Siamo stati a vedere “Biancaneve” del Teatro Del Carretto* presso il Centro Culturale “Il Funaro”. Biancaneve sarà l’ultimo appuntamento dentro a “Pistoia Capitale Cultura Italiana 2017” titolo che nel 2018 sarà conferito a Palermo. Come sempre quando ci si trova al Funaro ci si sente a casa, l’ambiente e l’accoglienza di questo luogo sono sempre piacevolissimi. Il pubblico era per la maggior parte composto da bambini, visto il titolo dello spettacolo niente di cui stupirsi, ma c’erano anche molti adulti, non genitori, venuti a vedere quest’antica fiaba: “Biancaneve”. Questo spettacolo è molto importante per il Teatro Del Carretto : è stato il primo ad essere portato in scena dalla compagnia, nel ’83 anno della fondazione dell’associazione; da allora ha fatto il giro dei palchi di tutto il mondo. Regia di Maria Grazia Cipriani con Elena Nenè Barini, Giacomo Pecchia, Giacomo Vezzani, Jonathan Bertolai.
a cura di Giulio Meoni
All’ingresso del pubblico si presenta in scena una specie di armadio artigianale in legno, illuminato da una calda luce gialla. L’atmosfera era proprio quella del focolare, di casa; la stessa che c’è prima di andare a letto quando qualcuno sta per venire a raccontarci la fiaba della buona notte. Piano piano il brusio diminuisce, le luci si abbassano e ci prepariamo ad ascoltare la storia…
La trama di Biancaneve non importerebbe certo raccontarla, sennonché quasi tutti conosciamo la versione della Disney, che come ogni storia rivista dalla Disney è molto più edulcorata rispetto all’originale. La scelta di Maria Grazia Cipriani è stata quella di portare in scena la seconda versione dei Fratelli Grimm del 1819, la prima fu quella del 1812. Le parti fondamentali della storia sono state riportate, quasi tutte, anche dalla Disney; ci sono però alcune parti della fiaba, nella versione del 1819, dai toni degni di un film horror dei giorni nostri. La matrigna chiede al cacciatore di portargli il fegato ed i polmoni, e non il cuore, della bambina come prova dell’omicidio. Una volta che il cacciatore gli porta fegato e polmoni di un cinghiale la matrigna credendoli appartenere a Biancaneve li mangia. Il tentativo di omicidio della matrigna non è uno solo ma ben tre! Travestendosi sempre da vecchia merciaia: prima le vende dei nastri con i quali prova a soffocarla stringendola per la vita; poi le infila tra i capelli un pettine avvelenato; infine facendole mangiare la famosa mela avvelenata. Nessun bacio del vero amore sveglia Biancaneve. La principessa infatti non viene svegliata dal bacio del Principe ma bensì dalla sbadataggine dei nani che sollevando la bara per donarla al principe inciampano in una radice; Biancaneve per l’urto cade dalla bara e cadendo sputa il pezzo di mela avvelenata che le era rimasto in bocca e torna in vita. Infine la matrigna viene invitata al ballo e le vengono fatte calzare delle scarpe di ferro arroventate che la faranno ballare fino allo sfinimento e alla morte. Le favole di un tempo in effetti erano più “brutali” rispetto a quelle di quelle di oggi; il “terrorismo psicologico” di non accettare niente dagli sconosciuti era praticato già agli inizi del ‘800.
Gli spunti di riflessione che questa storia ci offre sono molteplici. Ai bambini arriva il messaggio per il quale le fiabe sono state sempre prima raccontate e poi scritte: educare e dare consigli di vita. Stare sempre attenti quando ci si relaziona con gli estranei, non aprire agli sconosciuti, etc… ma insegna anche la bontà e l’accoglienza, in questo caso dimostrata dai nani nell’ospitare e proteggere qualcuno che in quel momento si trova in difficoltà. Questo ultimo messaggio è diretto anche agli adulti, come anche il mettere in guardia dal dare troppa importanza alle cose effimere, come la bellezza. Possiamo dunque affermare che si tratta di una fiaba che riesce ad insegnare qualcosa a grandi e piccini.
