Due uomini di teatro, Cesar Brie ed Antonio Attisani, si incontrano in un palco mistico che può ricorda un aldilà o una zona in cui si alloggia un attimo prima di lasciare il proprio corpo e morire.
Cesar ed Antonio, inoltre, stanno creando uno spazio sulle colline della Alta Val Tidone, che si chiama Isola del Teatro, ovvero un’oasi teatrale nella quale si possa ricercare e creare spettacoli, un luogo d’incontro e di dialogo al quale tutti potranno partecipare.
Per contribuire all’Isola del Teatro:
https://splitted.it/isola-del-teatro
Contenuti
Arena del sole: Inizio
La compagnia Tiresia Banti, porta all’arena del sole, uno spettacolo poetico che appare ironico e malinconico. Si ripercorrono storie di vita vissuta, esperienze che ormai appartengono al passato che vengono evocate sia per cercare di riviverle ma anche per bloccare il tempo, per sentirsi ancora partecipi alla vita, che piano piano sta per scucirsi per i nostri protagonisti.

In quest’atmosfera onirica riflettono, ricordano e giocano fino all’insofferente finale nel quale amaramente si lasciano la mano e vanno verso il loro destino.
Cesar ed Antonio: Gatto e Volpe
L’interazione tra i due personaggi è vivace ed accesa, si iniziano a prendere in giro con grande confidenza, ma in realtà sono due che non si vedono da tanto tempo perché non si sono mai cercati.
Antonio Attisani introduce il gioco teatrale dello spettacolo: le maschere del gatto e della volpe.
“Alla fine del romanzo la volpe è paralitica e il gatto è cieco” difatti Cesar, che ha la maschera del gatto cieco, porta a spasso Volpe, che intanto si accascia su una sedia a rotelle, ormai esausto.
I due danno la caccia ad un pinocchio che è riuscito a diventare umano, l’emblema dell’happy end, ma questo obiettivo appare in sordina quasi come un’ossessione che attanagliava i due in passato e che ora è priva di senso ma ogni tanto riemerge come gli scogli dopo l’alta marea.
L’amor teatrale: puttaneria o poesia?
Appesi al soffitto ci sono questi fili rossi che finiscono a mezz’aria con delle mollette, un servo di scena (Giulia Bertasi), che per l’illusione teatrale i due protagonisti non vedono mai, attaccherà a queste mollette dei cartelli che nominano i pezzi di memoria dei due.
Gatto e Volpe, diventati vecchi continuano imperterriti a farsi domande sulla loro vita, su ciò che è stato o ciò che sarebbe potuto essere e si nota di come anche alla fine dell’esistenza le domande siano sempre le stesse, non capiamo mai se abbiamo fatto la scelta giusta o quella sbagliata se abbiamo scelto di venderci o di far poesia.
Sembra che loro, con i ricordi vogliano arrivare ad una conclusione, ad una consapevolezza vana perché la vita non si vive se ti fai domande.
Boccascena: Libidine teatrale + Impedimenti
Gatto e Volpe non si risparmiano i ricordi peccaminosi, anzi sono una delle parti più interessanti, drammatiche e comiche. Il teatro si porta dietro anche il sesso, ciò è inevitabile; Gatto infatti sostiene che appena ha scoperto il teatro ha scoperto anche il sesso.
Entrambi vaneggiano sulle loro vite sentimentali e sessuali, prendendo in giro la vecchiaia e ricordando con dolore le gioie della loro sfrenata giovinezza.
“Non farlo può essere una scelta, non poterlo fare è un’offesa alla natura” così Volpe condanna la terza età e le sue patologie.
Scopriamo l’umanità d’un maestro che vuole andare a letto con un suo allievo minorenne e il candido ricordo di qualcuno che ha dipinto di bianco la nostra vita e ci ha bucato l’anima, perché “le più belle lettere d’amore che io abbia mai letto sono quelle che scriveva all’uomo della sua vita mentre lo tradiva con me”.
In Boccascena, nessun personaggio e nessun racconto è condannato ma si cerca di trovare sempre un’umanità, perché una cosa non è giusta o sbagliata a teatro ma semplicemente è.

Il passato: un ponte su un lago di lava
“Tu innamorato del tuo passato, ecco cosa ti frega” così dice Volpe a Gatto.
In catalessi in questo teatro d’attesa verso l’aldilà Gatto vuole rivivere la cosa più importante della sua vita, ovvero i ricordi perché sono quelli che l’hanno reso ciò che è.
Il pubblico guarda questi ricordi come nuvole che danzano lente, come forme d’arte, percepibili ma inafferrabili, viaggiano a destra e sinistra, usano oggetti, musiche ed elementi di scena spostando tutto, come dei fantasmi che sgomitano per non partire, per non andare verso la luce.
I ricordi sono come un ponte di legno sopra un lago di lava, ogni tanto qualche lapillo fa bruciare e cadere i listelli di legno ed il ponte appare sdentato ed incompleto e noi facciamo sempre più fatica a raggiungere quella stanza lontana che è il nostro porto sicuro, l’architettura del sollievo.
In conclusione, Boccascena risulta essere uno spettacolo grandioso, universale e profondamente umano, ma una domanda balena in testa dopo aver visto i due ripercorrere i loro ricordi: i bambini che erano da piccoli sarebbero ammirati dal loro presente o riderebbero di loro?
Dati artistici
di César Brie, Antonio Attisani
regia César Brie
con Antonio Attisani, Giulia Bertasi e César Brie
scene e costumi Giancarlo Gentilucci
disegno luci Daniela Vespa
stendardi e ritratti Marisa Bello
interventi musicali Giulia Bertasi, Pablo Brie, Federico Costanza
maschere Andrea Cavarra, Chiara Barlassina
assistente alla regia Adele Di Bella
foto di scena Paolo Porto
Grafica e locandina Giuliano Spagnul
Residenze teatrali Arti e spettacolo – Teatro Nobel per la Pace, Campo Teatrale, Comune di Alta Val Tidone, Olinda/TeatroLaCucina, Teatro Rasi – Ravenna
Produzione ERT / Teatro Nazionale, Smart Soc. Coop Impresa Sociale
In collaborazione con Campo Teatrale, Ravenna Teatro
Isola del teatro info e donazioni:
Isola del Teatro | César Brie (cesarbrie.com)