Commovente, altamente figurativo e assolutamente da non perdere il lavoro realizzato da Rosy Bonfiglio con “CAPINERA” in scena al Teatro Studio Uno fino al 6 marzo.
Sul palco troverete una giovane attrice coperta interamente di fogli da lettera, con una gabbietta in mano. Racconta una storia antica, in parte autobiografica, scritta da Giovanni Verga nel 1869 "Storia di una capinera" e uscita su una rivista letteraria nel 1870, studiata sui banchi di scuola e poi soggetto da film.
Siamo nella Sicilia rurale di fine diciannovesimo secolo: una giovane povera destinata al convento, Maria, viene adottata “provvisoriamente” da una famiglia benestante in attesa che l’epidemia di colera finisca. Conoscerà il figlio di un vicino di cui si innamorerà, ricambiata, fino a quando non verrà rimandata al convento cui è destinata, non senza rimorso e disperazione. Una storia di privazione di libertà che sembra appartenere ad un’altra epoca, ma che, se ben ci si pensa, è ancora esemplificativa di tante altre castrazioni di libertà vissute al giorno nostro, dalle quali non sembra esserci via d’uscita alcuna se non la Morte.
L’attrice dalla folta chioma riccia e dalla presenza scenica innegabile, sola sul palco, in un concitato monologo, riadatta in modo originale la novella dello scrittore siciliano, non intaccando la formula epistolare ed il lessico originario dell’opera, restituendocela, così, in una insolita attualità dai tratti poetici, quasi fossero i pensieri di una ragazza di oggi.
Interessante e brillante la scelta dell’attrice di sfruttare il più possibile la metafora figurativa dell’uccellino rinchiuso: il vestito cucito addosso è fatto di fogli che le cascano sui fianchi come piume di un passerotto, e frusciano ad ogni suo movimento. La gabbia è a sua volta colma di fogli che vengono estratti poco alla volta, ad ogni cambio di luci, interrompendola di punto in bianco. Ad ogni foglio corrisponde un pezzo di storia e di vita, che Maria racconta alla consorella Marianna, rivolgendosi al pubblico. Azzeccato il gioco di luci scelto per interrompere la narrazione, per illuminare il suo corpo e per sottolineare alcuni momenti narrativi, nonché le luci vivaci scelte per la gabbia che illuminano i petali di rosa sparsi su una linea rossa che segna il confine fra la gabbia e la libertà al di là di essa.
L’attrice procede in un crescendo recitativo sempre più concitato nella parte iniziale del racconto. Il ritmo sostenuto mantiene viva l’attenzione del pubblico, smorza i toni drammatici del racconto, ci permette di sorridere della pudicizia rimarcata, delle ingenuità della giovane Maria (“nascondo il mio rossore”) che come un uccellino, la Capinera, è timida ma sperimenta presto la bellezza della libertà, la possibilità di godere appieno della natura, dell’amore, consapevole del peccato compiuto, ma allo stesso tempo incapace di non desiderare la propria voglia di liberta.
Da sottolineare il bel lavoro svolto da Rosy Bonifiglio sul corpo e la gestualità, essenziale in questa rappresentazione: il continuo avvicinare le dita delle mani davanti al mento, o sulla fronte, il loro agitarle davanti al busto in analogia forse con il dimenarsi figurativo di un uccellino in gabbia, contribuiscono a sostenere la vibrante forsennatezza del racconto soprattutto nelle fasi iniziali (attenzione però a non esagerare, il rischio di smarrire il senso di alcune parole, per la fretta, è dietro l’angolo).
La potenzialità drammatica di Rosy Bonifiglio esplode poi chiaramente nel finale, in una affascinante interpretazione del dissidio interiore della Capinera, consapevole di essere in una gabbia senza via di uscita. La tensione fra l’angoscia del peccato e la voglia di amare si risolve nell’immagine di una donna ferita dentro in modo struggente, ripiegata su se stessa, inerme come un uccellino in un crescendo di disperazione che annulla la volontà. Non c’è possibilità di fuga né di rivalsa. Il tempo non lo permette e la Storia neanche. La Capinera non può che chiudersi sotto la sua ala e morire.
Resta solo nelle orecchie quel frusciare di fogli-piume sul fondo dell’antro disegnato dalla sala specchi del teatro Studio Uno e quel cantilenare malinconico di un’anima cui viene negata la libertà ingiustamente.
“Capinera” dal 3 al 6 marzo 2016 | Sala Specchi
BIGLIETTO RIDOTTO a 8 euro prenotando come LETTORI DI GUFETTO
al 3494356219- 3283546847
Teatro Studio Uno, Via Carlo della Rocca, 6 (Torpignattara). Ingr. 10 euro.
Giov – Sab ore 21.00, Dom. ore 18.00
PRENOTAZIONI http://j.mp/prenotaTS1
Per info: 3494356219 – 3298027943
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