Di Alfredo Pellacchia
Al Teatro Duse dal 20 al 22 ottobre è andata in scena La Locandiera di Goldoni con la regia di Antonio Latella che ha visto nei panni della protagonista la nota interprete Sonia Bergamasco.
Il Grande classico goldoniano nelle mani di Latella si toglie di dosso le stoffe pesanti dell’Ottocento per vestirsi di contemporanee abitudini. L’operazione risulta irrisolta in un bilico tra passato e presente dove il testo piegato alla modernità sguscia fuori e rivendica la sua origine squisitamente comica e provocatoriamente rivoluzionaria.
Contenuti
teatro duse: Dalla Locanda all’ B&B
La scena si apre in un moderno locale di qualche affittacamere di centro città. Sul fondo un enorme parate di legno chiaro a richiamare un certo gusto retrò della proprietaria di casa. Al centro della sala quattro sedie e un tavolino confinano sulla destra con la cucina brillante di alluminio, dove non mancano le più contemporanee esigenze per soddisfare gli ospiti, dal microonde al piano cottura. Tutto è illuminato da una cascata di bianco freddo che scaccia via ogni sensazione di luogo caloroso o accogliente. Siamo in un B&B e l’essenzialità della scena ci proietta più in una sala da colazione che per il pranzo.

Le scelte di regia operate da Antonio Latella lasciano qualche dubbio, la proposta così moderna risulta depotenziata del carattere originale dell’opera, dove della locanda e dei suoi umori resta ben poco. Tutto sembra calibrato alla velocità dei rapporti fugaci e quotidiani, dove anche la Locandiera si rifugia nel comodo tic del microonde, e il piatto preparato con fatica diventa spicciola vivanda riscaldata, nei pochi minuti si consumano i rapporti umani e i pasti.
antonio latella: Il lavoro sui personaggi e sul testo
I primi a comparire sulla scena sono il Conte d’Albafiorita interpretato da Francesco Manetti e il Marchese di Forlipopoli interpretato da Giovanni Franzoni. Due uomini dei giorni nostri, della nobiltà o del concetto di classe non resta nulla. Il modo di disquisire dei personaggi risulta molto colloquiale e sciolto, questo però costringe la comicità del testo in dei recinti dai quali cerca in ogni modo di sfuggire. Latella prova a rendere più vicino a noi il tema e la narrazione goldoniana, cercando di individuare nella società di oggi a quali contesti apparterebbero personaggi di duecento anni fa ricalibrandone il punto di vista. Fa la sua comparsa in scena il Cavaliere di Ripafratta interpretato da Ludovico Fededegni, che si porta dietro nel suo giaccone tutti i tormenti dell’uomo misterioso, incompreso dal mondo o dal nero filosofeggiare in rottura con i tempi. Nei panni di uomo scorbutico resta piuttosto riuscita l’interpretazione, tolte le note di isterismo toccate nei momenti di disperazione provocate da Mirandolina.
Latella affida a questo personaggio un iconico gioco, cioè Shangai, nel quale Il Cavaliere si rifugia nei momenti di noia, per conversare o persino per risolvere la disputa finale tra “galantuomini” che privi ormai delle nobili spade taglianti si affidano alle stecche di legno colorate per difendere il proprio onore. Uno strumento di lotta e di ostentata virilità diventa il gioco fragile e di attese silenziose rappresentato da Shangai.

Insieme al Cavaliere c’è il suo servo, che oltre alle mansioni riservate al suo stato, si fa musicante e accompagna con la chitarra elettrica l’assolo di armonica del Cavaliere, in relazione allo svenimento di Mirandolina, posto in chiusura del primo tempo. Le due comiche Ortensia e Dejanira (rispettivamente Marta Cortellazzo Wiel e Marta Pizzigallo) risultano efficaci, nel nero di seducenti vestiti compaiono in scena sensuali e buffe. Il caso di Dejanira porta alla luce un problema dello spettacolo, l’attrice utilizza una voce caratterizzata e particolarmente divertente che portano momenti di comicità calibrata all’interno di una conversazione che in alcuni momenti risulta troppo sterile. Accade dunque che le scene più riuscite e ritmate sono quelle in cui ci sono più personaggi in scena e questi tra di loro scivolano nel testo del Goldoni divincolandosi dagli obblighi della modernità. Qualche perplessità lasciano i due baci scambiati tra le due comiche e in seguito tra il Marchese e il Conte, nonché l’orgasmica performance di Ortensia che eccita i cuori di qualche canuto spettatore. Fabrizio che dovrebbe essere l’erede designato della locanda resta purtroppo una figura rilegata alla marginalità.
Sonia Bergamasco la locandiera?

Nelle intenzioni dichiarate di Latella c’è l’obiettivo di raccontarci una Mirandolina “capace di sconfiggere tutto l’universo maschile”. In questa visione Latella guida Sonia Bergamasco in una riscoperta del personaggio di Mirandolina. Siamo di fronte ad una donna piuttosto calcolatrice, molto riflessiva poco briosa e giocosa, dove persino le risate risultano di un falso condito di doppio fine. Nella locanda sembra viverci poco questa Mirandolina, forse piuttosto abituata a gestire i suoi clienti tramite app. Si svuota della sua natura più popolana, di pancia, perde la genuinità di una donna di locanda per diventare la bianca e imbellettata padrona di casa. Già dal primo monologo Mirandolina sembra aver perso il gusto della seduzione, che non sa godere più del gioco con gli uomini, di desiderare il brivido di sensazioni al limite nelle quali ella stessa si pone. Dopo lo svenimento del primo tempo, Mirandolina riappare in scena in una frenetica danza accompagnata da un insolito mix di musica classica e pop, forse a segnalare che questa proprietaria di casa è capace anche di divertirsi? Del rapporto con il Cavaliere restano pochi e raffreddati momenti di passione. Lo spettacolo si chiude con i voti di Mirandolina consumata dalla fine del rapporto con il Cavaliere, che offre al pubblico un finale cupo e ammonitore. Il punto di vista di Latella resta piuttosto incompreso, la sua chiave di lettura volta a rimaneggiare questa narrazione sia per atmosfere sia per rilettura del tema, non è chiara se non nei punti individuati che però lasciano non pochi punti fumosi. Nel complesso il lavoro risulta interessante e gli attori riescono a tener su l’attenzione dello spettatore e l’energia dello spettacolo.
dati artistici
TEATRO STABILE DELL’UMBRIA
LA LOCANDIERA
di CARLO GOLDONI
regia ANTONIO LATELLA
con Sonia Bergamasco, Marta Cortellazzo Wiel, Ludovico Fededegni, Giovanni Franzoni, Francesco Manetti, Gabriele Pestilli, Marta Pizzigallo, Valentino Villa
dramaturg LINDA DALISI
scene ANNELISA ZACCHERIA
costumi GRAZIELLA PEPE
musiche e suono FRANCO VISIOLI
luci SIMONE DE ANGELIS
assistente alla regia MARCO CORSUCCI
foto di scena GIANLUCA PANTALEO