Il 16 aprile il festival culturale Poverarte ha ospitato Aplod, uno spettacolo scritto dal drammaturgo Rodolfo Ciulla e interpretato da un affiatato e coeso gruppo di giovani attori provenienti dalla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi. Lo spettacolo è transitato anche a Dominio Pubblico in scena al Teatro India.
Il Festival POVERARTE
Poverarte è un festival indipendente teso a valorizzare movimenti artistici non necessariamente mainstream o all’ultimo grido. Propensa alla trasmissione di contenuti di spessore piuttosto che alla sovraesposizione di nomi prestigiosi, la rassegna si muove fra i più svariati cantoni delle forme artistiche: dal documentario alla musica live, passando per la fotografia e il teatro, per approdare infine a forme itineranti come le arti figurative in strada. Quest’approccio multidisciplinare rende possibile, grazie ad un’indiscriminata possibilità d’espressione, un dialogo fra varie forme d’arte che dà origine a interessanti ibridi e alla condivisione di un nuovo, originale ed estroso immaginario artistico. Gli spettacoli proposti da Poverarte, sempre eterogenei e sempre con target ad ampio raggio, vedono come fine ultimo l’urgenza di interrogarsi su fenomeni attuali al fine di poter condividere, con uno spettatore vigile e partecipe, riflessioni mai ordinarie e dozzinali.
Un effervescente commedia contemporanea
In questa cornice si incastona alla perfezione Aplod, il suggestivo spettacolo di una neonata compagnia: Fartagnan Teatro. Fartagnan è stata fondata nel 2017 da quattro allievi diplomati alla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi, con la coraggiosa ambizione di creare un teatro Pop e di ricerca, tanto artistica quanto sociale. In poco più di un anno Aplod vede già svariate partecipazioni e molteplici riconoscimenti: nel maggio 2017, con lo spettacolo ancora in gestazione, Fartagnan partecipa alla quinta edizione di IT FESTIVAL, prima rassegna di teatro indipendente milanese. Successivamente vince la quarta edizione del progetto GIOVANI DIREZIONI e il bando teatrale Inserire Titolo promosso da OfmCompanye ACG, in collaborazione con la regione Piemonte e il comune di San Mauro Torinese.
Alla luce dei feedback positivi, sorge spontaneo chiedersi quali siano i fattori che hanno fatto emergere in così poco tempo uno spettacolo realizzato da un gruppo di attori freschi di accademia che, con pochi mezzi, si battono per un teatro brioso ed effervescente.
Sono lampanti i potenziali rischi in cui un’operazione teatrale della tempra di Aplod può incappare: la sterile riproposizione di triti e ritriti riferimenti alla cultura pop, lo scadere in uno sperimentalismo snob e autoreferenziale e, magari, la pretesa di imporsi come teatro di nicchia ostentando una sprezzante povertà di mezzi.
Aplod, vera tragicommedia contemporanea, riesce intelligentemente a dribblare su ogni fronte tutte le spinose, possibili problematiche: semplicemente offre, con garbo e umiltà, una creazione artistica originale, eclettica nella sua compiutezza e commista di sperimentazione teatrale e riflessione sociale.
Estetica della Citazione
Già dal contesto in cui si svolge la vicenda giungono echi familiari: in un prossimo futuro il governo vieta il caricamento e la condivisione di materiale video su Internet, dichiarando fuori legge siti e portali nati con questo scopo. Alla dittatura mediatica in atto sopravvivono ancora alcuni baluardi di resistenza: attraverso APLOD, malfamato canale pirata, un ipotetico produttore di videoclip può guadagnare quantità ingenti di denaro caricando il video di un gattino. In questo universo distopico, dove il lavoro meccanico e alienante assorbe l’uomo estraniandolo dal proprio mondo interiore, Jack – un eccezionale Matteo Giacotto – viene licenziato. Esasperato dalle spese e frustrato da una vita all’insegna dell’anonimato, decide di creare un’organizzazione criminale clandestina, con il fine di ottenere proventi attraverso l’uploading di video pirata sul web.
A partire dalla trama, dal suo svolgimento e dalle suggestioni culturali riconoscibili, è subito possibile riconoscere la personalità postmoderna dello spettacolo: una disincantata rilettura della nostra epoca, dove tutto è già stato detto e scritto. Sul versante creativo, gli autori – attori di Aplod, più che adottare uno stile originale e innovativo, danno luogo a una sorta di ironica “estetica della citazione” che si avvale di un ampio repertorio di prodotti della cultura di massa. In questo senso si può facilmente affermare che l’impostazione frizzante e tragicomica del testo sia debitrice delle sceneggiature dei fratelli Cohen e il disturbante contesto distopico richiami la voce profetica del celebre romanziere inglese George Orwell. Così come si possono individuare un simbolo che richiama la nota serie tv Lost, un riferimento a Dark Souls, videogioco in voga, una sequenza dell’amatissimo Breaking Bad, lo sfoggio della maschera di Guy Fawkes, indossata dall’eversivo protagonista di V for Vendetta, la questione dell’annichilimento umano a causa della pervasività delle nuove tecnologie vista in Black Mirror e l’ironica ripresa di una famosa scena di Pulp Fiction. In altre parole, una serie di “interferenze culturali” che danno vita a una suggestiva contaminazione di generi e linguaggi, essa stessa dichiarazione di poetica da parte dei creatori: all’Io contemporaneo urge libertà di espressione.
