AMLETO, RICCARDO, EDIPO @ Teatro Magnolfi: Michele Sinisi invade i nostri sensi. Focus d’autore

Michele Sinisi, artista a cui la Fondazione Teatro Metastasio dedica il primo focus d’autore, con energia, originalità e una grande libertà creativa porta in scena al Magnolfi di Prato tre personaggi immortali: AMLETO, RICCARDO III/NOW! e il nuovo lavoro EDIPO. IL CORPO TRAGICO, produzioni Elsinor. La trilogia, con stile e linguaggio diversi, permette a Sinisi di indagare, grazie anche ad uno studio approfondito e pieno di riferimenti, l’essere umano, partendo da Shakespeare e Sofocle per arrivare alla propria personalissima poetica dei sensi e del corpo.

Focus d’autore: Michele Sinisi

Nonostante gli spettacoli non abbiano una connessione diretta tra loro, realizzati con anni di distanza e con tecniche diverse, averli potuti apprezzare in un’unica monografia dedicata all’autore, ci ha permesso di evidenziarne i tratti comuni, le interdipendenze tra questi tre archetipi dell’umano sentire, divenuti icone dello spettro di reazioni che l’uomo vive di fronte al dolore e alla passione: l’attesa e la follia, artefatta o reale; la rabbia e la vendetta spietata; la colpa e l’espiazione dei peccati, sul proprio corpo. Amleto, Riccardo e Edipo sono tre dolori, tre Marie che piangono le proprie croci, in un crescendo di supplizio e martirio delle proprie esistenze; tre Cristi senza croce, immolati alla causa della creatività dell’attore, vivo e vero sulla scena: It’s true, not false, grida assordante l’artista, che guardandoci in volto, sputa la propria verità al pubblico antistante. Michele Sinisi pur partendo dagli originali classici, ne trae spunto per riflessioni proprie e per la messa in scena di spettacoli diversi anche molto distanti dalla propria genesi.

Amleto

AMLETO è un monologo frammentato del testo originale, riassemblato caoticamente da Sinisi che interpreta oltre che il protagonista, anche tutti gli altri personaggi, rappresentati scenicamente da sette sedie bianche di legno che ingombrano la scena, e un vaso di fiori, lo spettro del padre. Col volto bianco incorniciato da un cappello piumato, e indosso un abito di velluto nero di fine fattezza, con chiari richiami dell’epoca shakespeariana, Sinisi-Amleto si aggira nel cerchio di sedie, come un animale in gabbia, folle, pazzo, costretto a ripetere sempre le stesse battute eterne. Ascolta le sedie, accostandosi a ciascuna e, di volta in volta, dando ad esse voce e vita, ne svela l’identità mostrando sul dorso il nome: Ofelia, Laerte, Re Claudio, Regina, Polonio, Attore. Una sola sedia resta senza nome, forse la propria, forse quella del pubblico di Amleto, o forse del compagno e unico superstite della tragedia, Orazio. L’Amleto di Sinisi è allo stesso tempo personaggio e attore, che rigurgita le parole dei protagonisti così come gli sovvengono alla mente, in un soliloquio delirante, la cui logica resta avvolta nel mistero della mente frammentata di un personaggio folle. Il testo, seppur scombinato, resta fedele all’originale – anche con dei cambiamenti interessanti di senso: come quando la morte di Ofelia è descritta, anziché dalla Regina, dallo stesso Amleto, al tempo futuro, dopo averle urlato più volte Va in convento, come se egli sapesse benissimo la fine che la ragazza avrebbe fatto, Va in Convento grida ancora, come l’ordine ad un cane, l’imperativo di un addestratore svogliato. Amleto è stanco di se stesso, le parole sono macinate dalla memoria, ma resta un eroe tragico moderno, in crisi con se stesso, con il proprio agire, incapace di elaborare, se non con la fuga, il proprio dolore, la perdita, il disorientamento dell’individuo. Una ad una le sedie cadono, periscono, adornate di un crisantemo funebre ciascuna, nella corretta successioni di morti che circondano la vita di Amleto: Buonanotte madre, conclude, di fronte alla sedia capovolta della Regina, ultimo saluto al legame che ancora lo teneva in vita.

