Altro interessante appuntamento della dodicesima edizione di "Vie Festival" è il nuovo lavoro di Andrea Adriatico intitolato “A PORTE CHIUSE dentro l’anima che cuoce”. Spettacolo coraggioso che rilegge in versione moderna il classico del 1944, di Jean Paul Sartre “Huis Clos”.
Lo spettacolo rientra nel progetto “Atlante”, pensato per chi soffre di dolori al collo dati dal dover sostenere i dolori del mondo; dopo “BOLOGNA 900 E 2000” ambientato in uno spazio urbano, allestendo cioè tre spazi monumentali nel centro storico di Bologna, con a “A PORTE CHIUSE” si entra in uno spazio intimo, domestico, una stanza da letto con un grande letto stile impero.
Il silenzio della buia sala, che attende gli interpreti, viene interrotta solo da rari colpi di tosse di qualche spettatore; originale l’entrata in scena: Lucio Battisti, "Il mio canto libero" risuona sul palco, intervallato solo da piccoli spazi di luce, sui quali, uno alla volta, i tre personaggi vengono letteralmente catapultati in scena.
Il palco: una stanza semplice. Un cubo di luce in uno spazio vuoto e cupo, un grande letto, ed attorno pareti senza porta per uscire, senza specchi per guardare, né finestre per respirare. Una stanza claustrofobica, sotterranea, calda ed a calore crescente, un inferno, il loro inferno.
Questa stanza non rappresenta che l’aldilà, i tre personaggi un uomo e due donne aspettano di essere torturati in questo inferno ma ben presto si accorgono, scrutandosi l’uno con l’altro, conoscendosi ed indagandosi che la loro punizione non è altro che l’essere l’uno il carnefice dell’altro, in una convivenza forzata per il resto dell’eternità; si scoprono così essere specchi per le colpe degli altri, urlandosi in faccia scomode verità e, a mano a mano, si rivelano, scoprendo con una crescente sofferenza il motivo della loro dannazione.
“Siamo all’inferno non siamo diventati dannati per nulla” ed allora l’originale drammaturgia di Andrea Adriatico ci porta a reati della cronaca contemporanea. L’uomo, Giuseppe (Gianluca Enria) un agente pubblicitario, che appare distinto nel suo abito nero da professionista, risulta essere dannato per femminicidio. Avrebbe ucciso per gelosia la moglie e le figlie con il gas, mezzo attraverso il quale avrebbe poi ucciso anche se stesso. Diana (Teresa Ludovico), donna convertita all’islam, interprete di arabo, morta a causa delle botte e la violenza subita dal marito, coinvolta suo malgrado nelle sevizie e nelle torture di un giovane ricercatore italiano Giulio Regeni; ed infine Monica (Francesca Mazza) strozzina romana, assassina di sua figlia che lancia nel lago appena nata, coinvolta con mafia capitale, omaggiata, nonostante tutto, con un funerale maestoso: carrozza trascinata da cavalli e petali di rosa gettati da un elicottero.
L’interpretazione attoriale risulta nel complesso buona, personaggio più degno di nota risulta Monica, con una brillante Francesca Mazza che appare la più convincente.
Toccante lo spettacolo nel complesso, capace di suscitare riflessioni interessati ed indagatorie circa i quotidiani rapporti umani, in questo inferno globale che altro non è che il posto in cui viviamo ogni giorno.
Info:
uno spettacolo di Andrea Adriatico
ispirato a Jean-Paul Sartre
drammaturgia di Andrea Adriatico e Stefano Casi
con Gianluca Enria, Teresa Ludovico, Francesca Mazza
e con Leonardo Bianconi.