Repliche tutte esaurite (già previste ulteriori date da definirsi) dal 29 settembre al 2 ottobre per Il sogno di Ernesto, lo spettacolo scritto da Tommaso Santi per celebrare una doppia ricorrenza: 160 anni dalla fondazione del celeberrimo Biscottificio Mattei di Prato e il 200° compleanno del suo fondatore, quell’Antonio Mattei da cui prende il nome. E’ però a Ernesto Pandolfini, erede del fondatore e nonno dei 4 fratelli oggi a capo dello storico esercizio, che il testo si riferisce e al suo sogno di tornare a casa dal fronte della Grande Guerra per rifugiarsi nella fragranza dei biscotti appena sfornati, nella morbidezza dell’inconfondibile impasto per i famosi biscotti di Prato, nel silenzio del forno al mattino presto. Quel forno dove gli spettatori sono chiamati ad assistere all’esibizione di Fabio Mascagni e Annamaria Guerrini con le musiche di Sadi Ortmood da un’idea di Letizia Pandolfini.
L’ingresso per gli spettatori è da una porta subito accanto allo storico negozio di Via Ricasoli 20 e dopo una breve ed emozionata, oltre che emozionante, introduzione di Letizia Pandolfini, nipote di Ernesto, si accede al laboratorio da cui la meravigliosa avventura del biscotto di Prato ha avuto inizio. E se non bastassero le attrezzature a ricordare dove siamo, il colore inconfondibilmente azzurro dei sacchetti di biscotti si presenta nella sua lucentezza a fugare ogni dubbio e a catapultare i presenti 160 anni addietro.
Oltre alle ricorrenze tonde che coincidono proprio nel 2018, pretesto per la realizzazione del testo e della messa in scena sono state le preziose lettere di Ernesto Pandolfini ritrovate in alcune scatole gelosamente conservate da suo figlio e risalenti agli anni della Grande Guerra, combattuta sul fronte tra le fila dell’esercito italiano. Una guerra che lo ha tenuto lontano dal suo amato forno per 4 anni durante i quali la zia Italia, sua madre adottiva, continua a chiamarlo perché lo percepisce sempre come una presenza durante l’attività quotidiana di preparazione e cottura. E’ proprio lei, interpretata da Annamaria Guerrini, ad accogliere il pubblico dietro il bancone, malinconica mentre si rende conto che la penuria di pinoli o di mandorle sono causate da quella guerra cattiva che impedisce ad Ernesto di esserci. Proprio a lui si rivolge raccontandogli aneddoti ed episodi di vita in modo da non fargli mancare la vicinanza sua e dell’intero gruppo di lavoro. Solo dopo si scopre che quel dialogo immaginato non è altro che il testo di una lettera, di una delle tante spedite in trincea; una trincea riprodotta in un altro ambiente con sacchi di farina quasi come se il soldato Pandolfini, durante i combattimenti, sognasse di muoversi tra sacchi di impalpabile e profumata farina invece che tra lerci e umidi sacchi di sabbia.
Il dialogo tra lui, interpretato da Fabio Mascagni, e la zia prosegue ininterrottamente fino a che i due si avvicinano anche fisicamente in uno scambio di battute che tocca anche ritmi piuttosto serrati nei quali i due attori si destreggiano abilmente, in un crescendo suggestivo e talvolta commovente. La forza di Ernesto non sono le armi, le munizioni o le divise, e nemmeno quell’amor di patria che a tratti si rivela comunque profondo, ma lo sono le mandorle, il profumo dei biscotti dal quale si capisce che sono cotti, e i canditi variopinti che finiscono dentro l’inimitabile filone.
La mente spazia quindi e conduce lo spettatore all’infanzia del protagonista, affidato agli zii di Prato dopo essere rimasto orfano di madre a Firenze. Un’infanzia fatta soprattutto di golosità e di segreti carpiti con la curiosità e l’ingenuità di un bambino ma anche con la consapevolezza che quello sarebbe diventato il suo regno, il suo forno, la sua vita. E così, al ritorno dalla guerra, il suo sogno si è avverato finché, anche negli ultimi anni, ormai nominato Cavaliere, ha continuato a presidiare il negozio sedendosi davanti alla sua porta salutando e interrogando i passanti sull’indice di gradimento di una mantovana o dei brutti boni.
