AMORE @ Teatro Fabbricone Teatro Metastasio. Insieme si può.

Questa recensione è il frutto di un lavoro collettivo di insieme: è realizzata a cura di Francesco Acuti, Silvia Boccellari, Nadia Capanni, Emanuele Cecchetti, Gloria Cerri, Nicoletta Dose, Maurizia Fadini, Federica Murolo, Laura Negri, Sara Pagani, Alessandro Piva, Tommaso Puggelli, Sandra Quercioli, Luca Tanteri, Marinella Veltroni, Massimo Zagli, Sandra Balsimelli, Alessandro Sanesi, Michele D’Ambrosio, Leonardo Favilli, Giulio Meoni, Alice Capozza, del corso Da Attori a Spettatori consapevoli di Gufetto e la scuola di recitazione Il Genio della Lampada.

Due coppie, due tombe, due amori. In uno spazio dove il tempo sembra essersi fermato, dove i gesti quotidiani danno un ritmo a ciò che sembra non averlo, due coppie ricordano il loro passato. Due anziani che hanno vissuto nel tentativo di superare la vergogna, la tensione di lasciarsi andare alla passione e all’erotismo, e due pompieri omosessuali che hanno vissuto nella paura, soffocando il loro amore all’ombra di un autobotte.  È di questo che Spiro Scimone e Francesco Sframeli ci raccontano con il loro spettacolo AMORE, doppio Premio Ubu 2016 come Miglior novità italiana e progetto drammaturgico a Spiro Scimone e miglior allestimento scenico a Lino Fiorito, andato in scena dal 9 al 12 Novembre al Teatro Fabbricone Fondazione Teatro Metastasio di Prato.

Amore, parola eterna, come Morte: due opposti che si ritrovano a circumnavigare il nostro essere durante tutta la vita. Un sentimento e un dato di fatto che viaggiano paralleli.

La trama è al passato, è una trama fatta dei ricordi dove l’adesso è una bolla che cristallizza il lento incedere dell’attimo che precede la Fine. La fine è attesa e verso la morte le due coppie procedono con serenità, intrecciando memorie di un mondo che non è più, sincopate da improvvisi silenzi dove lo spettatore percepisce la malinconia, che pervade tutta l’opera.

I due vecchietti, Giulia Weber e Spiro Scimone, seduti all’ombra delle proprie lapidi, iniziano il racconto del loro amore fra ricordi teneri di struggenti passioni ed un presente amaro fatto di pannoloni e creme emolienti, dove l’accudimento reciproco non è solo un dovere ma probabilmente è proprio l’Amore del titolo dello spettacolo. La coppia di anziani, col linguaggio semplice e ripetitivo da persone lente, contrapposte alla frenesia del mondo moderno, strappa talvolta qualche amaro sorriso; ricorda, con il limite che questo verbo assume nell’età della vecchiaia, la loro passione giovanile dove il particolare del luogo o piuttosto della situazione non ha importanza, il valore è dato dall’essenza del loro sentimento vissuto al massimo. Giulia Weber, prima figura femminile inserita nel cast della Compagnia Scimone e Sframeli che, a nostro parere, ha saputo esprimere al meglio dolcezza, comprensione e forza.

L’altra coppia che entra in scena, formata dal comandante e dal pompiere, Gianluca Cesale e Francesco Sframeli, arriva a spegnere il fuoco della passione, chiamata dalle paure del vecchietto, a bordo di un carrello della spesa, munito di sirena e lampeggiante (una trovata scenica di grande efficacia), magistralmente guidato da i due uomini in divisa, molto lontani dall’immaginario collettivo del pompiere alto e muscoloso, pronto a mettere a repentaglio la propria vita per gli altri.

La coppia di pompieri porta anch’essa, in un gioco di specchi tra i due amori, una profonda riflessione sulla vita, questa volta però da un altro punto di vista: quello del giudizio su se stessi e su gli altri. Il giudizio dato dai dogmi di una società che tende a spegnere tutto ciò che arde, di passione e di verità. Per questo arrivano i pompieri nell’amore: per placare gli istinti, per riportare l’ordine e la consona formalità. Ma di colpo ancora una grande e bellissima contraddizione, i due pompieri sono anch’essi e prima di tutto umani, e benchè vittime del sistema e della finitezza della vita sono i primi a provare un ardente sentimento d’amore, e neanche un amore fra i più scontati o tollerati, ma un amore omosessuale, che semplicemente c’è, così come la morte.

