Al Teatro Studio Mila Pieralli di Scandicci in scena ALAN E IL MARE scritto e diretto da Giuliano Scarpinato, giovane regista palermitano, autore nella scorsa stagione di FA’AFAFINE Mi chiamo Alex e sono un Dinosauro teatro ragazzi sulla disforia di genere, sempre capace di parlare a spettatori di tutte le età. Una produzione CSS Teatro Stabile di Innovazione del FVG e Accademia Perduta Romagna Teatri, portato a Firenze da Teatro della Toscana. In sala molti bambini accompagnati dai genitori e perfino un gruppo di scout.
a cura di Giulio Meoni
Lo spettacolo parte dal tragico episodio della morte del piccolo Alan Kurdi, il suo corpo venne rinvenuto sulla spiaggia di Bodrum, Turchia, nel settembre del 2015 dopo essere annegato in mare mentre cercava di raggiungere l’isola di Kos, Grecia, assieme al padre Abdullah e ad altri profughi in fuga dalla guerra in Siria. Nilüfer Demir, giornalista turca, è l’autrice della foto ritraente il corpo del bambino riverso sulla spiaggia, foto che ha immediatamente fatto il giro del mondo e ha scosso ognuno di noi, anche Giuliano Scarpinato. Nasce in lui la necessità e la volontà di parlare ai più giovani tramite il Teatro di questa tragedia che affligge tantissimi loro coetanei. Ma come si può raccontare una storia così truce senza traumatizzare il giovane pubblico? Con la favola.
ALAN E IL MARE è una favola moderna che parla del rapporto tra un padre ed un figlio, della morte e della perdita. Se ci pensiamo bene questi temi non stonano affatto con la concezione di favola, anzi nelle fiabe sono spesso presenti, basti pensare a quelle dei Fratelli Grimm oppure a quelle della tradizione africana. Sono molti gli aspetti che riferiscono al mondo di oggi e con i quali i ragazzi possono più facilmente confrontarsi: uno tra tutti è il viaggio che i due protagonisti compiono per arrivare al mare, un vero e proprio videogioco che si svolge sul palco. I due giocatori si muovono per tutta la scena mentre sulla scenografia di fondo, una sorta di enorme specchio in frantumi, vengono proiettate le ambientazioni di gioco, i vari nemici, i potenziamenti del personaggio ed anche le ricariche per la vita, il tutto con in sottofondo la celeberrima musica di Super Mario.
In questa fiaba Alan non muore ma subisce una pescificazione: diventa una creatura del mare e fa amicizia con tutti i suoi fantastici abitanti, il pesce-farfalla e il pesce-baciù, un pesce che fa luce come un’abat-jour. Questa trasformazione divide padre e figlio, quest’ultimo ormai appartenente al mondo marino. La divisione dei due mondi è resa in maniera egregia grazie alla scenografia. Abdullah sulla terra, nel mondo di qua, mentre Alan nel mare, il mondo di là; riusciamo ad intravederlo oltre il vetro/specchio della scenografia, ma vediamo solo un’immagine sfocata, immersa nelle profondità del mare e riconoscibile solo per la sua maglietta rossa. La disperazione del padre lo spinge a parlare con la moglie, che però è già morta prima della partenza ed è presente in scena come proiezione, la quale lo sprona ad andare a cercare il piccolo, a seguire il suo richiamo. Abdullah quindi si reca sulla spiaggia, con un sacchetto di plastica e della sabbia compie una specie di rituale e riesce a evocare il figlio potendolo così abbracciare di nuovo e passare del tempo con lui. Tempo però molto breve, il mare infatti richiama a sé il piccolo poiché lui non appartiene più al mondo della terra. In questi brevi momenti in cui sono ricongiunti Abdullah porta Alan in un viaggio immaginario in giro per l’Europa, luoghi che avrebbero dovuto vedere insieme se la sua vita non fosse stata reclamata dal mare, per citare Francesco Guccini: “..una vita spezzata, tutta una vita da immaginare…”. “La Foule” di Edith Piaf ci porta immediatamente a Parigi, mentre “Volare” di Modugno ci porta a vedere il Colosseo a Roma, il tutto arricchito dallo straordinario e puntualissimo video mapping di Daniele Salaris. In questi brevi incontri Alan presenta molte difficoltà fisiche e non parla poiché non è più abituato alla vita sulla terra, sembra che la conformazione del suo apparato scheletrico sia mutata; i suoi movimenti, curati da Gaia Clotilde Chernetich, ci ricordano quelli di un pesce quando viene pescato e lasciato fuori dall’acqua. Al padre però questi brevi incontri non bastano, decide dunque di andare lui stesso nel mare: “Vado a vedere com’è, magari è più bello di qui”. La discesa nel mare, nell’altro mondo, ha molteplici riferimenti: da Pinocchio, dove Geppetto si addentra in mare per cercare il figlio, fino al mito di Orfeo ed Euridice dove Orfeo scende nelle profondità dell’Ade per incontrare la sua amata. Abdullah, nell’emozionantissimo finale che ci ha strappato anche una lacrima, riesce ad entrare nel mondo di Alan e vorrebbe restare lì per sempre insieme al suo bambino speciale ma Alan con tenerezza gli dice: “Non puoi, non è questo il tuo posto [..] quando vuoi stare un po’ con me alza gli occhi e guarda il cielo [..] ci sono le nostre quattro stelle, ci siamo noi”.
