‘E Ssanzare @ Napoli Teatro Festival: quando un vicolo napoletano diventa noir

18 luglio, prima assoluta (e per ora unica) rappresentazione del dramma (psicodramma), ispirato a Il Malinteso di Camus, ma scritto e diretto da Fabio Di Gesto, come ultimo capitolo di una trilogia sulle donne irrisolte e sulla tragedia di questa irrisoluzione.

Napoli Teatro Festival, una location romantica per un dramma dai toni noir

Del Giardino Romantico di Palazzo Reale a Napoli, una cosa è sicura: è romantico. Cammini sotto quegli alberi illuminati da luci colorate che lo fanno sembrare quasi fatato, e vieni colto come da un languore, mentre rilassatamente arrivi alla zona del palco, sistemato magnificamente tra la cupola della Galleria Umberto I a sinistra e le torri del Castel Nuovo, o Maschio Angioino, a destra. Sembra di poter toccare il Castello allungando una mano, e che esso dalla sua distanza così ravvicinata, ci guardi un po’ di sbieco, come in segno di distratta approvazione. La scena è buia. Ma non vuota. Ci sono degli attori. Immobili, o che si muovono tanto lentamente da sembrare immobili. Non tutti loro possono liberarsi dell’immobilismo quando lo spettacolo inizia, perché uno dei personaggi è morto. Proprio morto stecchito. Cadavere. Macabramente e del tutto credibilmente cadavere. Se non si fosse inchinato al momento degli applausi alla fine, avrei pensato fosse un manichino, una statua di cera e polistirolo magari, quindi cominciamo subito con grandi complimenti a Luca Lombardi, che, lasciatemelo dire, ha avuto una parte tutt’altro che facile ma egregiamente sostenuta.

‘E Ssanzare, una figlia senza padre, una madre senza figlio

Il soggetto della storia è quello de Il Malinteso di Albert Camus, quindi niente di inedito o originale, ma più che altro si potrebbe dire “ripulito”, alleggerito di punti di vista e snellito nei tratti, come a tenere solo lo scheletro di un disegno, per mettere l’accento sull’ossatura. E in questo caso Di Gesto punta tutto sulla dicotomia madre-figlia, eliminando di fatto una donna dalla triade rappresentativa e qualsiasi punto di vista o partecipazione maschile. Le due donne sono vittima e carnefice l’una dell’altra, unite dalla necessità di autosufficienza di cui in realtà non sono capaci: autosufficienza che qui appare nettamente come opposta alla possibilità di affidarsi ed occuparsi di un uomo. Sono una figlia senza padre, e una madre senza figlio, che non sembrano considerare di poter essere una famiglia, o almeno una squadra, l’una con l’altra. Non sono sicura che nell’opera di Camus il concetto sia così semplificato, l’intreccio in quel caso è più complesso e molti sono i drammi che si svolgono. Ma penso che la semplificazione realizzata in questi 55 minuti di spettacolo, sia efficacemente funzionale all’analisi di un rapporto familiare tutto femminile ed in questo del tutto squilibrato.

‘E Ssanzare: un Malinteso con meno malinteso e più amarezza

Dunque, sulla trama c’è poco da dire, le due donne uccidono i loro ricchi ospiti, sembra di capire su idea della madre ma per realizzare sogni che sono più che altro della figlia, e piano piano accumulano un piccolo capitale che potrebbe cambiargli la vita. Cosa scompone i piani… chi conosce Il Malinteso lo sa, chi non lo conosce, lascio che lo scopra vedendo magari un giorno lo spettacolo, perché altrimenti ne rovinerei il lato noir che non si riduce alla sola sequenza di omicidi passati. Malinteso o non Malinteso, comunque, nessuno può sapere, prima di averlo visto, perché i piani si scombinano stavolta. E non sarà affatto un semplice equivoco. In questa versione della storia diciamo che il male è un po’ meno banale. Dico però che tutte le scene col cadavere in buona parte assumono contorni quasi comici, e non può non sfuggirti almeno un sorriso, nonostante la drammaticità e la crudezza della situazione e del linguaggio. Il testo poi, è effettivamente molto duro, a tratti osceno. “A ciorta mia è quando tu mori”, dice a un certo punto la figlia alla madre. E così tante altre invettive, l’una all’altra. Ma ci sono le rime: parte del testo è scritta in rima, e questo dona molta solennità a ciò che avviene, anche nella bassezza dell’ambientazione che abbiamo davanti. Io l’ho molto apprezzato.

Ricercata semplicità per un buon risultato

I costumi sono semplici, per quanto vadano certamente menzionati l’efficace invecchiamento di Maria Claudia Pesapane (la madre) e l’incredibile imbruttimento di Francesca Morgana (la figlia), brillante opera di Rosario Martone. La scena di Gennaro Olivieri anche è semplice, stipiti di porte che lasciano intuire le stanze, un tavolino, un paio di sedie, un cappello, uno scialle, delle carte. E così si rappresentano quelle che sono le plausibili stanze comuni di un appartamento/pensione senza inutile precisione. Mi ha colpito come i rumori della città sottostante – a un passo da Piazza Plebiscito e a un passo e mezzo da Piazza Municipio, non si siano affatto avvertiti, ottenendo un’acustica confortevole senza nessun disturbo. Insomma, un buon esperimento e, per quanto non credo se ne sentisse la necessità, dal momento che mi sembra eccessivo ridurre un rapporto tra due persone a così pochi fattori, con un risultato riuscito e godibile. Compresa la sorpresa finale di scoprire che il morto respira, anche se ti sei chiesto per tutto il tempo se potesse davvero essere un attore.

Foto di scena: Flavia Tartaglia

‘E SSANZARE

LIBERAMENTE ISPIRATO A IL MALINTESO DI ALBERT CAMUS
REGIA E DRAMMATURGIA FABIO DI GESTO
CON FRANCESCA MORGANTE, MARIA CLAUDIA PESAPANE, LUCA LOMBARDI
COSTUMI ROSARIO  MARTONE
SCENOGRAFIA E OGGETTI SCENICI GENNARO OLIVIERI
DISEGNO LUCI GIUSEPPINA FARELLA
PRODUZIONE RI.TE.NA.

PALAZZO REALE – GIARDINO ROMANTICO
17 LUGLIO ORE 22.30 (PROVA APERTA)
18 LUGLIO ORE 22.30
DURATA 55MIN
PRIMA ASSOLUTA

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