Riccardo III

In RICCARDO III/NOW! la scena è occupata da un tavolo di metallo, usato come lavagna o tavolo operatorio da macellaio, grondante sangue e dolore. Il personaggio distorto e sinistro dell’ultimo degli York è un teppista di strada, scarpe da ginnastica e pantaloni a vita bassa, cappellino di lana e grandi cuffie antirumore da operaio, armato di pennarello e spray rosso imbratta la lastra metallica di scritte, nomi di morti ammazzati dallo stesso protagonista, frasi del testo, disegni con una maschera stensil e riflessioni dello stesso artista. Ogni volta il rosso delle parole è lavato via con una benda imbevuta di alcool, abbondante, spruzzato a profusione fino ad intasare l’aria della sala. Il testo recitato in un inglese dall’evidente accento pugliese è il prologo dell’opera. Now! più volte ripetuto come un mantra, è un tentativo mancato di esistenza, talvolta del personaggio, talvolta dello stesso attore: non più il perfido Duca di Gloucester assetato di potere, ma un povero sbandato, rabbioso, tra i rumori di una stazione che lo ignora, che lo deride, un uomo deforme a cui non resta altro che lanciare le scarpe contro il mondo, come armi ammaccate. Now! Ora, il tempo dell’azione, diventa una nenia di sottofondo, talvolta irricevibile per il pubblico, un’ombra rabbiosa scagliata con violenza e rumore sulla parete metallica: sonoro invadente di tutta la messa in scena. Sinisi si muove con energia sul palco impegnato a spiegare e mostrare il senso delle parole inglesi con gesti ampi, suoni, mimi, quasi una parodia. Now! ripete al microfono spento sul l’angolo destro del palco, in una frenesia di azione in netto contrasto con l’apatia svogliata che aveva caratterizzato la stanco delirio del precedente Amleto. Questo Riccardo si sposta da una parte all’altra senza mai mancare di battere il tavolo di metallo, di inondarlo di liquido, di farlo grondare del sangue degli innocenti, accompagnato dal pianto meccanico di bambini: how do you kill children? Ed ecco giungere il monito dalla suoneria di un cellulare, passato all’attore dalla platea: This is true, not false, incalza ossessivamente rivolto al pubblico Sinisi. Cosa è la verità che cerca di gettarci in faccia? A volto coperto da una sciarpa, come uno street writer clandestino, crea con lo spray rosso la silhouette di Marilyn Monroe, una rivisitata Lady Anne, per poi prenderla a cinghiate, frustata con violenza cieca sulle note spensierate anni sessanta, caustiche e atroci, di Be my Baby. Ci congeda con il suono sordo delle parole originali: The one against the other.

Edipo. Il corpo tragico

Sono testi immortali, magnifici, capaci di coinvolgere anche se distrutti, recitati a sedie vuote, imbrattati di vernice e annaffiati di alcool.

La successione delle performance è un crescendo di emozioni e delirio, come se l’artista avesse voluto testare le capacità sensoriali del proprio pubblico, verificare che fosse pronto alla resa finale incarnata in EDIPO. IL CORPO TRAGICO.

