Ritorna al Teatro Studio Uno (Tor Pignattara) AUGENBLICK, l'istante del possibile, una produzione Project XX1 scritto da Riccardo Brunetti (che ne firma la regia) e Emiliano Loria ispirato al libro incompiuto di Renè Daumal “Il monte analogo”. Una esperienza di Teatro Immersivo che vi aspetta fino al 15 aprile 2018.
“Augenblick” in tedesco significa “momento” ed è una parola composta da “auge”, occhio, e “blick”, vista: “vista d’occhio”. Il nostro occhio vede la realtà circostante come una lunga carrellata che sembra continua ma non lo è, perché sbattiamo le palpebre in modo involontario dalle sei alle trenta volte al minuto, creando altrettanti momenti di buio. E in quel buio, pare, c’è un messaggio.
Lo suggeriscono il titolo e l’introduzione che la maga Sophie fa agli spettatori premium, spettatori privilegiati che prima degli altri entrano nel Teatro Studio Uno trasformato per l’occasione nella residenza dello scienziato Pierre Sogol.
Questi, spiega la maga, ha avuto durante un viaggio in treno una straordinaria intuizione: la luce non segue una linea dritta e sue nelle curvature si possono ricercare dei dati, delle presenze che sono a un tempo parte e non parte della realtà. Da qui una lunga ricerca e un viaggio che termineranno con la sparizione di Sogol, annunciata come morte, mentre in realtà egli è presente (anche se invisibile) nella casa dove tutte le persone a lui legate si ritrovano per cercare la verità.
Augenblick è una creazione di Riccardo Brunetti e Project XXI concepita secondo un genere, popolare a Londra e praticamente sconosciuto in Italia, chiamato teatro “immersivo”. Si tratta di un teatro senza quinte e senza palco, che si svolge in un luogo completamente scenografato dove il pubblico si muove nello stesso spazio degli attori e con la piena libertà di costruire il proprio percorso, di deviare, di fermarsi persino.
Nel volume “Esperienze immersive” (LaRocca Edizioni) a cura dello stesso Brunetti si legge infatti che “L’immersività pensa l’opera come un’installazione site-specific, aperta all’esplorazione dello spettatore in maniera totalmente libera. Ogni aspetto di queste installazioni è curato nei minimi dettagli. Lo spettatore può quindi esplorare ogni aspetto, dagli oggetti di scena, alle scenografie, agli odori, ai sapori, ai suoni, e soprattutto alle performance che abitano questi luoghi, dando vita ad una tessitura drammaturgica di spessore senza precedenti“.
Portare una simile novità in Italia implica il confrontarsi con un pubblico non abituato ad esperienze come questa, ed è perciò importante valutare l’impatto che si genera tra creazione e fruitore. A questo non viene data alcuna indicazione, se non il divieto di parlare e l’obbligo di indossare una maschera bianca (solo l’area ristoro è zona franca, ma anche lì attraverso le parole dell’attrice-barista la finzione continua). Il pubblico sulle prime non sa che fare: pensa genericamente di dover partecipare, ma nessuno gli ha spiegato come dovrebbe “educatamente” farlo. Diventa quindi “maleducato” e inizia dopo poco tempo a seguire le sue inclinazioni. Qualcuno si sente dentro un poliziesco e inizia a frugare le stanze in cerca di indizi; qualcuno si siede mollemente in un angolo e aspetta di poter catturare da passivo una visione; qualcuno vuole condurre una ricerca mistica, come l’atmosfera suggerisce, altri cercano di catturare lo sguardo degli attori per farsi rivolgere una richiesta o un invito, per diventare attori loro stessi. Qualcuno, infine, decide di estraniarsi con una sigaretta e un po’ di birra all’interno del bar.
L’evento dura quasi tre ore, durante le quali tutti cercano una personale naturalezza dello stare in quel luogo e in quel modo. “Sembra un videogioco”, commenta qualcuno, in cerca di un referente conosciuto. Nessuno dice: “Sembra teatro”.
A nostro avviso, quest’esperienza ha molto da dire sia allo spettatore di oggi, spesso "frigido" nei riguardi della finzione teatrale, sia al panorama artistico contemporaneo. Non ci troviamo di fronte a un coinvolgimento forzato del pubblico ma alla sua immersione (“teatro immersivo”, non è una espressione a caso) dentro un grande gioco reale.
La trama è poco rilevante e il fine ultimo della ricerca risulta piuttosto indefinito, ma sono da segnalare alcuni elementi linguisticamente interessanti. Prima di tutto le maschere bianche date a ciascuno spettatore sono una sorta di protezione, o di “disidentificazione”, che lo inseriscono dolcemente in un’esperienza che altrimenti potrebbe risultare caotica, troppo legata alla vita fuori dal teatro e troppo pericolosa per le emozioni, ma al tempo stesso rendono il pubblico pari a Sogol, che è dentro la realtà ma ha anche il dono di osservarla da fuori.
Poi, lo spazio scenico: una gigantesca scenografia calpestabile che conferma la vocazione di Teatro Studio Uno a farsi luogo adatto a mille trasformazioni. Uno spazio arredato e corredato fin nei minimi dettagli secondo uno stile che definirei iperrealista e che in quanto tale si apre paradossalmente all’inquietudine. In fondo Augenblick, momento, sguardo, manifesta uno dei suoi sensi nell’esplorare, dettaglio dopo dettaglio, uno stesso istante in tutti i suoi elementi. Le quasi tre ore sono necessarie e spesso non sufficienti per abbracciare la ricchezza di un attimo.
Info:
Drammaturgia: Riccardo Brunetti e Emiliano Loria
Regia: Riccardo Brunetti
Performer: Adriano Saleri, Alessandro D’Ambrosi, Alfredo Pagliuca, Anna Maria Avella, Chiara Capitani, Costanza Amoruso, Diego Migeni, Eleonora Turco, Elisa Poggelli, Elisabetta Mandalari, Gabriele Carbotti, Marco Usai, Paola Caprioli, Riccardo Brunetti, Sarah Nicolucci, Sandra Albanese, Silvia Ferrante, Sofia Vigliar, Stefano Fregni, Susanna Valtucci.
Staff: Azzurra Lochi, Annalisa Quatraro, Augusto Donati, Allegra Indraccolo, Carlo Tommaso Bassetti, Emiliano Trimarco, Felice David, Gabriella Indolfi, Ilaria Giorgi,Maria Tritto, Marilina Marino, Roberta Avella, Sandra Albanese, Simone Petrucci; Costumi: Sandra Albanese; Sarta: Rosanna Notarnicola; Responsabile maschere nere: Augusto Donati; Responsabile set-up: Anna Maria Avella; Responsabile tecnico: Emiliano Trimarco; Responsabile bleeding: Alfredo Pagliuca; Responsabile Premium: Anna Maria Avella; Responsabile performer: Sandra Albanese; Allestimento: Project XX1; Elementi scenografici e scenotecnici: Ilaria Passabì; Tecnica: Project XX1; Locandina: Eugenio Sicomoro; Grafica e logo: Project XX1; Grafica addizionale: Ilaria Passabì; Fotografa e post-produzione: Ilaria Giorgi; Regia video: Alessandro D’Ambrosi; Operatore e montaggio video: Simone Palma; Performer Addizionale: Alessandro Londei; Social Media Manager: Gabriella Indolfi; Ufficio Stampa: Eleonora Turco.
In collaborazione con: Associazione Culturale Controchiave, Teatro Studio Uno.