Una menzione speciale va ai due attori: Federico Brugnone e Michele Degirolamo. Brugnone interpreta alla perfezione tutte le ansie e le paure di un padre prima di intraprendere un viaggio del genere; tutta la rabbia e la disperazione di chi vede morire il proprio figlio e si domanda: “Perché io sono ancora vivo?”. Con gli occhi di Brugnone vediamo anche il freddo ed apatico meccanismo dei centri di identificazione per migranti, dove la persona non è un essere umano ma solo un numero. Documenti infiniti in una lingua sconosciuta, regole alle quali attenersi, domande alle quali rispondere, file interminabili, impronte digitali. Un altro aspetto che viviamo tramite il padre è la schiacciante pressione dei media, rappresentati da dei microfoni; Abdullah viene letteralmente schiacciato a terra, a poco a poco, sotto il peso delle domande dei giornalisti che non tengono di nessun conto il dolore di un padre. Degirolamo si conferma nuovamente perfetto in questa parte. I suoi movimenti, il timbro della voce, la cadenza, sono perfettamente riconducibili a quelli di un ragazzino e lo sforzo d’immaginazione che lo spettatore deve fare è davvero minimo. L’aspetto che ci ha colpiti di più della sua interpretazione è stata la forza e l’energia con la quale ha portato in scena il suo personaggio; la voglia di vivere e le energie che i bambini ed i ragazzi mettono in tutto ciò che amano, che li interessa e appassiona sono nettamente superiori a quelle di un adulto e Degirolamo l’ha reso in maniera eccellente.
ALAN E IL MARE è una favola che parte dalla guerra ma che della guerra non parla, si vedono solo alcune immagini all’inizio dello spettacolo. Questo aspetto è stato criticato da alcuni dicendo che non si è voluto rischiare troppo. Noi crediamo invece che sia stata una scelta giusta. Quando sentiamo parlare di guerra ci sembra un argomento così distante da noi che ormai non ci facciamo più muovere emotivamente. I telegiornali parlano quotidianamente di tragedie di questo tipo, di morte, di sofferenza e ne parlano da lungo tempo. Ci siamo assuefatti al dolore e ci sembrerebbe strano se domani il telegiornale non comunicasse nessuna notizia su una guerra o una tragedia in generale. Per questo motivo crediamo che non incentrare lo spettacolo sul tema della guerra ci abbia costretti a non relegare l’accaduto nella categoria: Vabbè c’è la guerra, sono cose che succedono; anzi al contrario ci abbia aiutato a sentirci più vicini ad Alan ed a suo padre. L’assuefazione al dolore allevia il peso che il dolore ha su di noi ma compie anche un’altra azione: lentamente sbiadisce la memoria ed un fatto accaduto nemmeno tre anni fa oggi ci sembra lontanissimo nel tempo. In quanti si ricorderebbero di Alan non avendo visto questo spettacolo? La cosa peggiore che potremmo fare nei confronti del piccolo Alan, di Abdullah e di tutti coloro i quali hanno una storia simile ma dei quali non conosciamo nemmeno i nomi è dimenticarci di loro; se così fosse avremmo davvero fallito come società.
Il mare in questo spettacolo è anch’esso un protagonista. Nella nostra cultura ha sempre avuto un aspetto dicotomico: il mare crudele e capriccioso personificato in Poseidone che prendeva ciò che voleva ed affondava le navi; ed il mare come ponte verso nuove possibilità, una nuova vita, una vita migliore. Per l’Alan di questo spettacolo è stato così, è stato l’inizio di una nuova vita in un posto magnifico e bellissimo pieno di cose straordinarie e di tanti amici, ci auguriamo che sia stato lo stesso anche per il vero Alan Kurdi.
Info:
ALAN E IL MARE
testo e regia Giuliano Scarpinato
assistente alla drammaturgia Gioia Salvatori
con Federico Brugnone e Michele Degirolamo
in video Elena Aimone
scene Diana Ciufo
videoproiezioni Daniele Salaris
luci Danilo Facco
movimenti scenici Gaia Clotilde Chernetich
costumi Giuliano Scarpinato
progetto grafico Rooy Charlie Lana
produzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG e Accademia Perduta Romagna Teatri
foto di scena Giovanni Chiarot
Teatro Studio Mila Pieralli di Scandicci, Firenze
14 Aprile 2014