AMLETO gioca con gli effetti uditivi: l’inizio è pervaso da un ronzio di sottofondo di cicale in un bosco, provenienti da un registratore; il testo è snocciolato con velocità, oppure ovattato dentro al vaso di fiori, quando è lo spettro a parlare; le parole sono spesso mangiate dall’attore sul palco, per far tendere l’orecchio allo spettatore, per poi colpirlo con lo sbattere delle sedie ad ogni morte, ad ogni caduta sul campo della vita. Il suono invade anche il pubblico in RICCARDO III/NOW!: lo sbattere del tavolo sul pavimento ogni volta che lo sposta o gli cambia posizione, lo stridere del pennarello rosso sul metallo, i lanci delle scarpe contro il tavolo, i colpi ripetuti del panno carico d’alcool; infine il testo, ossessivo nella ripetizione delle parole, straziato nella voce deformata dell’attore in ogni tonalità, fino al falsetto. E si aggiunge con violenza il senso dell’olfatto: fortissimi i miasmi dell’alcool, della pittura spray, perfino il fumo della sigaretta per creare le nuvole che incombono: all the clouds that lour’d upon our house. Il pubblico è sempre più presente e coinvolto in questa ascesa sensoriale: ancora in buio nell’Amleto, resta in luce nel Riccardo III, fino a diventare parte della scena stessa nell’ultimo lavoro. Ed è in EDIPO che sperimentiamo tutti i nostri sensi su più livelli.

La sala stretta in cui ci accoglie Michele Sinisi, adiacente al teatro Magnolfi, è illuminata da due file parallele di freddi neon, la luce pervade l’intero spazio scenico dentro al quale trova spazio anche la platea. Rumori di sottofondo di una stazione anche stavolta si diffondono e un altoparlate ad intervalli regolari ripete Mind the gap: avvertenza, monito, attenzione al vuoto, all’abisso che ci attende. Tre pareti di cellofan leggero costeggiano i muri della stanza, sul fondo si intravede uno scaleo aperto, da cui pende una catena di ferro; a destra una consolle audio e un display a led con le scritte rosse che accompagneranno la messa in scena e che ne sono una didascalia indispensabile; a sinistra seduto su una sedia lo scenografo Federico Biancalani, in divisa da capotreno o guardia carceraria, sovrintende a tutto lo spettacolo. In effetti compiamo un viaggio: una esplorazione a ritroso nella storia di Edipo, personaggio incarcerato nel proprio inesorabile destino: “Edipo, anatomia del tragico. Il personaggio è svincolato dalla stessa storia che lo ha generato. La tragedia è totalmente scritta sul suo corpo”.

L’attore si presenta col volto coperto da una maschera esangue, che gli impedisce anche di parlare, con gli occhi gonfi infilzati dagli spilli della colpa che lui stesso si è conficcato accecandosi. Iniziamo dalla morte, dal finale tragico dell’antieroe: 5.Finale. Cecità. Il gesto di accecarsi è compiuto al contrario: si strappa gli occhi dalla maschera e il secondino lo sottopone ad una visita neurologica per testare i riflessi, la capacità di sentire i propri sensi. Il pubblico in silenzio osserva ogni passaggio: Sinisi si toglie una scarpa da ginnastica (azione questa che si ripete negli spettacoli) e gli viene applicato un tutore metallico alla gamba destra appoggiato ad una cavigliera: strumento di tortura e mezzo per spruzzare liquido purulento sui teli di plastica, rosso, giallo, verde – sangue, pus, vomito – mentre udiamo note registrazioni di episodi infami della nostra storia recente: i funerali della strage di Capaci, il naufragio della Costa Concordia e le risate al telefono dopo il terremoto de L’Aquila. L’attore rischia di scivolare sul liquido marcio ogni volta che si sposta sul palco. Mind the gap: Edipo, espiazione della colpa incolpevole, Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, scivola, cade, muore nel buco delle colpe umane.

E adesso è chiaro quel This is true, not false di Riccardo; diventano carne e ossa i fantasmi di Amleto, le sedie vuote si popolano dei martiri: Edipo-Riccardo-Amleto si toglie dal volto ancora una sottile maschera e si ha come l’impressione che potrebbe andare avanti all’infinito per scoprire che sotto non c’è niente. Aletheia (á¼€λήθεια) verità, svelamento. Il pubblico, giudice e carnefice, assiste impotente e colpevole, alla rivelazione passando per i capitoli restanti: 4.Contaminazione, 3.Incesto, 2.Parricidio e 1.Soluzione. Ciascuno indagato attraverso i sensi e scritto sul corpo dell’attore, vittima epifanica a favore del pubblico, strumento per la coscienza come la crudeltà a cui si riferiva Antonin Artaud, nell’accezione di necessità implacabile di vita che squarcia le tenebre, quel dolore senza la cui ineluttabile necessità la vita non potrebbe sussistere. Il teatro antico è qui nella sua ritualità sacra, funzione pubblica, in dialogo con la realtà politica e giuridica del nostro tempo, come sentiamo dire a Simone Faloppa, grecista che dà un importante contributo al senso del tragico, attraverso una lezione i cui contenuti sono parzialmente riportati in scena durante la performance.

