CHATTERS @ Teatro Tor Bella Monaca: un suicidio capitalizzato

In scena fino al 26 febbraio al Teatro Tor Bella Monaca, CHATTERS, scritto e diretto da Niccolò Matcovich, con Marialucia Bianchi, Simone Bobini, Riccardo Pieretti, Emanuele Marchetti, Agnese Toneguzzo, Valerio Puppo, Flavia Passigli, Livia Antonelli.

Note di violoncello, fatte risuonare da un ragazzo in tuta (Flavia Passigli) sulla destra del palco, accolgono gli spettatori in sala. Un’hostess severa, in camicetta vermiglia e tailleur nero, fornisce indicazioni su dove sedersi. La stessa, di lì a poco, sale sul palco rivelando essere una presentatrice televisiva (Marialucia Bianchi). Ancora una volta, come già in “SURGELAMINiccolò Matcovich, regista e autore, fa iniziare l’azione scenica all’insaputa del pubblico, colto di sorpresa. Numerosi sono, in quest’incipit, gli elementi che ritornano. Sul palco, in piedi, cinque attori, due sulla sinistra e tre sulla destra, siedono su dei cubi luminosi, che si accendono, spengono, cambiano colore, telecomandati, grazie ad un apposito apparecchio, dalle mani della presentatrice. Il palco si trasforma in studio televisivo in cui prende forma un talk show aberrante, in cui personaggi diversi decidono di prestare le loro figure e le loro parole al macabro gioco dell’audience, assicurandola attraverso assai opinabili testimonianze in merito al suicidio di un giovane ragazzo, Andrea.

A turno descrivono il suicida indicando il tipo di rapporto con cui ciascuno gli è legato. Il padre, Romano (Simone Bobini), del terribile gesto del figlio Andrea accusa la madre (Livia Antonelli), presente solo sul finale come voce telefonica, di Romano verrà svelata indifferenza, superficialità e un vaghissimo senso di colpa forse ostentato solo per mera circostanza; Paolino (Riccardo Pieretti), giovane scrittore, ha conosciuto Andrea in quanto correttore di bozze, vuole sfruttare l’occasione televisiva per pubblicizzare il suo romanzo; Sofia (Agnese Toneguzzo) e Dario (Valerio Puppo), due ragazzi conosciuti da Andrea virtualmente, in un forum da lui creato in cui pianificava un suicidio di massa come flash mob per passare alla storia, curiosi entrambi, ma pure indifferenti ai suoi malesseri esistenziali; infine Sandro (Emanuele Marchetti), amico e vicino di Andrea, forse il più intimo, probabilmente suo amante, colui che si fa carico di conservare il romanzo-testamento del suicida: “Biografia di un uomo qualunque”.

Romano e Paolino sulla sinistra, Sofia, Sandro e Dario sulla destra, guidati negli interventi dalla presentatrice, si prestano allo stomachevole meccanismo televisivo parassita che si autoalimenta ingurgitando e rivomitando tragedie intime e personali, vendendole pateticamente al pubblico maniaco e desideroso di piangere lacrime altrui.

Non c’è azione o, meglio, l’unica azione reale su cui si basa l’intero spettacolo è già avvenuta, viene soltanto raccontata agli spettatori: il suicidio. Si tratta dunque del pretesto necessario ad uno spettacolo di situazione. Matcovich, attraverso un testo parodico e grottesco, vuole svelare i meccanismi perversi celati dietro tali prodotti televisivi. Registicamente dunque si concentra prevalentemente sulla costruzione di maschere, più precisamente di tipologie umane contemporanee, svelandone la piccolezza. Le dinamiche tra i diversi personaggi sono semplici perché devono evidenziarne la banalità. I rapporti tra essi e con lo stesso Andrea sono quasi assenti o comunque poco pertinenti alla circostanza. Matcovich mette in scena “per davvero” meccanismi di finzione, affettazione e ridondanza. Il comico, il riso emerge perché nella messa in scena gli attori e il regista hanno ricostruito “seriamente” la televisione, così com’è. Decontestualizzandola però, facendola vivere sulle assi di un palcoscenico, senza il filtro dello schermo, il teatro si fa lente d’ingrandimento: tanto quanto lo schermo cela, la maschera svela. È proprio nella serietà con cui il programma viene vissuto da tutte queste maschere che emerge quel riso amaro che spesso ha coinvolto il pubblico.

I sei attori sono orchestrati tra loro da una mano registica attenta e doviziosa che si conferma abile e consapevole tanto quanto già dimostrato in precedenza. Matcovich è sicuramente un regista in crescita e in meritata ascesa ma purtroppo, in questo caso, non tutti gli attori riescono a dar seguito alla sua costruzione performativa. Nelle scene corali, soprattutto, in cui si affastellano i gesti fisici e vocali di tutti, è mancato il bilanciamento dei diversi elementi. Alcune voci sono risultate fuori dal coro, alcuni movimenti e gesti davvero esagerati, sporchi, artefatti, sembravano testimoniare smanie di protagonismo di certi attori rispetto ad altri. Stonature visive e acustiche.

Complessivamente lo spettacolo è riuscito, ma lo straordinario genio registico ha bisogno di strumenti adeguati e ben accordati per trasformare il sogno in simulacro, il talento in professione. È necessario che Matcovich compia un’ulteriore prova di coraggio: tanto nel preferire quanto, soprattutto, nell’odioso rifiutare.

Visto il 23/02/2017

Info

testo e regia Niccolò Matcovich
con Marialucia Bianchi, Simone Bobini, Riccardo Pieretti, Emanuele Marchetti, Agnese Toneguzzo, Valerio Puppo, Flavia Passigli, Livia Antonelli (
Compagnia Habitas)

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