Due spettacoli presentati in anteprima e prima nazionale al Festival Inequilibrio a Castiglioncello da Armunia, PADRE NOSTRO e IL CARTOGRAFO, di Babilonia Teatri e del collettivo Bischi/Campolo/Scarpari/Torrini/Trillini, indagano in modo diverso le relazioni familiari e collettive.
Babilonia Teatri, PADRE NOSTRO (anteprima). Lo spettacolo è uno dei site specific del Festival. E’ avvenuto sugli scogli antistanti la spiaggetta del Cardellino la mattina presto. Enrico Castellani e Valeria Raimondi hanno messo in scena due microfoni, una figlia, un padre (al centro), un figlio con un’iconografia che allude alle rappresentazioni religiose della tradizione cristiana. Il padre, però, in questo caso non è l’onnipotente, è un padre normativo, che via via si frantuma, viene scarnificato, perdendo tutti i connotati tradizionali in questo gioco al disfacimento del padre attuato dai figli, che come chirurgi scienziati lo vogliono studiare, vivisezionare per vedere se dentro è ancora rosso, se dentro è ancora padre. In questa sorta di cannibalismo paterno da parte dei figli, la rottura, la ribellione si ricompone. Sembra di vedere un vecchio padre all’ospedale in pigiama, debole e solo, che recupera quel molto di umanità e intimità con i figli attraverso questo passaggio di disfacimento, fisico e metaforico, per ritrovare un nuovo sé. La risoluzione, come un deus ex machina della tragedia euripidea, può essere sogno, desiderio, gioco, non si sa se possibile o illusoria. La messa scena in mare ha reso di una realtà spiazzante e iperrealista lo spettacolo che involontariamente dialogava con il mondo marino circostante anche con i passi incerti, lenti e inesorabili degli attori sugli scoglio. Il padre è una presenza che fa soffocare e che ritorna come rimosso con la violenza di un padre che è vita e morte dei figli. Quando i figli lo spogliano ritorna umano, e nella sua vivisezione è come se i figli stessi gli restituissero la vita, liberandolo dalle sue fragilità che l’hanno reso insensibile e represso nella norma. Così avviene un ribaltamento in cui sono i figli a partorire il padre, in un gioco di specchi tra figli e padre che poi non sono altro che lo stesso essere umano in forme diverse: “mille volte mi hai accompagnato nel bosco e mille volte sono tornato”.
“Lasciami nudo per scegliere chi sono e cosa voglio”: e mentre lo spettacolo avviene la vita scorre sullo sfondo: una barca, le onde, un bagnante che nuota e ancora onde, l’odore del mare e l’aria fresca del mattino e anche gli attori e lo spettacolo infine vengono inghiottiti da questa vita che scorre dietro di loro. I figli sono i registi in scena e comandano loro lo spettacolo. La musica parla la lingua della tristezza leggera del blues. Lo spettacolo è circolare e la fine riconduce all’inizio in un’atmosfera e in uno spirito completamente trasformati: si è raccontato l’urgenza contemporanea di ridefinire i rapporti con il padre, non più attraverso l’esposizione e il rispetto della norma, ma nella necessità dolorante di una relazione intima: “quando mio padre mi ha partorito, la sua testa era pelosa e si è svuotata e sembrava quella di un uomo… quando mio padre mi ha partorito è arrivato in ritardo (…) quando mi ha partorito mia madre mi sono trovata meglio”.
IL CARTOGRAFO, V. Bischi/G. Campolo/D. Scarpari/T. Torrini/A. Trillini/Armunia, (prima nazionale). Questo spettacolo è un progetto con il sostegno del Teatro Rossi Aperto di Pisa e la produzione di Armunia: si tratta di una regia condivisa, che ha messo in scena il testo del drammaturgo spagnolo Juan Mayorga, dove s’intrecciano più piani temporali e più storie. Siamo a Varsavia dove il presente s’intreccia con il passato. La scena è spoglia e in scena vi è la regia: ti accoglie una donna che cerca qualcosa, qualcuno. La donna del presente piegata nella smarginatura tra ragione e follia comincia una ricerca, all’inizio indefinita, ma che ad ogni passo e a ogni incontro si delinea sempre più. In scena si susseguono due coppie, una del passato e una del presente che cominciano a parlarsi. Nella Varsavia della seconda guerra mondiale un nonno e una nipote del ghetto ebraico trovano la loro personale via di fuga dall’orrore, in un ghetto ebraico dove “il vuoto che circonda le statue (…) ed è non solo la gente che manca, ma è come se tutto si fosse volatilizzato”. La donna del presente riesce a ridisegnare i contorni della storia di un popolo e della storia individuale di una bambina che addestrata dal nonno comincerà a disegnare carte di questo mondo in sfacelo e in cui troverà una via d’uscita dal non senso del male: “anche il diavolo lascia sempre qualcosa; dei resti”. Nel momento in cui la donna riesce a ricostruire il passato, ritrova anche quello che ha perso lei e lo ritrova come spazio di ricordo dentro di sé. La donna è l’unica che riesca a dare uno spazio interiore al ricordo, di chi non esiste più. La messa in scena è di un naturalismo allusivo di un altrove, di un altro che ormai non esiste più, ma che è vitale che sia ricordato. Significativi la scena e il disegno luci, creati dai disegni dal vivo di Alessio Trillini che ridisegna continuamente nuove mappe e geografie sui corpi degli attori che diventano essi stessi carte/storia/ricordo: “i luoghi non li conosci, è per questo che li disegniamo”. La vita stessa diventa mappa, una carta di ricordi e di emozioni, che ci fa seguire il passato sulla terra, come una mappa sul palco fatta col gesso ed è la donna stessa a diventare mappa in cui finalmente riappaiono i suoni, le parole che ormai sembravano dimenticate all’interno di un rapporto di coppia in cui il ricordo era incomunicabile perché portatore di una sofferenza che pareva insopportabile, ma solo quando diventa indicibile o irrapresentabile.
Babilonia Teatri
di Enrico Castellani e Valeria Raimondi
con Maurizio Bercini, Olga Bercini, Zeno Bercini
direzione di scena Luca Scotton
scene Babilonia Teatri
produzione Babilonia Teatri, La Corte Ospitale
coproduzione Operaestate Festival Veneto
IL CARTOGRAFO (prima nazionale)
V. Bischi, G. Campolo, D. Scarpari, T. Torrini, A. Trillini
drammaturgia di Juan Mayorga
traduzione di Enrico Di Pastena
una realizzazione collettiva di Valentina Bischi, Giovanni Campolo, Daniela Scarpari, Tazio Torrini
disegno dal vivo Alesio Trillini
musiche originali Elektronauti
costumi Annalisa Galli
foto Vittorio Gargiulo
produzione Armunia
con il sostegno di Teatro Rossi Aperto (Pisa), Festival Internazionale delle Ombre di Staggia Senese (SI), Ex Macelli di Certaldo (SI), Armunia Residenze Artistiche Castiglioncello (LI)
Inequilibrio Festival
6 – 7 luglio 2019