La maggior parte dello spettacolo si svolge nella zona centrale di quello che ci sembrava un armadio ma che si rivelerà un vero e proprio teatro dei burattini. Le ante si aprono ed immediatamente ci sentiamo dentro la scena che così riccamente definita e vissuta dai personaggi-burattini ci fa, per un momento, credere di vedere un video anziché uno spettacolo di burattini. In scena la matrigna è l’unica ad essere rappresentata da un’attrice in carne ed ossa; gli altri personaggi sono tutti interpretati con dei burattini o “pupazzi”. Elena Nenè Barini interpreta egregiamente la matrigna, vestita con un grande abito rosso ed una maschera alquanto sinistra. La potenza dell’espressione fisica della Barini fa si che ogni gesto sia così efficace da non dover pronunciare nemmeno una parola per descrivere le emozioni e lo stato d’animo del suo personaggio, più di una volta ha fatto sobbalzare il pubblico dalla poltroncina, adulti inclusi. Davvero eccellente anche l’abilità dei burattinai Giacomo Pecchia, Giacomo Vezzani e Jonathan Bertolai che con i loro burattini ci hanno fatto ridere di gusto, soprattutto nelle scene dei nani, ma anche emozionare per la drammaticità della situazione: ad esempio quando Biancaneve viene abbandonata nel bosco e vaga, piangendo, in cerca di un riparo. Quello che accomuna tutti i personaggi è la potenza del movimento, si nota subito l’approfondito studio che deve essere stato fatto. I nani con i loro movimenti molto esagerati ma estremamente precisi hanno un ritmo comico davvero incisivo e funzionale. La matrigna riesce ad esprimere il dramma e la cattiveria che la contraddistinguono anche solo nell’operare i vari travestimenti da vecchia merciaia. Altro aspetto che aiuta ancora di più la comunicazione non verbale è dato dall’abbondante relazione che i personaggi hanno con il pubblico durante tutto lo spettacolo. Come dicevamo i personaggi non parlano mai in scena, l’intera storia viene raccontata da una voce narrante esterna che ci da realmente l’illusione di poterci vivere la storia come una fiaba che ci viene raccontata.
Altro elemento fondamentale di questo spettacolo è la scenografia, costituita “solamente” dal teatrino. Il teatro dei burattini si apre in più parti e ci da la sensazione di quanto lo spazio scenico non possa essere così ben definito come si potrebbe pensare. Da fuori palco escono i sette nani come pupazzi ed entrano dentro la scenografia da due ante rimaste chiuse fino ad ora, si apre una porticina laterale ed esce la matrigna, etc… Inoltre le ambientazioni delle scene sono curate nei minimi dettagli: la miniera e la casetta dei sette nani, il castello della matrigna, il bosco e tutte le altre scene sono realizzate in maniera molto realistica. Luci e musiche potenziano ed agevolano la trasmissione delle emozioni al pubblico. Luci soffuse e musiche armoniose con canti di voci angeliche ci fanno assaporare la felicità di una Biancaneve che dopo aver rischiato di morire ritrova un posto dove stare; luci molto forti e musiche lugubri accompagnate da canti sinistri ci intimoriscono e ci suggeriscono le pessime intenzioni della matrigna.
Biancaneve è uno spettacolo che lascia un segno che ci fa pensare. A livello primario ci intrattiene nel vero senso della parola: ci racconta una storia. Una storia anche a tinte forti ma che ci insegna un qualcosa che forse non capiamo subito ma che, come un seme piantato, col tempo crescerà e darà i suoi frutti. A livello più ricercato ci fa capire quanto a volte ci affidiamo tanto alle parole per poterci esprimere e non consideriamo affatto il nostro corpo. Il nostro corpo ha la stessa capacità espressiva delle parole, ma troppo spesso non lo usiamo o peggio non ci ricordiamo come usarlo. Lo spunto che ci ha dato questo spettacolo è quello di riscoprire la potenza dell’espressività corporea, sia per chi come gli attori la utilizza per mestiere sia per coloro che, banalmente, vogliono solo riuscire a dialogare con un altro essere umano. Questo spettacolo è stato rappresentato in tutto il mondo perché riesce ad andare oltre le barriere linguistiche che troppo spesso ci dividono; esso parla una “lingua” usata in tutto il mondo: la lingua del corpo e del movimento.
Per saperne di più:
*Teatro Del Carretto Fondato nel 1983 da Maria Grazia Cipriani e Graziano Gregori. La compagnia ha sede a Lucca presso il Teatro del Giglio. L’associazione è riconosciuta e sostenuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, quale soggetto appartenente al Teatro d’Innovazione, e dalla Regione Toscana. Tra i più famosi lavori della Compagnia elenchiamo: Biancaneve (1983), Iliade (1988), Troiane (1995), Pinocchio (2006), Le mille e una notte (2014).
**Maria Grazia Cipriani Co-fondatrice nel 1983 del Teatro Del Carretto, di cui ne diverrà la Direttrice Artistica, l’Autrice e la Regista degli spettacoli della Compagnia. Vincitrice del Premio UBU per la ricerca drammaturgica e visiva nel 1991; finalista con Amleto al premio UBU come “Spettacolo dell’anno” (2010).
BIANCANEVE
dei Fratelli Grimm
con Elena Nenè Barini, Giacomo Pecchia, Giacomo Vezzani, Jonathan Bertolai
adattamento e regia a cura di Maria Grazia Cipriani
scene e costumi realizzati da Graziano Gregori
una produzione Teatro del Carretto
Centro Culturale Il Funaro, Pistoia
16 Dicembre 2017