Nonostante vi siano in scena coppie di anziani è uno spettacolo rivolto ai giovani per dirgli di non aver paura di amare, di mettersi in gioco,di vivere intensamente e senza pudori le proprie passioni. Le due coppie sono forse in una sorta di limbo post mortem, dialogano per sciogliere alcuni nodi che permetteranno loro di addormentarsi in silenzio, in pace e serenità.

AMORE è uno spettacolo che fa della semplicità la propria essenza. Tutto è semplicità: la scenografia, gli effetti speciali, il testo, i costumi, i dialoghi; tutto è semplice, tranne il tema trattato e le riflessioni che da esso possono derivare. C’è qualcosa di filosofico in questo spettacolo che lo rende non immediato. Le emozioni sono come filtrate ed arrivano lentamente al pubblico. Scimone e Sframeli rinunciano completamente alla stupefacenza della finzione teatrale, e scelgono il semplice e quotidiano, poco emozionale, dalle tinte tenui e delicate. Si entra lentamente nel testo e nel tema dello spettacolo, si ride della tenerezza di vecchi, come bambini. Amore? Amore? Lei chiama lui più volte, che non capisce e ripete le stesse parole della moglie. C’è un passaggio continuo dal quotidiano all’ironico e simbolico, che provoca leggere risate nel pubblico, ma lascia in bocca l’amarezza della verità. L’ironia del testo è pungente, talvolta mette a disagio.

La recitazione degli attori è pulita, precisa e puntuale e riesce a trasmettere la psicologia sottile dell’amore, le sue sfaccettature e sfumature, nonché la sua problematicità. Le voci sono naturali e la sensazione che lo spettatore ne ricava è di estrema semplicità e quotidianità. La compagnia è omogenea; i ruoli infatti, pur diversi, sono assolutamente paritari e nessuno degli attori emerge sugli altri. Le voci degli attori, forti, incisive, a tratti amaramente ironiche, echeggiano nel vuoto sordo della totale assenza di musica: solo il rumore del click- abat-jour-croce sulle lapidi e la sirena del carrello allegorico dei due pompieri.

La scena di Lino Fiorito, è tanto essenziale quanto corrispondente alla realtà della morte a cui stanno piano piano andando ineluttabilmente incontro le due coppie: l’interno di un cimitero, con due sepolcri marmorei, adibiti a giacigli, quasi a simboleggiare la perennità del sentimento: due tombe a due piazze, una accanto all’altra. Sul fondale quattro cipressi scuri a completare l’immagine del luogo, rigonfi di un vento immobile, retroilluminati da luci che ne aumentano l’illusione ottica di profondità. Cosi come nel dialogo, anche nella impalcatura scenica predomina la simmetria: quattro cipressi come i quattro personaggi, due tombe-letti per le due coppie in scena. Nonostante la descrizione possa far pensare ad una atmosfera lugubre, la scenografia appare alla vista come estremamente rassicurante, come se ogni oggetto impiegato trovi il suo senso e la sua intimità in quella precisa posizione a cui è stato assegnato. Così le tombe sono fornite di cassetti porta lenzuoli al proprio interno, le croci delle lapidi sono abat-jour da notte che le anime spengono e riaccendono nel gesto di allontanare di qualche istante il passo al di là.

Il testo è surreale e grottesco, un “Aspettando Godot” di Beckett, dove Godot è l’amore, la morte, la vita, consegnando allo spettatore il vuoto di senso in attesa di qualcosa che non verrà mai, contrapposto, ma solo in apparenza, all’estrema veridicità del gesto che proprio per questo scandisce il ritmo lento del quotidiano fluire.

Come la poetica drammaturgica di Spiro Scimone, anche la regia di Francesco Sframeli ottiene l’aderenza massima alla realtà, pur nel grottesco e surreale. Per disegnare il realismo dei movimenti e dei gesti, gli attori hanno curato con estrema dedizione tutti i passaggi: Sframeli, costretto a stare rannicchiato all’interno del carrello della spesa, ci convince, grazie alla maestria dei suoi piccoli movimenti, di essere davvero all’interno di un’auto dei pompieri. Se il conducente del carrello – l’altro pompiere – frena o curva, il guidatore al volante fa altrettanto, in una suggestione simbiotica di azioni. Nulla è lasciato al caso.

La scelta di usare un linguaggio fatto di termini poveri ed una gestualità essenziale portano lo spettatore ad entrare in stretto contatto con le sfide più grandi della vita quotidiana di ogni essere umano. In questo senso il ricorso alle metafore risulta estremamente affascinante, temi come la paura di esporsi, la visione della morte, le emozioni represse, la premura e la cura reciproca, la sessualità in età matura, l’omosessualità, vengono raccontate attraverso analogie con incendi, lenzuola, cimitero, crema emoliente e pannoloni o l’atto di lavare i piedi al proprio compagno. Ogni battuta è metafora della vita e della morte, come ogni movimento e ogni scelta scenica.

