questa vanno incentivate e promosse.
Info:
CHI RUBA UN PIEDE È FORTUNATO IN AMORE
di Dario Fo
con Massimo Grigò, Alessia Innocenti, Annibale Pavone, Tommaso Massimo Rotella, Tommaso Taddei
scene I Sacchi di Sabbia
luci Massimo Galardini
costumi Chiara Lanzillotta
realizzazione scene Laboratorio del Teatro Metastasio
capo macchinista costruttore Tobia Grassi
macchinista costruttore Edoardo Ridi
realizzazione piede Noela Lotti
musiche originali di Fiorenzo Carpi arrangiate ed eseguite da Tommaso Novi
regia Giulia Gallo e Giovanni Guerrieri/I Sacchi di Sabbia
foto di scena Luca Del Pia
produzione Teatro Metastasio di Prato
in collaborazione con I Sacchi di Sabbia e Armunia residenze artistiche
PRIMA NAZIONALE
Teatro Metastasio, Prato
16 gennaio 2020