CARL@Teatro Trastevere: un racconto a sipario aperto

Dal 27 al 31 Marzo debutta al Teatro Trastevere “CARL”, è uno spettacolo che nasce dal lavoro di un gruppo di giovani attori diplomati all’Accademia Nazionale D’Arte drammatica Silvio D’Amico (in scena Luca Carbone, Francesco Cotroneo e Giulia Trippetta) e che propone attraverso un solo atto, la narrazione d’una vita intera; una storia quotidiana in equilibrio sull’orlo del surreale, costellata d’immagini che si snodano con ritmo incalzante e senza interruzioni verso un’inaspettata rivelazione finale.

Il pubblico è accolto, nel suo vociferare sommesso, nel piccolo teatro dallo spazio ristretto, quasi segreto; in sala le sedie restano ancora vuote per qualche momento mentre la scena si presenta già viva: a sorpresa le luci di sala accese, il sipario spalancato e una protagonista seduta al centro del palco, quasi fosse colta nel suo intimo casalingo da ospiti inattesi. Subito sembra prossimo il contatto con la storia.
La narrazione ha inizio nell’attimo in cui il telefono squilla e il protagonista, Carl, si ritrova coinvolto in una conversazione misteriosa in cui uno sconosciuto dichiara di essere in possesso delle “chiavi per entrare”, intimando di attendere il suo arrivo. Da quel momento, il susseguirsi delle vicende conduce lo spettatore alla scoperta di molteplici e complesse sfumature d’un personaggio che in un primo momento ha quasi l’illusione di proporsi lineare: un marito, un ex professore di lettere, un tempo scrittore. Sarà l’incedere della trama a disvelare quanto di dimenticato e tormentato resti celato a un primo sguardo.

Tre pareti completamente buie e una quarta molto fragile tra il pubblico e gli attori restituiscono un’essenzialità scenografica dove è prima di tutto il contenuto dei dialoghi a trovarsi sotto i riflettori; il necessario è un mobile di legno da cui gli stessi protagonisti fuoriescono e in cui si nascondono, contenente le stanze visibili e non, i cambi di scena e tutti i paesaggi della città dipinti sul legno con pennellate d’avorio.
L’intensa espressività di tutti e tre gli interpreti ha reso possibili e fluidi dei complessi passaggi tra scene di drammaticità e momenti di comicità pura; impossibile per lo spettatore distogliere l’attenzione dai gesti, dagli spostamenti di scena e dalle efficaci intonazioni di tutti i momenti della narrazione, impossibile inoltre non notare come il movimento corporeo diventi in diversi passaggi immagine stessa della storia. Di sottofondo una malinconica colonna sonora che ben si sposa con il limpido simbolismo delle immagini e una sola canzone nostalgica, sussurrata appena, al calare delle luci che si affievoliscono nei momenti di ricordo di quello che sembra essere parte del passato, come la costruzione pittorica dei tramonti.

Una sola ora di spettacolo, una forte e incalzante interpretazione e una scenografia minimale sembrano dunque gli espedienti espressivi più efficaci per stordire lo spettatore ponendolo di fronte a contenuti emotivamente difficili, primo tra i quali il divenire contraddittorio della propria storia personale attraverso le difficoltà e le scelte spietate che la vita di ognuno di noi presenta; il fermo traumatico e il superamento del dolore attraverso l’arte, che crea un mondo altro in cui riscriversi (e a tratti perdersi) in una versione diversa, capace di curare. Questo con le gravi, invincibili controindicazioni del proprio mondo interno da cui, questo testo, non prevede via d’uscita.
Possiamo dunque immaginare che ci sia un momento di tregua, in cui poter fuggire dalla nostra storia personale, dal senso di colpa, dai rimpianti del nostro passato? Non sempre e mai semplicemente. Impossibile e pericoloso il diniego di quello che siamo. Forse le note più indecifrabili della storia, della nostra storia, trovano un’eco nell’arrendevolezza, nel dire sì alle più grandi contraddizioni del divenire e agli immodificabili errori commessi.

Info:
CARL
Una ballata
dal 27 al 31 Marzo alle 21.00

Drammaturgia e regia: Giulia Bartolini
Con: Luca Carbone, Francesco Cotroneo, Giulia Trippetta
Musiche originali di: Enrico Morsillo

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