Molto ironico e divertente l’accento messinese, che spezza il ritmo e la cadenza delle battute, quasi a richiamare quella quotidianità che si ritrova in maniera scontata nei rapporti di coppia che resistono a lungo nel tempo.

La lentezza e la ripetitività delle battute e della struttura drammaturgica, rompono o creano un muro che divide attore da spettatore, al quale viene concesso il tempo di poter riflettere, assaporare e godersi le sfumature che l’amore offre. Nel dialogo, centrale è la forza che possiede la pausa, al limite dell’ imbarazzante, che osa e crea un dialogo nuovo, che fa entrare ancor meglio lo spettatore nel limbo in cui si trovano i personaggi. La complessità dei temi, in contrapposizione con la semplicità del testo, costruiscono uno spettacolo a due velocità, spiazzante: seppur delicato è provocatorio. Alcuni sono usciti storditi, altri indifferenti, altri ancora commossi, colmi di tenerezza, delicatezza, ma anche malinconia e tristezza, altri accanto a noi dopo 10 minuti sono andati via. Eppure quella lentezza, quella non comprensione, quell’incedere mediato, ci ha trasportati Altrove, come una cantilena spirituale e sacra.

AMORE ci dice che arriva per tutti un certo momento della propria esistenza, e potrebbe essere uno qualsiasi, non solo l’ultimo giorno che prelude la morte e l’oblio, nel quale tutto cambia, rallenta e non è più come prima. In questa trama la realtà è il filo conduttore, per entrambi le coppie, i gesti quotidiani hanno un impatto forte, a volte dolce, a volte fastidioso. Non si vorrebbe vedere la realtà così come è, eppure è così. I personaggi-anime sono l’intimo stesso, quasi la spiritualità stessa. Sono l’amore quello più profondo, l’essenza dell’amore. Scimone e Sframeli infatti ci mostrano con questo spettacolo che davanti alla fine della vita siamo tutti uguali e tutti vulnerabili. È uno spettacolo tenero e delicato come dovrebbe essere l’ Amore.

AMORE regala emozioni contrastanti al pubblico dove si sentono le risate ma anche pianti. Scimone e Sframeli con questa opera ci regalano una piccola finestra su un mondo ideale in cui l’essere umano non ha paura di amare il prossimo. Le quattro anime sono intrappolate in un limbo fatto di rimorsi che, pian piano, vengono fugati da una nuova consapevolezza: che una vita compiuta può considerarsi tale solo se vissuta senza paura…senza nessuna paura. Solo con questa consapevolezza le quattro anime riescono finalmente a giungere ad una catarsi in cui trovano pace e si dipartono dal limbo con un trapasso simboleggiato dal giacere immobili, felici, l’uno accanto all’altro sotto bianche lenzuola.

AMORE è il trionfo, mai patetico né didascalico, dell’idea stessa dell’Amore, che si ottiene con l’incontro/scontro/presa di posizione della tenerissima coppia di omosessuali, e con le rassicurazioni di lei a lui nel ricordagli che possiamo fare ancora quello che ci siamo dimenticati da giovani. Adesso, alla fine della vita, possono arrivare fino in fondo perché sono insieme, nell’Amore. E il silenzio, che è presenza viva sin dall’inizio, concluderà l’opera: Sotto il lenzuolo c’è solo silenzio.

In conclusione AMORE è uno spettacolo non banale, dove gli autori hanno sicuramente curato ogni dettaglio, cercando di toccare con delicatezza alcune corde dello spettatore. È uno spettacolo che crea dibattito, si può uscire dal teatro assolutamente indifferenti come profondamente commossi. Sicuramente si tratta di uno spettacolo dal messaggio forte, che vale la pena vedere e su cui vale la pena riflettere.

Amore, ci possiamo riscaldare fino in fondo, fino al silenzio”
Spegneremo tutte le fiamme insieme”
Amore, dammi un bacio sulla bocca come quando eravamo giovani”

Info:
AMORE
di Spiro Scimone
con Gianluca Cesale, Spiro Scimone, Francesco Sframeli, Giulia Weber
regia Francesco Sframeli
scena Lino Fiorito
disegno luci Beatrice Ficalbi
produzione Compagnia Scimone Sframeli in collaborazione con Théâtre Garonne Toulouse

Teatro Fabbricone
dal 9 al 12 novembre 2017

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