Il 4 giugno, al Teatro India, durante la rassegna DOMINIO PUBBLICO, è andato in scena KOVA KOVA- LO SPIN OFF –spettacolo che prende le mosse dall’opera “Sterminio” di Werner Schwab, di cui rappresenta appunto uno “spin off” riadattato in chiave moderna da Valeria Belardelli, in scena con Arianna Pozzoli.
Ancora una volta torniamo a confrontarci con un testo ispirato, o meglio “derivato” dai “Drammi Fecali” dell’autore austriaco Schwab, sempre ad opera del Collettivo SCH (di cui la Pozzoli ha fatto parte), nato durante il laboratorio SCHLAB di Dante Antonelli che vinse lo scorso Fringe Festival 2015 con FAK FEK FIK (a sua volta una rielaborazione de “Le Presidentesse”, il primo atto dei “Drammi fecali”).
Trenta intensi minuti dove le due attrici danno il meglio di sé interpretando due ragazze, le figlie di quei genitori borghesi di “Sterminio”, trasportate nel presente (per riferimenti, lessico e atteggiamenti) senza perdere quella carica di ironia amara e tagliente del testo di Shwab, che si esplica qui in dialoghi acidi e corrosivi che le due, quasi due gemelle diverse ma unite in tutto, si scambiano in un susseguirsi di accuse e provocazioni, spintoni e ammiccamenti, rap improbabili e ripicche infantili.
Un testo accattivante, perché fulmineo, spietato nel realismo spiccato, nella ricostruzione pruriginosa dell'immagine di due giovani sinuose, ragazze e non ancora donne, confuse perchè al bilico dell'età adulta, che giocano con la sessualità e la provocazione e che richiamano stereotipi della generazione più prossima: l’ossessione per la moda, i telefonini, le serate schizzate, i piccoli vizi ma anche le ripicche furiose che occhieggiano amabilmente a quella generazione Under 25 organizzatrice della rassegna DOMINIO PUBBLICO che li ospita con successo (pubblico gremito e esultante, propenso al riso ad ogni battuta più feroce della precedente). Una generazione confusa da un mondo crudele, una generazione divisa fra la voglia di crescere e sperimentare il sesso e la provocazione, e iallo stesso tempo impaurite e infantili negli atteggiamenti di fondo, aspetto quest'ultimo reso con grande maestria da entrambi le attrici.
La regia, attenta ad ogni passo delle due, le segue con un disegno di luce lineare che taglia il palco diametralmente, e le incanala in un corridoio di luce, una linea di delimitazione lungo la quale le due si confrontano, si spingono, spesso rigorosamente in posizione frontale, a volte quasi sovrapposte di profilo allo sguardo dello spettatore, quasi fossero un tutt’uno esplosivo, una dualità nell’unità. Le musiche, troppo alte a nostro avviso, sono grevi e profonde, adattissime allo spettacolo, e tendono a sovrapporsi alla recita, per questo andrebbero regolate in aluni passaggi centrali.
Inquietante e fulmineo, KOVA KOVA è secondo noi un esperimento in parte riuscito, ma ancora da sviluppare per capire dove si può portare la riflessione cominciata. Si tratta infatti di una reinterpretazione decisa che richiama alcune modalità espressive di FAK FEK FIK e una certa vena umiliatrice della nostra società borghese e di certi giovani che ne fanno parte e che vivono una sorta di repulsione consapevole quanto grottesca del perbenismo che in essa imperversa. Al punto di far assumere a questi riottosi ragazzi borghesi le forme di mostri che si spintonano per emergere, per cercare una identità ancora confusa e tossica, un'identità che li renda giovani adulti, magari con qualche provocazione in meno e qualche aspettativa in più.
WERNER SCHWAB
KOVA KOVA
di Valeria Belardelli con Arianna Pozzoli