BIOGRAFIA DELLA PESTE@Teatro dell’Orologio: dal frigo alla bara

Per uno spettacolo che si intitola “BIOGRAFIA DELLA PESTE”, francamente uno non sa cosa aspettarsi, se la storia della propria vita in chiave horror, o semplicemente una visione piuttosto grottesca della realtà. Si tratta invece della seconda performance dei Maniaci D’Amore, per la TRILOGIA DEL GIOCO, in scena sempre all’Orologio dal 2 al 4 febbraio.

Nel buio dell’inizio, una musica buontempona appartenente al giurassico Sanremo del ’61, “Patatina piccolina” cantata da Gianni Meccia, rompe il silenzio, e il protagonista con uno sguardo smarrito, in mezzo al frastuono di un traffico disumano cerca di attraversare la strada, e viene investito, senza possibilità di replica. Da quel momento siamo in balia dell’inverosimile, il cavolo menzionato dalla canzone è quello che la madre distrugge mentre non crede alla versione del figlio morto che le parla della sua dipartita.

Gli autori/attori esasperano un presente triviale, ma purtroppo vero, per raccontare le follie della piccola provincia dove la verità fa sempre paura, ed essere se stessi è vietato, e se un ragazzo con qualche problema di relazione vuole essere diverso, la sua sofferenza diventa anche la nostra, e in un susseguirsi di parole e fatti sempre più inverosimili, si alterna il sorriso allo sgomento.
Un frigorifero che diventa una bara, e un cavolo/verza come papà, sono i simboli onirici della precarietà di questo mondo, che nella frenesia della ricerca della suo intendimento, diventano ingombro gigante in questo spettacolo.

Sicuramente ognuno può trovarci quello che cerca e tutto quello che affannosamente non trova, i meandri della mente sono labirinti, dove spesso ci si perde e ci si confonde nel caos del presente e dei ricordi.Ma il finale a sorpresa c’è ed è positivo, nella sua follia, e questo riscalda il cuore, perché diciamo la verità, i finali cattivi non piacciono a nessuno, meglio edulcorati ma positivi, che reali e tristi. Questo però non è finto, è ironico e aperto, è la ricerca che i nostri Maniaci fanno come nuova generazione di drammaturghi, o anche solamente come ragazzi un po’ smarriti all’inizio di questo XXI secolo, dove essere autentici è ancora una scommessa.

image_pdfSCARICA QUESTO ARTICOLO IN FORMATO PDF