All’arena del sole ritorna Nanni Garella a dirigere la compagnia Arte e Salute, compagnia che unisce professionisti del teatro a pazienti del dipartimento di Salute Mentale. Dal 2000 hanno realizzato più di venticinque produzioni; nel 2004 il progetto vince un Ubu e dal 2007 avvia una collaborazione stabile con Nuova Scena-Arena del sole.
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La classe è presente?
Lo spettacolo nel piccolo teatro delle Moline, inizia con un’atmosfera di ricordo e nostalgia. Tutti i dodici attori, sono seduti a dei banchi di scuola come assorti, con volti scavati dalla malinconia.
Un motivo ricorrente accompagnerà l’ora e mezza di spettacolo, ritornando più volte sulla scena, mentre gli attori ricordano vividamente, con fatica o feriti, quand’erano in mezzo ai banchi di scuola.
Più di tutti loro vedono quel tempo passato come appartenesse ad un altro tempo e spazio, quasi connesso con la morte.
Lo spettacolo immobilizza il tempo, ci prende per mano, ci chiede se siamo presente, ci impone di prendere il nostro quaderno della nostalgia che abbiamo conservato sotto il banco e ci chiede di leggerlo ad alta voce, più volte magari in modo da ricordarlo anche il giorno dopo.

Al teatro delle moline: Nanni Garella
Nanni Garella dirige un copioso gruppo di attori ‘stra-ordinari’ che si dimostrano veri e bellissimi in scena. Con una luce soffusa e i volti dipinti di bianco, i vestiti neri neutri e gli sguardi assorti, tutti gli attori ci sembrano bellissimi, divini pur nelle loro imperfezioni, che non depennano la loro persona, anzi la esaltano, proprio come i ragazzini piccoli.
Dalle prime file vediamo una donna bella e sognante, un uomo goffo, col naso a patata e un cappello alla Charlot, un’anziana signora con i cappelli bianchi che ridacchia sorniona; e davanti a questa bellezza i nostri occhi sono portati anche a scrutare dietro, fino ad arrivare in fondo, come fa un professore che si spinge col collo per vedere se qualcuno sta copiando.
La regia è pulita, con immagini impresse nel cervello che però appaiono un po’ confuse talvolta; molto spesso le ripetizioni di tali battute, seppur pertinenti al significato intrinseco dell’opera, gustano l’attenzione e portano solamente ad una ridondanza.
Teatro delle Moline: un testo dimenticato
Il testo di Kantor da cui è tratto questo spettacolo era un testo amatissimo quando uscì, dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma si perse via via negli anni e rimane ancora oggi poco noto, nonostante sia una delle tappe fondamentali per lo studio del teatro del novecento.
Nanni Garella riprende il testo La classe morta e lo rende vivo, parlando di morte e di ricordi infranti ma usando una gioia e una positività tipicamente italiana, meno languida, ombrosa e ‘morta’, appunto, come il teatro di Kantor (chiamato per l’appunto ‘Il teatro della morte’).

Compagnia di arte e salute al teatro delle moline
La scelta degli attori è praticamente perfetta. I malati di mente ricordano e vedono questo periodo di vita proprio come un mondo a parte, qualcosa durante la loro crescita si è spezzata, è andata a marcire, non ha permesso di far funzionare l’ingranaggio come loro avrebbero voluto, ma ha deciso di prendere altre rotte, a volte incontrollate e profondamente sbagliate, alte volte neutre, schive e che escludono il posto nel mondo. Gli attori si portano dietro questo fantoccio, questo bambino pietrificato che non è potuto diventare umano, e lo tengono come una zavorra come qualcosa di cui vogliono sbarazzarsene ma non possono.
Si trova una profondissima umanità nelle loro anime e con un po’ di attenzione, nelle loro interpretazioni potremmo addirittura scovare i bambini che erano, che non sono diventati e che mai diventeranno, ma riusciremmo a vedere qualcosa che noi siamo ma non sappiamo di essere.