Fino al 26 novembre nello splendido spazio dell’OFF/OFF Theatre viene messo in scena “A PORTE CHIUSE”, produzione dei Teatri di Vita, Akròama T.L.S.. Ispirato all’originale drammaturgia di Jean Paul Sartre “HUIS CLOS” del 1944 con Gianluca Enria, Teresa Ludovico, Francesca Mazza e con Leonardo Bianconi.
. Gufetto aveva recensito già lo spettacolo in occasione di Vie Festival a Bologna.
La trama è fedele all’opera di Sartre, dove ci sono tre personaggi principali, un uomo e due donne, più un valletto dell’inferno. Un inferno distante dall’immaginario cattolico fatto di fiamme, mostruosi demoni e torture. Distante anche dai gironi danteschi. L’inferno di A PORTE CHIUSE ha le sembianze di un elegante salottino con un letto stile Secondo Impero (elementi mantenuti, ma qui evocati da un unico elemento stilizzato).
Il primo ad approdare in questo luogo è Giuseppe (Garcin nell’originale), uomo pavido e confuso, reo di aver ucciso la moglie. Ad accompagnarlo un valletto reticente nel dare indicazioni e che scompare, pur rimanendo lì sulla scena. La solitudine di Giuseppe dura poco perché arrivano due donne, ovviamente anch’esse dannate. La prima è Diana (Inès), un’interprete italiana che ha abbracciato la fede musulmana per sposare il marito egiziano; marito che ha tradito con un giovane ricercatore italiano (si scoprirà essere poi Giulio Regeni). La seconda è Monica (Estelle), malavitosa di origine rom che si autodefinisce “Padrona di Roma”, condannata all’inferno per infanticidio. I tre si trovano reclusi in una stanza, senza specchi e senza finestre, con la luce perennemente accesa, privati dei ritmi di giorno e notte. In questo inferno, mentre attendono che arrivi qualcuno a torturarli per l’eternità, possono ancora assistere agli avvenimenti che li riguardano sulla terra. Con il trascorrere del tempo, capiscono che nessuno verrà a tormentarli e che saranno loro stessi a torturarsi a vicenda, non solo con la propria presenza, ma facendo domande gli uni agli altri sulla loro vita terrena, commentando i delitti, la miseria e le vane passioni. In questa sevizia reciproca solo Giuseppe tenta di scappare, perché le porte della stanza sono sempre rimaste aperte, ma poi si rende conto di essere condannato, come lo sono Diana e Monica, a restare tutti e tre assieme in quell’inferno, intrappolati nella rete relazionale che hanno instaurato.
La scenografia è moderna ed astratta. Tutta la stanza è ricreata da tendaggi bianchi (che fungono anche da schermi per le immagini della “vita terrena” che procede dopo la morte dei protagonisti) ed il letto, unico e centrale elemento, è costituito da un enorme ed alto cubo drappeggiato da un telo nero. Efficace la scelta dei tre cuscini dei personaggi con le federe verde, bianca e rossa, un ovvio richiamo alla bandiera italiana. Il regista Andrea Adriatico ha italianizzato i personaggi, li ha portati in scena rimodellandoli per poter parlare di casi di cronaca nostrani, come il caso Regeni sopracitato, oppure come i funerali dei Casamonica. Questa rivisitazione è la giusta ventata di contemporaneità per riproporre un testo ancora attuale, filosofico e profondo. La scelta di alterare attraverso un microfono la voce in falsetto del Valletto rendendola sintetica è superba, giacché si differenzia dalle voci umane dei protagonisti e la rende sovrannaturale. La selezione dei video e delle foto proiettate sulle tre pareti è mirabile e denota gusto artistico oltre alla logica di mostrare non solo gli elementi di cronaca, ma di far parlare per essi il palcoscenico stesso. L’inferno di Adriatico resta quindi un inferno sartriano, ma in chiave mediatica e tecnologica.
