L’URAGANO @ Circolo Il Progresso: al Festival L’Eredità  delle donne l’uragano Caterina Paolinelli

Un’attrice, sola sul palco scarno, pochi oggetti, una sedia, un secchio, un mucchio di libri e un progetto di messa in scena, naufragato dietro le logiche improvvisate e faticose di chi il teatro cerca di renderlo la sua professione, irragionevole atto di fede e amore per l’arte, nonostante i tempi cosi “avari” di anima e di opportunità. Ma la protagonista non si arrende, vuole inscenare “L’Uragano” di Aleksandr Nicolaevic Ostrovskij, a costo di farlo da sola, condividendo con irresistibile ironia il travaglio interiore dell’attore nel suo viaggio a caccia della verità di un personaggio. Viaggio che lo porta a farsi strattonare dai mantra deliranti dei vari metodi d’immedesimazione, ispirare e confondere da colte letture, scioccare da esperienze sensoriali, forti come un secchio d’acqua gelata in testa, spiazzare da giochi di specchi e di sovrapposizione tra il sé individuale e il sé del personaggio.

Caterina Paolinelli ci immerge con istrionica energia nelle vicende di Katerina, eroina tragica del dramma di Ostrovskij, donna schiacciata da logiche antiche di colpa, subordinazione, repressione della sensualità e della libertà femminili, vittima dell’eterna doppia morale di tutti i tempi. Ma ai tormenti interiori della protagonista si somma lo scavo onesto e impietoso dell’attrice contemporanea che si misura col proprio personaggio da donna di oggi, divisa tra letture sulla trasformazione e sul risveglio femminile, buoni consigli ed esercizi di yoga per tutti gli usi ma ancora preda di sensi di colpa e di stereotipi duri a morire, in noi donne prima di tutto.

Anche alle donne piace il sesso vero?” si chiede, disarmante e disarmata, Caterina Paolinelli in scena, attraversando la storia della sua omonima ottocentesca, alle prese col tabù ancora intatto di liberare il desiderio. Quale desiderio poi? Di vivere a pieno l’amore? Il sesso? La propria parte selvaggia? Forse manifestare il proprio daimon, citando il Codice dell’anima di Hilmann, uno dei tanti libri consultati in scena, alla ricerca di una rotta possibile per comprendere il personaggio. La tentazione inconfessabile sembra, nei secoli, sempre la stessa: rischiare di essere semplicemente se stesse, cedere alla spinta cocente, immorale, pulsionale a volere ciò che si vuole, senza indossare sorrisi o tacchi alti per compiacere lo sguardo altrui, senza sentirsi per questo condannate al non-amore eterno, alla punizione di incontrare il discredito e il rifiuto tanto temuto.

L’eroina tragica, trascinata al suicidio dall’uragano sincronico dei sentimenti e degli elementi naturali, si trasforma sotto i nostri occhi nelle tante icone della storia delle donne, femministe, seduttrici, bionde in cerca del diritto all’anima e ad un cervello pensante, corpi esposti allo sguardo maschile, in attesa dell’autorizzazione a farsi amare così come sono e basta. Caterina Paolinelli, camaleontica e generosa, danza con autenticità tra i generi, commuovendoci, facendoci ridere, con autoironica disponibilità a mettersi a nudo nel corpo e nell’anima, come ogni vero attore, capace di rinunciare a sé pur di diventare il personaggio e, con lui, di diventare più che mai se stesso. Un monologo intelligente, ritmato, che meriterebbe un pubblico numeroso, per la capacità di lanciare spunti con leggerezza e acume. Un viaggio dentro un universo al femminile da tempo ormai attraversato da una riflessione profonda delle donne su loro stesse, sulla vittima e sul carnefice interiore, sulla possibilità di liberare l’amore, la fantasia, la vita, oltre i ruoli, oltre le profezie negative e il disincanto. Insieme agli uomini? Forse, chissà quando e con chi di loro vorrà fare altrettanto. Non a caso lo spettacolo chiude evocando dal mondo dell’infanzia e delle ombre, una figura maschile, nel ritmo ipnotico e un po’ macabro di una filastrocca popolare, una sorta di passaggio del testimone tra i mondi, tra i vivi e i morti, tra le due metà del cielo, a sostegno della scelta etica di dedicare la vita all’arte e al fare anima, nonostante la nostra era smagata e distratta.

In fondo, ricorda Serena Dandini, direttrice artistica del Festival fiorentino L’eredità delle donne, che ospita lo spettacolo, “le donne sono invisibili e spesso rimangono tali. Eppure le esponenti di quella che una volta veniva chiamata “l’altra metà del cielo” hanno fatto la storia” Raccontarne così  la storia permette di riportarle alla luce, rinnovate nello sguardo ironico, asciugato ogni vittimismo, di chi è pronto a nuovi inizi.

L’URAGANO
di e con Caterina Paolinelli
regia Matteo Cecchini

Circolo Culturale Il Progresso, Firenze
6 ottobre 2019

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