Solo adesso, ad oltre metà dello spettacolo, udiamo la voce di Sinisi che in dialetto pugliese stretto, recita il monologo di Edipo Re, il cui testo in italiano scorre sul display. Un ritorno alle origini, una lingua primitiva, un legame con la propria storia personale, il tabù è uno specchio sincero, fino al punto in cui Edipo-Sinisi telefona alla madre col cellulare per avere conferma di essere suo figlio. Risolve così in modo ironico e inaspettato il terzo capitolo Incesto: con in sottofondo l’incalzare di un audio da film porno si masturba mentre vediamo la divertente scritta Non ditelo a mia madre.

Amleto/Riccardo/Edipo

Se l’odore di alcool di Riccardo III violenta le narici del pubblico, il parricidio di Edipo è inondato dal profumo d’incenso, che il controllore del viaggio sparge dapprima col proprio turibolo, poi direttamente con il compressore ad aria a raggiungere tutta la platea. L’odore è un richiamo liturgico, un senso di mortetutta fumo d’incensi è la città: tutta preghiere e pianti – mentre Edipo fa a pezzi il padre, una maschera di gesso, calco del silicone che indossava all’inizio, i cui frammenti di creta raggiungono gli spettatori: episodio pulp alla Tarantino, come la testa del manichino fatta saltare in aria sulla cima dello scaleo.

Ma è nel finale che la violenza sensoriale raggiunge il culmine. Sinisi porta finalmente sulla scena le parole di Edipo di fronte all’Agorà, che siamo noi pubblico. Presto giovani, alzatevi, riprendete i vostri rami di supplici e pare rivolgersi direttamente a noi spettatori invitandoci ad abbandonare quella visione straziante: Sinisi-Edipo-Cristo si fa appendere nudo per i piedi, così come il padre Laio lo aveva abbandonato, esposto alla fiere della foresta, bambino, trafitto alle caviglie. Giunge al sacrificio di sé, capro espiatorio, animale immolato sull’altare. Se Dio vuole avremo fortuna e trionferemo oppure cadremo sconfitti. È la sconfitta, piena, ultima e inesorabile che attende l’uomo-anthropos prima della parola fine.

«Now is the winter of our discontent / Made glorious summer by this sun of York»

FOCUS D’AUTORE: MICHELE SINISI

AMLETO
di e con Michele Sinisi
costume Luigi Spezzacatene
suoni Claudio Kougla
aiuto regia Marcella Nocera
produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale/Progetto Farsa
in coproduzione con Festival Castel dei Mondi
sostegno alla produzione Pontedera Teatro – FestTeatro – Armunia Festival Piccolo Osservatorio Universale Garzia

RICCARDO III/NOW!
da William Shakespeare
di e con Michele Sinisi
scritto con Francesco M. Asselta
produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale

EDIPO. IL CORPO TRAGICO
di e con Michele Sinisi
scenografo in scena Federico Biancalani
collaborazione alla scrittura scenica Francesco Maria Asselta
voce registrata Simone Faloppa
aiuto regia Nicolò Valandro
progetto Farsa
produzione Elsinor Centro di produzione teatrale / Festival Colline Torinesi –TPE
sostegno alla produzione MAT, laboratorio urbano, Terlizzi (BA)

Teatro Magnolfi
1-2-3 novembre 2019
Monografia

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