QUESTA E’ CASA MIA @ Teatro India: la voce dell’Abruzzo, tra denuncia e tradizione

Si intitola QUESTA E’ CASA MIA, lo spettacolo andato in scena il 3 giugno al Teatro India di Roma, nell’ambito della sezione Teatro della rassegna Dominio Pubblico-la città agli under 25.

Il testo di Alessandro Blasioli, anche regista nonché unico  interprete della pièce, racconta agli spettatori in sala la storia di una delle tante famiglie aquilane rimaste prigioniere tra gli ingranaggi di una macchina statale che dalla notte tra il 5 e il 6 aprile 2009, ancora oggi fatica a restituire una vita normale a chi ha perso tutto tra le macerie.

Le crepe della terra diventano squarci nella vita degli sfollati, che tentano di relazionarsi con tutto quanto loro accade dopo il terremoto, vittime oltre che di un’impietosa natura di interventi istituzionali più di facciata che di sostanza. La famiglia Solfanelli diventa, così, la voce di chi si è trovato a fare i conti con il disagio di doversi adattare alle precarie soluzioni offerte ai residenti aquilani, in attesa di poter tornare nelle proprie case o, peggio ancora, vederle abbattere. Sul palco, Blasioli riempie la scena con energia, restituendo al pubblico, con ironia e senza concessioni al pietismo, l’essenza dell’Abruzzo, in un affresco vivace e folkloristico. Nell’attore s’incontrano il talento e la profonda  conoscenza delle tradizioni e peculiarità del territorio in cui è nato  e dei suoi abitanti.

Davanti allo spettatore sfila la lunga carrellata dei protagonisti di questa tragedia all’italiana, dove spesso la disperazione è costretta a cedere il posto al grottesco: cinici ingegneri, ipocrite receptionist, esaltati operatori della Protezione Civile, tutti interpretati dall’attore  mediante armonici cambi di registro. Un testo dal ritmo serrato, che unito alla brillante resa della recitazione di Blasioli ed alla sua presenza scenica, travolge lo spettatore catapultandolo tra le risa e la commozione, anche nei momenti in cui la narrazione si traduce in feroce e puntuale denuncia.

L’allestimento scenografico per buona parte della rappresentazione rimane scarno, componendosi unicamente di una sedia a far da cornice ad un racconto evocativo che si compone di tante storie, intrecciate all’esperienza della famiglia Solfanelli. Ma a rammentare l’odierno scenario aquilano vi sono, una volta illuminati, i classici presidi da cantiere, a simboleggiare la, ormai, perenne precarietà di una zona rossa abbandonata al suo naturale perimento. Sì, perché a otto anni dal terremoto, l’Aquila è ancora un avvicendarsi di strade vuote, case deserte e saracinesche abbassate.

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