L’ULTIMO SPETTACOLO DI WERNER FINK @ Fringe Festival “ma di che cosa ride un nazista?”: la grande e pericolosa confusione contemporanea tra nazismo e “politically correct”

Il 21 e il 22 luglio, alla Sala Umberto, nel contesto del Roma Fringe Festival, è stato messo in scena lo spettacolo di Xhuliano Dule, con la partecipazione di Simone Corbisiero. L’opera, riguardante il comico Werner Fink, strizza non troppo velatamente l’occhio ai partigiani contro la cosiddetta “cancel culture” con dei parallelismi traballanti e poco solidi tra quest’ultima e la più sanguinaria dittatura del XIX secolo.

L’opera verte sulla figura del comico Werner Fink, scegliendo di presentarcelo in un momento di intimità e vulnerabilità: avvolto nel suo asciugamano subito dopo una doccia, mentre imposta lo spettacolo che porterà davanti agli alti ufficiali nazisti e ad Adolf Hitler; Fink decide di mettere in scena uno spettacolo di derisione nei confronti del potere e di riaffermare così la sua libertà, scelta che lo porterà al campo di concentramento di Dachau.

La libertà di non far ridere: drammaturgia di “Werner Fink”

Le luci sono spente e, nel buio, squilla un telefono; è con una chiamata da parte di Goebbels che si apre lo spettacolo, una conversazione che è, di fatto, l’annuncio di un processo e di una sentenza al contempo: il Werner Fink è chiamato ad esibirsi di fronte a quella che sarà la sua giuria, gli alti generali tedeschi, che decideranno o meno se la sua sia una comicità legittima nella Germania del 1936.
Nonostante il colloquio appena tenutosi, il nostro non sembra particolarmente turbato e sulla scena non si avverte nessuna tensione, anzi, nel suo monologo davanti allo specchio Fink rivendica la sua libertà di dire la parola “frocio” a suo piacimento, libertà che certo nella Germania del 1936 non gli era preclusa e che non lo è nemmeno nell’anno domini 2023, visto che, con buona pace di chi millanta l’esistenza della cancel culture, Xhuliano Dule e Simone Corbisiero continueranno a portare il loro spettacolo nelle sale e la conseguenza più funesta che subiranno sarà al massimo qualche recensione negativa, non certo un viaggio di sola andata per Dachau.

i parallelismi tra Cancel culture e nazismo

I parallelismi tra cancel culture e nazismo vengono fatti utilizzando un lessico di riferimento tanto cristallizzato e stantio da essere immediatamente riconoscibile, come l’intramontabile “non si può più dire niente” o l’altrettanto sempreverde “politicamente corretto”.
La libertà di dire qualsiasi cosa, per quanto offensiva o discriminatoria sia, viene paragonata a quella di poter sfottere il potere, mettendo sullo stesso piano minoranze discriminate e dittatori censori. Il risultato è uno spettacolo che risulta didascalico e pigro, talvolta grottesco, poco coeso: dopo la lunga e irrealistica lamentela di Fink di non potersela prendere a suo piacimento con le minoranze, si passa ex abrupto alla rappresentazione di quello che sarà lo spettacolo che il comico deciderà di mettere in scena davanti ai gerarchi: una parodia della genesi del male in un giovane e patetico Adolf rifiutato dall’Accademia di Belle Arti di Vienna; l’ultima scena ci catapulta direttamente alla sentenza: l’invio al campo di concentramento di Dachau.

“Werner Fink”: la scenografia

La scenografia risulta essenziale e abbastanza efficace; ogni strumento scenico assume una funzione diversa a seconda della scena rappresentata: lo specchio di cellophane alla sinistra del palco su cui si specchia Fink e davanti al quale tiene il suo monologo, sul quale ha disegnato un pene con la schiuma da barba, diventa poi nella scena successiva il quadro che il giovane Hitler porterà all’Accademia, con la bacinella con cui il comico si lava verrà poi simulata la pioggia che colpirà il futuro dittatore e lo renderà ridicolo e patetico di fronte ai suoi esaminatori, come anche i suoi baffetti simulati dalla schiuma da barba di Fink, estro dovuto alla morte improvvisa del suo fidato barbiere e alla rocambolesca corsa in ospedale che ne consegue.

Di XhulianoDule
Con la partecipazione di
Simone Corbisiero.

visto il 21.07.2023

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