CHE FINE HANNO FATTO BETTE DAVIS E JOAN CRAWFORD @ Off/Off : attrice VS personaggio

L'OFF OFF Theatre ci accoglie tra musica sostenuta e luci, entrambe degne di una prima che si rispetti: attendiamo che cominci CHE FINE HANNO FATTO BETTE DAVIS E JOAN CRAWFORD. Il pubblico indugia tra il foyer e la soglia perché c’è un’altra protagonista che insiste su quell’attesa: l’ottobrata romana; questa del ’19 meritevole d’essere appuntata in qualche annuario metereologico. E lo spettacolo è anch’esso un rimando alla storia: quella del Cinema, ma ancora prima, quella di due donne: Bette Davis e Joan Crawford; difatti da qui in poi per noi saranno semplicemente ma non troppo… Bette e Joan.

Il periodo storico raccontato dall’autore francese Jean Marboeuf è quello dei ruggenti ’60 che le ha viste protagoniste e antagoniste del criticatissimo film di successo “Che fine ha fatto Baby Jane” (1962). La commedia offre un fantasioso scambio epistolare tra le due attrici. Durante le riprese, sul set, il dialogo tra le due prime donne o prime dive scade nell’alterco che per il pubblico diviene l’autentico spasso. Castagnari si occupa della traduzione e ancora di più dell’adattamento dato che in molti tratti ci pare di sentire il vocio sonoro di certi camerini italiani. Ma forse il mondo è paese come qualcuno diceva e qui qualcuno scrive per eredità acquisita senza il beneficio dell’inventario.

La commedia di Marboeuf, è uno specchio che riflette non un periodo ma anche un costume che ci pare resista ancora perché forse connaturato nell’essere umano e non solo nello spettacolo poiché si tratterebbe del peggior luogo comune: si percepisce la lotta al traguardo, meglio noto come “arrivismo”. In platea è rimandata vivida l’immagine di una certa società composita e certamente maschilista: dove il regista è uomo e le dive si azzuffano per il ruolo migliore. L’uomo, tuttavia, non conquista ma viene conquistato, ed è a capo di una società di produzione o quanto meno è Mr. Pepsy Cola (marito di Joan). Non si guarda sotto sino ai bassi fondi: le due dive indossano tacchi a spillo comode e utili per scalare l’impervia scala sociale. Joan è una Texana di umili origini. Bette nasce nel Massachusetts, anche lei ha fatto provini e viaggiato in treno prima di splendere come stella. Ma la vita le ha già rese più forti e i due attori: Riccardo Castagnari e Gianni De Feo, chiudono nervosamente sedie da set facendole suonare come ghigliottine pronte a falciare chi osi porsi davanti quel traguardo tanto agognato e pensato non come puro  desiderio ma diritto inviolabile da difendere a suon di pagliette e ciglia finte.

L’autore restituisce tutta l’ansia d’attore ma anche e soprattutto quella della diva mondiale che vive all’ombra luccicante di quel personaggio oramai divenuto un gigante vicino alla donna che può solo continuare a prestargli il corpo e quel sorriso lucido di patina ogni volta che esplode un flash. Un carion acceso da Fabrizio Bancale (regista della piéce) scandisce l’inquietudine delle due stelle del firmamento hollywoodiano; usa anche certi rimandi espliciti alla pellicola originale trattenendo Joan in carrozzina in molte scene. Si staglia chiara e dominante anche l’ombra di certi Oscar per i quali le due potrebbero forse uccidere.

Quando gli anni delle due si affastellano confusamente come pile di eventi, la pellicola diviene strazio perché ricorda ed è insieme prova tangibile di quella bellezza svanita. Il personaggio rimane immortale, l’attrice sfiorisce sotto l’incuria del tempo. Di quella polvere di stelle rimane il clamore e un gambo reciso di fiore. L’autore restituisce umanità ai due personaggi nel dialogo finale con Dio, o quando l’una ammette la mancanza dell’altra. Probabilmente manca nella drammaturgia qualche colpo di scena. La storia di due dive eccezionali scivola normale a tratti noiosa. Forse perché poi lo è davvero? Ci piace sempre pensare che le stelle vivano vite straordinarie, ma la commedia ci offre una normalità che ci stupisce e delude, ma magari i veri illusi eravamo noi. Sotto il costume ci sono due donne impaurite in compagnia della loro solitudine.

I due attori sono bravi. La recitazione è enfatica, ma dopo un po’ ci convincono che è la chiave giusta per rievocare un periodo che era moderno rispetto al muto ma dove tuttavia si recitava… Castagnari e De Feo sono camaleontici. Il fatto che due uomini interpretino due personaggi femminili rimanda al pubblico quel senso di grottesco che sembra proprio di Bette e Joan desiderose e obbligate a indossare maschere, coprire il viso con ceroni per cancellare le rughe d’espressione e del tempo. La necessità di trasformarsi è acuita dai due attori e l’esperimento ci piace e diverte la sala che risponde con fragoroso applauso.

Ci sono molti brani “interpretati” da Castagnari e De Feo; e ci piace usare il verbo interpretare… Le luci sono ben dosate. Ci sono tagli decisi che dividono di netto il palco nello scambio epistolare. Ci sono toni caldi, ci sono luci fioche attorno lo specchio utile al trucco e parrucco. Ci sono lampi. C’è un vero disegno luci. I costumi sono di sartoria: tanti, diversi e pensati per ciascuna scena. Lascia senza fiato ed è di nuovo salto temporale: il costume di Joan quando parla, canta e danza con la sua bottiglia di alcol. Quel costume di pailettes brilla come quella stella che veste e che Castagnari rievoca.

Spettacolo da vedere.

Visto il 22/10/2019

Dal 22 al 31 ottobre 2019
OFF OFF THEATRE

CHE FINE HANNO FATTO BETTE DAVIS E JOAN CRAWFORD?

di Jean Marboeuf
traduzione Riccardo Castagnari

con
Gianni De Feo
Riccardo Castagnari

regia
Fabrizio Bancale

Scene Roberto RInaldi
musiche originali Francesco Verdinelli
assistente alla regia Sebastiano Di Martino
disegno luci Alessio Pascale
ufficio stampa Carla Fabi Roberta Savona

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