Dopo Londra, AFTER THE END approda felicemente a Roma, ospitato nella splendida cornice del teatro Brancaccino. Lo spettacolo, nato dalla brillante mente di Dennis Kelly e tradotto da Monica Nappo, ha visto la sua prima romana per la regia di Marco Simon Puccioni e l’interpretazione di Miriam Galanti e Federico Rosati, produzione Inthefilm.
Miriam Galanti e Federico Rosati in AFTER THE END, ottima presenza scenica
All’apertura delle tende rosse del Brancaccino si è subito rapiti dalla potenza dell’immagine che avvolge l’intero palco. La scenografia è superba, così come la presenza scenica dei due attori. Fermi sul palco, ancor prima di dare la battuta iniziale, dialogano senza parlare: comunicano con lo sguardo e la postura tutta la forza del loro personaggio, forza che, a breve, sarà restituita senza sconti.
Miriam Galanti e Federico Rosati, in scena, rispettivamente, come Louise e Mark, si trovano in un bunker sotterraneo, ambiente che, la scenografia restituisce brillantemente. E se l’idea, in linea con spettacolo, era quella di ricreare un ambiente che, in un solo termine, potrebbe essere descritto come “blindato”, il risultato è stato pienamente raggiunto. Tutto, sul palco, dà l’idea di chiuso, di impenetrabile, di lontano: l’alluminio, le riserve di cibo che sembrano sempre troppo poche, il letto a castello che divide e non unisce, una scala di ferro che conduce verso un “sopra” che non riusciamo né a vedere, né a percepire.
AFTER THE END: claustrofobia dei rapporti e dell'ambiente
La claustrofobia dell’ambiente si riflette sui rapporti umani, in quelli esistenti tra i due e, si presuppone dai loro racconti, tra loro e i rispettivi conoscenti. La solitudine a cui sono costretti o si costringono Mark e Louise è sia subita, che ricercata. Si percepisce un claustrofobico terrore di rimanere da soli con se stessi e, allo stesso tempo, una disperata ricerca dello stesso.
Lo spettacolo è chiaro e non per questo banale. I dialoghi, razionalmente organizzati, non giocano con l’intelletto dello spettatore, non lo portano fuori strada: creano interrogativi e stimolano riflessioni, ma non lo disorientano mai. Le parole, cariche di significato, arrivano dritte dove devono arrivare, senza passare per vie traverse. Il senso possibile è soltanto uno e ha una potenza che cattura mente e corpo. Come quelli dei protagonisti, soggiogati consapevolmente, dall’altro e da sé.
“Se hai il potere hai la responsabilità di usarlo”, dicono. E il potere, se ha le fattezze di una spada a doppia punta, colpisce tutti, senza distinzioni, ma con uguali dolori. La spada è, indistintamente, nelle mani della vittima e del carnefice.
AFTER THE END: una trama psicologica senza via d'uscita
I due si trovano nel bunker perché lui sostiene che fuori, nel mondo reale, sia scoppiata una bomba atomica. La verità è che il mondo reale è quello in cui si crede, è quello che, più o meno consapevolmente, si decide di vivere. Il mondo reale, quindi, è anche quello del bunker. “Non riesco a trovare la strada perché tutte le strade, intorno a me, sono scomparse” dice Mark, non a caso, in prima battuta. Lo spettacolo pone un punto a una trama psicologica senza via d’uscita, come a dire che è impossibile sfuggire ai propri demoni una volta che li si è conosciuti. Allo stesso tempo non è impossibile, questo è assodato.
Il pubblico della prima al Brancaccino ha salutato gli attori e parte della troupe, salita con loro sul palco, con un fiume di applausi. Meritati. E molto. Uno spettacolo lungo, introspettivo e di difficile interpretazione, il cui impegno è doveroso ripagare. La coppia Galanti-Rosati è perfettamente riuscita. I personaggi, assolutamente catturati, crescono lungo lo spettacolo e riflettono pienamente le complesse dinamiche psicologiche di cui si sono fatti interpreti. A ciò si aggiunge un buon ritmo e una magistrale modulazione della voce. La commozione di Miriam Galanti, al momento dei saluti, si fa sigillo dell’ottimo lavoro, personale e di squadra.
Teatro Brancaccino
12 |22 dicembre 2019
Miriam Galanti, Federico Rosati
AFTER THE END
di Dennis Kelly
regia di Marco Simon Puccioni
produzione Inthelfilm