Ciò che Tommaso Santi ha cercato di trasmettere al pubblico non è solo una mera cronaca della storia del biscottificio e nemmeno un reportage di guerra attraverso le lettere originali: si tratta della forza che un sogno può infondere anche e soprattutto nell’atrocità della guerra. E più tenace è lo spirito con cui questo sogno viene rincorso, più viscerale è la passione con cui lo si realizza, lo si sviluppa, lo si cresce fino a farlo diventare tradizione. Perché Ernesto non ha smesso di sognare una volta dismessa la divisa militare. Anzi, ha coltivato il suo progetto facendolo maturare ogni giorno e mantenendo un legame forte con la laboriosità del suo predecessore Mattei e dei suoi zii. Pertanto non sarebbe stato possibile immaginare questo testo rappresentato altrove: solo tra quei forni, tra quelle bilance e tra quegl’ingredienti lo spettacolo diventa un’esperienza sensoriale ed emozionale a tutto tondo. Profumo di biscotti e fragranza di mantovana diventano coprotagonisti irrinunciabili e onnipresenti. Ed insieme a loro tutti gli spiriti di coloro che hanno fatto la storia di un negozio, di una famiglia, di un prodotto e di una città che da 160 anni si raccoglie attorno al suo gioiello.
Le prestazioni attoriali di Fabio Mascagni, che ha firmato anche la regia, e di Annamaria Guerrini sono parse paritetiche e molto apprezzabili, sia durante i monologhi sia durante gli scambi serrati in cui gli attori non hanno mai perso il ritmo e hanno consentito a quel ritmo di evolversi e di non appiattirsi, tenendo il pubblico, intimo e attento, sempre in bilico sulla corda della suggestione. Le mosse sono sapienti come lo sono le menti che hanno saputo trasportare la tradizione nel XXI secolo nonostante la regola principale, lontana da ogni formulazione chimica, sia: “la ricetta la senti e la vedi”. Efficaci anche le musiche curate da Sadi Ortmood la quale ha composto i sottofondi dello spettacolo, mai invadenti e sempre molto funzionali per supportare l’emozione.
Se Prato è una città che ha costruito la sua storia più recente sul lavoro, sull’artigianalità e sulla laboriosità, il Biscottificio Mattei è l’emblema cardine di questo spirito che ancora aleggia sulla Via Ricasoli come la fragranza morbida ed avvolgente dei suoi biscotti. Ed ogni volta che da lontano un sacchetto blu Savoia si dondola nelle mani di un passante, quel sogno di Ernesto torna ad avverarsi come un miracolo che da 160 anni, ogni giorno, magicamente e caparbiamente si ripete.
PER APPROFONDIRE: CENNI SUL BISCOTTIFICIO
A Prato tradizionalmente definito biscotto di Mattonella dal soprannome del suo fondatore, si tratta di un prodotto sfornato, per la prima volta nell’attuale veste, 160 anni fa presso il Biscottificio Antonio Mattei in Via Ricasoli 20, in pieno centro storico. E lì è sempre rimasto fino ad oggi affiancato da una succursale che è stata inaugurata quest’anno nella vicina Firenze, dove è stato allestito anche un piccolo museo.
La scelta del colore blu intenso dei sacchetti fu dello stesso Cavalier Mattei per omaggiare la famiglia reale sabauda. E ancora oggi nessuno potrebbe immaginarsi i biscotti in una confezione diversa da questa. L’eredità del fondatore, tra l’altro amico personale di Pellegrino Artusi che lo rammenta nell’introduzione alla ricetta della Stiacciata unta all’interno del suo manuale, sarà poi raccolta da Ernesto Pandolfini nel 1920 ed oggi la terza generazione della famiglia manda avanti l’attività con dedizione e passione nelle figure dei fratelli Elisabetta, Marcella, Letizia e Francesco.
IL SOGNO DI ERNESTO
da un’ IDEA di LETIZIA PANDOLFINI
scritto da TOMMASO SANTI
diretto da FABIO MASCAGNI
con FABIO MASCAGNI E ANNAMARIA GUERRINI
musiche originali della sound artist SADI ORTMOOD
Biscottificio Mattei, Prato
28 settembre 2018