Gli attori sono eccellenti. Interpretano i ruoli con doti di altissimo livello, regalando al teatro una strepitosa perfomance e una tenace interpretazione, visto che tutto lo spettacolo viene recitato sopra il materasso del letto-cubo, dove faticano a stare in piedi, tanto da rendere più energica la recitazione fisica, dando ulteriore corpo alle splendide ed immortali battute scritte da Sartre. Gianluca Enria dà tutto se stesso nel ruolo di Giuseppe sfoderando al pari delle colleghe l’alta levatura attoriale che lo contraddistingue. Ammirevole Teresa Ludovico che ridipinge la provocatrice e lungimirante Inés calandosi nei panni di Diana e portando sul palco la donna che rivoluziona la sua vita accecata dai sentimenti d’amore, nel bene e nel male, ma ben consapevole della sua condizione. La sensualissima Francesca Mazza irrompe sulla scena con un verace dinamismo. La sua Monica è carnale e crudele. Gioca con le forme del suo corpo per espandere l’erotismo del personaggio. Tutti e tre perfettamente accordati, posseggono una incantevole dizione e una gradevole presenza scenica dando vita ad un trio ben amalgamato e in sintonia. Buffa, simpatica e molto coreografia la recitazione del giovane Leonardo Bianconi nel ruolo del Valletto infernale che porta in scena una nuova idea di diavolo, saltellante e per nulla spaventoso grazie a movimenti precisi e alla mimica del volto.
I costumi caratterizzano la personalità dei ruoli: il chador per Diana con la lunga e coprente veste nera nel rispetto della religione musulmana, il completo scuro e sobrio per Giuseppe, l’abitino verde acqua con una vertiginosa scollatura per la procace Monica. Curiosa e irriverente la versione del Valletto con ali piumate nere, culottes in lattice nero e scarpe da ballerino di danza classica.
Lo spettacolo è sorprendente, sia per il lavoro svolto dal cast artistico, sia per il grandioso testo di Jean Paul Sartre. A PORTE CHIUSE è l’inferno al quale noi stessi ci condanniamo. Proprio da questa drammaturgia viene la forse più celebre frase di Sartre: “l'enfer, c'est les autres” ("L’inferno sono gli altri" n.d.t.). Gli altri diventano l’inferno quando i rapporti diventano malati, corrotti e intricati. Nella pièce l’inferno non ha specchi perché è il giudizio degli altri ad essere la vera immagine riflessa del nostro Io. “Siamo”, quindi esistiamo, solo attraverso lo sguardo dell’altro e la tortura più grande è essere sottoposti al giudizio degli altri. Diana scopre la codardia di Giuseppe, manipola i suoi “coinquilini” e i loro reciproci giudizi. Si rivela essere l’unica davvero consapevole della punizione che è stata inflitta loro e la sola che fin dall’inizio ammette le sue colpe e non permette agli altri di tenere nascoste le proprie. Giuseppe non scappa neppure quando scopre che le porte della stanza sono aperte e si infligge il martirio di restare con le due donne, in un ciclo continuo ed eterno di esposizione.
Siamo quindi tutti già all’inferno, quello di Sartre, in un’epoca dove commentare e giudicare è a portata di click, dove tutto è sovraesposto, tutto ingigantito, dove gli odiatori seriali della rete sono i nostri carcerieri. Le nostre porte sono aperte, basterebbe “sloggarsi” dalla rete per uscire, ma decidiamo di restare e di farci tormentare.
Info:
Dal 21 al 26 novembre 2017
A porte chiuse – Dentro l’anima che cuoce
uno spettacolo di Andrea Adriatico ispirato a Jean-Paul Sartre
drammaturgia di Andrea Adriatico e Stefano Casi
con Gianluca Enria, Teresa Ludovico, Francesca Mazza e con Leonardo Bianconi
con l’amichevole partecipazione di Angela Malfitano e Leonardo Ventura
Scene e costumi Andrea Barberini
tecnica Francesco Zanuccoli
una produzione Teatri di Vita, Akròama T.L.S.
con la collaborazione di Teatri di Bari
con il sostegno di Comune di Bologna – Settore Cultura, Regione Emilia-Romagna – Servizio Cultura, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
OFF/OFF THEATRE
Via Giulia, 20 – Roma – Info: +39 06.89239515 – +39 389.4679285 – offofftheatre.biglietteria@gmail.com
Costo Biglietti: intero 25 €; ridotto 18 € Over 65 e Under 26; 10 € per gruppi – info@altacademy,it
Dal martedì al sabato h. 21,00 – Domenica h. 17,00