Al servizio dello Spettatore
Un discorso parallelo va dedicato alle interpretazioni: vivaci e incisive, consentono di carpire da un lato le sfumature delle relazioni che intercorrono fra i personaggi e dall’altro l’inconsistente illusorietà di vite votate al lavoro e dominate da ozio e illusione. L’agghiacciante quadro socio-lavorativo, che gli autori – attori dipingono, altro non è se non una rielaborazione distopica di una realtà a cui si è già avvezzi: le soffocanti fondamenta di quest’universo all’avanguardia, popolato da numeri anziché individui – ad ogni lavoratore è attribuito un punteggio corrispondente al suo valore –, sono l’arrivismo e la competizione, che, gradualmente ma inesorabilmente, inaridiscono la purezza dei rapporti umani autentici e genuini. Una drammaticità lancinante, quella narrata da Aplod, che trova spazio seguendo due soluzioni, l’una narrativa, l’altra scenica. Ecco che il dramma si racconta seguendo un paradigma di comicità sferzante e tagliente, a tratti sardonica a tratti amara, sempre acuta e frizzante, mai didascalica: una comicità che si serve della cultura dello spettatore per potersi mettere al suo servizio, solleticandone le corde interiori.
Ne stuzzica l’intimità, ma anche il gusto estetico: da qui una serie di vere e proprie composizioni coreografiche che, briose e ammiccanti, instaurano un’efficace connessione con lo spettatore. In uno spazio scenico gestito superlativamente, gli attori consentono di isolare e focalizzare ogni movimento che, curato al dettaglio, vuole essere esso stesso allegoria o contrassegno di una determinata realtà: dai gesti monotoni e vuoti di una mano che armeggia intorno ad un tablet invisibile, alla superba ricostruzione di una sequenza proveniente dallo straordinario serial Breaking Bad.
PER UN TEATRO POVERO
D’altra parte non necessariamente ricchezza di contenuti e profondità riflessiva corrispondono a fastose e stupefacenti scenografie. È proprio il caso di Aplod, dove scenografia e costumi sono ridotti all’osso: un tavolo e due sgabelli rettangolari che fungono da sedie, pochi oggetti di scena mirabilmente usati e costumi affatto sofisticati suggeriscono allo spettatore che occorre indirizzare l’attenzione su altro; che, oggi troppo spesso, dietro a ricercati artifici scenici e ridondanti scenografie si celano una strutturale miseria creativa e un’intrinseca penuria di spunti.
Gli autori di Aplod non si nascondono: bastano poche luci e sporadici suoni registrati a fornire le coordinate necessarie a comprendere quest’universo minaccioso e angosciante; per dirla con Freud, perturbante.
La lezione impartita da Grotowski in quel sensazionale testo che è Per un teatro povero ha dato i suoi frutti: si estirpa il superfluo per instaurare un rapporto più intimo con lo spettatore, il teatro diventa sintesi di disparate discipline artistiche e al contempo evocazione di un vortice futuristico che, feroce e implacabile, affonda le sue radici direttamente nel sempre più vertiginoso progresso tecnologico della nostra epoca.
Questo, in definitiva, è Aplod: un teatro povero, essenziale e imprescindibile che, sulla base di una mordace ironia e di una s-drammatizzazione intelligente, costruisce una tragedia squisitamente contemporanea. È un teatro di pochi mezzi che si rapporta criticamente con i mezzi odierni. È un teatro giovane con un acuto senso del presente storico, un meeting di energie che mette in comunicazione spettatore e attore. È il Teatro: un luogo senza tempo dove tutto è finto e niente è falso.
Che vuol dire Fartagnan? Nulla. Chi sono questi? Meglio non domandarselo. Da dove vengono? Fidatevi, non volete veramente saperlo.
Fartagnan non vuole fare teatro per tutti: vuole fare teatro per i nerd, per i collezionisti di selfie, per i tubenauti solitari, per i seguaci del DioNetflix, per coloro che amano carnalmente il loro divano, per i commentatori di Brazzers, per quelli cresciuti a pane e Tarantino, per i viaggiatori psichedelici, per i gamers notturni… insomma per tutti coloro che a teatro non ci vanno. Noi facciamo teatro per loro. Arriva Fartagnan! Una per tutti e tutti fatti.
APLOD
Spettacolo vincitore del bando Giovani Direzioni 2017 del Centro Teatrale MaMiMò di Reggio Emilia
Spettacolo vincitore del bando Inserire Titolo promosso da OfmCompany di San Mauro Torinese
Spettacolo vincitore alla IV edizione del DOIT FESTIVAL e riconoscimento della Giuria Giovani
Spettacolo semifinalista di In-Box Verde 2018
Spettacolo vincitore del bando-sezione teatro del POVERARTE-Il Festival di tutte le arti edizione 2018
Spettacolo finalista di DOMINIO PUBBLICO 2018
16 aprile 2018 – POVERARTE – Il Festival di tutte le arti
ore 21.00
Ateliersi – Via San Vitale, 69 – Bologna