IL SIGNOR DOPODOMANI @ Fringe Festival: storia di un amore, storia di un odio

La Kermesse del Teatro indipendente per eccellenza continua la sua intensa attività artistica nelle sue due sale e sei spettacoli al giorno. Il 9 gennaio al Fringe Festival Gufetto ha assistito per i suoi lettori alla pièce scritta da Domenico Loddo e interpretata da Stefano Cutrupi sotto l’attento occhio di Roberto Zorn Bonaventura che ne firma la regia.

Lo spettacolo esordisce con un grido alla lontana che sembra voglia da subito, senza indugi, rompere la credenza o speranza che la vita è una questione semplice, anzi: Di A Da In… e quindi non è neanche una preposizione semplice. Ascoltando il fiume in piena di parole e gesti abbigliati da un frac logoro e stanco ci si accorge e convince che lo spettatore ha davanti una preposizione articolata o peggio “disarticolata” come si dirà nella stessa sinossi probabilmente a volere preparare per tempo chi siederà nelle poltrone della platea.
La pièce è la cronaca collerica di un amore che ormai vive o muore solo nel ricordo del protagonista e viene ravvivato dalla voce di Ada (lei) come un fuoco che vuole spegnersi dentro il braciere oramai senza aria. Tutte le cose hanno un bisogno fisiologico di iniziare ma anche di finire; di nascere e morire; ma qui è l’ossessione che alimenta un rapporto ormai evaporato nei fumi della realtà. Il rapporto è durato tre anni (poco forse per occupare il resto di tutta una vita). Amore fresco, giovane ma lui non si dà pace. Ascolta l’audio nastro da dove si arriva come un eco lontano la voce vera e sincera di Ada.

Un rituale d’amore ormai anacronistico: 45 minuti di parlato è tutto quel che rimane di quel groviglio di corpi e sentimenti, e lui risponde, incalza, sorride, si lacera le viscere dell’anima. Muore altre cento volte e poi risuscita per poterle dare di nuovo della “troia” con tutto il fiato che ha nei polmoni in uno sfogo che suona come un tonfo sordo a sincrono con la caduta al tappeto del corpo dell’uomo deluso e tramortito dall’amore. Il disagio è acuito dalla condizione geografica: si inveisce contro quel sud che qui è periferia del mondo e qui toglie ogni occasione e bagliore di vita.
Poi c’è di mezzo l’atroce sospetto d’essere un “non numero”, uno zero, ma sta mentendo a sé stesso, dirà che lui conta qualcosa e il cruccio e l’impotenza è un problema d’altri.

Sulla scena nuda oltre un vecchio mangia nastri, dall’altro canto: un vecchio registratore a bobine che evoca il periodo e che “registra” fedele per lasciare una traccia in questo mondo dove tutto scivola e passa. C’è un “REC” rosso fuoco che non passa indifferente nel buio della messinscena. Il nostro lui incide la sua disperazione e finalmente la sua confessione… Perché se le cose accadono non è sempre per colpa degli altri. Il vecchio frac è lo stesso del primo incontro e primo bacio, ma ormai è tutto solo un gran cumulo di macerie di ciò che fu. La vita non è una conquista ma è perdere qualcosa o qualcuno ogni giorno e lui ha perduto Ada, dunque “tutto”.

Qui c’è anche l’accusa alla vuotezza di certi esseri che riescono a stillare l’amore sino a rivoluzionarne l’amalgama chimica tanto da trasformarlo in odio. C’è l’accusa al maschio vile che anziché lasciare libera la donna che non ama più e va di diritto verso nuovi lidi, inizia una truce elucubrazione ordita ai suoi danni. Lui è fomentato dalle meravigliose e compromettenti dichiarazioni d’amore di Ada: «Forse ci siamo lasciati perché non sopportavamo tanta felicità» e per lui (malato) sono il viatico che monta la rabbia sino all’atroce confessione… Ma ormai quando è troppo tardi e l’unico residuo sono il nulla e le ombre di quel nulla.

Buona l’interpretazione di Cutrupi dal sapore fortemente siciliano. Si respira sicilianità in tutta la pièce a partire dalla sinossi, dalla dizione, da quel “finanche” in sinossi tanto caro al drammaturgo di Girgenti, e poi l’accusa a quel sud che toglie aria e relega alla periferia di certe cose, infine i riferimenti forbiti ad Archimede di Siracusa. Alcuni contributi audio confondono e si sovrappongono alla voce dell’attore per l’audio sostenuto e perché non si tratta di solo musiche strumentali ma di cantato. In altri momenti, spesso quelli finali di qualche brano del lungo monologo, Cutrupi interagisce magnificamente con il brano cantato e con il significato delle parole.

Info
Il Signor Dopodomani
Associazione dei 3 Mestieri
proveniente da Messina
di Domenico Loddo
con
Stefano Cutrupi
regia
Roberto Zorn Bonaventura

In programmazione per:

Mercoledì 9 – ore 20:30 – PALCO B
Giovedì 10 – ore 19:00 – PALCO B
Sabato 12 – ore 22:00 – PALCO B

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