Torna al Teatro Duse la grande prosa, dal 3 al 5 febbraio va in scena Zio Vanja opera quasi sacra del drammaturgo Anton Checov. I vividi personaggi dell’opera vivono dentro di noi, hanno modo di girare liberi per il mondo e noi li osserviamo sul palco mossi dal loro massimo moto di espressione. L’opera del russo è gigante, gli attori saranno riusciti a restituire l’immaginario e la grandezza dell’opera? La scelta degli attori, la regia, le musiche sono riuscite a fare il loro dovere?
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Zio Vanja: Anton Checov

Partiamo dal presupposto che per proporre un testo così bisogna essere coraggiosi, quasi eroici e sapere di avere un cast da urlo oppure essere folli ed improvvisare; perché nelle opere di Checov (tutte ma in particolare questa) non succede assolutamente nulla, tutto è sorretto dai personaggi, dai loro sentimenti e dalle loro passioni. I personaggi sono materia viva e per restituire un’opera basati sui personaggi tocca scegliere degli attori capaci e dirigerli sapientemente altrimenti il risultato è una pigra rappresentazione di un’opera immortale che non ci lascia nulla, com’è questo spettacolo.
Questo Zio Vanja ha una regia distratta, come prima cosa, con delle idee (se possono essere chiamate idee perché non approfondite) rarefatte che non vengono portate a termine, e tutto diventa una macchietta. Alla luce del discorso fatto prima, possono dei personaggi essere delle macchiette se l’opera è basata su di essi? Direi proprio di no.
Zio Vanja di Roberto Valerio: ovvero fare la respirazione “bocca a bocca” ad Anton Checov

Vanno spese poche parole, perché spettacoli come questi non meritano discussioni prolisse: lo spettacolo è recitato superficialmente, non c’è un briciolo di coinvolgimento emotivo negli attori, certo questo non vale per tutti ma per la maggior parte.
Sicuramente una nota di merito va a Giuseppe Cederna, che è un bravo attore e in alcune scene riesce anche ad emozionare, ma siamo sicuri che quello era proprio il ruolo per lui nell’opera? Zio Vanja, un vecchio di 57 anni che si muove come un fringuello e depresso ride della sua sorte come fosse divertito; anche qui, una scelta registica (di dubbio gusto) oppure una distrazione? E da parte di chi dell’attore o del regista?
Il resto del cast è poco forte, sicuramente sono attori energici, ma la loro interpretazione resta superficiale, le battute sono solo dette non sono vissute, è tutto a suono, lo spettatore resta sveglio solo per l’alta energia di qualcuno come Mimosa Campironi che è una Sonja molto carina, ingenua che però ci regala un monologo finale degno del peggior teatro parrocchiale di un qualche paese nascosto in Italia.
Pare che questo Zio Vanja sia un tentativo di riesumare il drammaturgo con degli artifici, con delle armi teatrali banali. In questo spettacolo, invece di concentrarsi sul testo, sui personaggi, il regista ha provato a fare, letteralmente, la respirazione bocca a bocca ad Anton Checov, o meglio allo scheletro di Anton Checov e questo metodo funziona soltanto se ad andare a teatro non sono i giovani o i vivi, ma i cadaveri, gli zombie, gli scheletri, la cenere.
Dati artistici
ATP Teatri di Pistoia Centro di Produzione Teatrale
con il sostegno di MiC e Regione Toscana
ZIO VANJA
di Anton Čechov
adattamento e regia ROBERTO VALERIO
con (in o. a.) PIETRO BONTEMPO, MIMOSA CAMPIRONI, GIUSEPPE CEDERNA,
MASSIMO GRIGÒ, ALBERTO MANCIOPPI, CATERINA MISASI, ELISABETTA PICCOLOMINI
Costumi LUCIA MARIANI
Luci EMILIANO PONA
Suono ALESSANDRO SAVIOZZI