Barbara Grilli è voce unica su testo denuncia di Giovanni Gentile: DENUNCIO TUTTI, sulla vita di Lea Garofalo, e debutta a Roma all'interno della assortita offerta del Fringe Festival.
“Indipendenza” è l'animus della Kermesse Teatrale di matrice britannica che qui celebra le sue nozze migliori con il grido acuto e sonoro della drammaturgia della pièce.
Gentile dichiara, a chi non è affetto da sordità: i nomi e i cognomi, gli indirizzi anagrafici, i fatti per i tanti ritenuti indicibili. Non c'è deprecabile omertà ma accusa accorata e spudorata perché la mafia calabrese: la 'ndragheta, è autrice di atti terrificanti che vanno raccontati nei dettagli e senza quelle dannose reticenze che fanno sembrare la questione meno grave.
La pièce onora e ricorda il coraggio di una donna unica, di una madre che vuole e deve dare un futuro alla figlia. E quando si troverà davanti il giudice ammetterà di sapere che quel gesto l'ha già condannata ad una morte certa e ineluttabile, ma chiede “speranza”. Speranza l’unica cosa che la mafia non riesce a togliere. Ma la mafia ricorda, lo stato dimentica. E così è stato. E il regista non può che dare colore al ricordo e alle ceneri dell’eroe che adesso sono celesti come il cielo, come il mare e i sogni di Lea.
Scenografia pulita, essenziale come accade nei Festival e qui tutta questa abbondanza di quinte nere si rivela utile e fomenta la verità delle parole appuntite come lame. Non c'è enfasi nella recitazione di Barbara Grilli, ed è una scelta registica onesta perché quando le parole hanno già un peso ingombrante non hanno necessità di nuovi accenti già caduchi sul tappeto di feltro del palco.
Non si centra a dovere qualche taglio di luce e spesso l'attrice rimane in un'ombra che fa arrivare solo il recitato e nasconde i toni del viso che spesso sanno essere eloquenti più di mille parole. L'attrice si commuove come il pubblico, alla fine, e nella luce appena sufficiente si può scorgere il lucido vivo dei suoi occhi e pensiamo che ogni replica dev'essere una fatica enorme per lei. Quell'emozione fa emergere la donna e insieme l'attrice, e per un istante ci sembra d'applaudire Lea Garofalo in carne e ossa e il suo straordinario coraggio di donna impaurita e sola.
Contenuti
DENUNCIO TUTTI – Lea Garofalo, il personaggio
Accettabile. Superabile. La pièce esordisce con una deposizione da temperatura sotto lo zero che spinge vento gelido in aula o in platea: Carlo Cosco confessa che ha ucciso o meglio anzi peggio trucidato Lea Garofalo. – Lea – La dolce, cara, bella, impaurita e coraggiosa Lea. Nessuno si senta offeso dal confronto ma Lea era davvero una persona speciale e Carlo uno dei tanti normali e probabilmente anche per questo capo del clan calabrese nella succursale di Milano in viale Montello 6. E non toglie la vita solo alla sua ex compagna ma soprattutto alla madre della figlia Denise. Carlo è un personaggio fosco, tracotante, potentato; ha perso l'umanità o forse (ma non è naturale) non l'ha mai posseduta. Lea è figlia di una famiglia influente: i Garofalo. Lea ha un difetto e non sa farne a meno: sogna e tanto. E poi non ci sta. È cocciuta.
Nel piccolo paesello della Calabria, arroccato nel silenzio delle cose non dette dove tutto si fa lento sino a fermarsi, Lea soffoca, le manca l'aria e subisce quella disumanità a poco da lei, le fa male e pensare che quei graffi non la sfiorano nell'epidermide, ma la feriscono dentro perché sono le vessazioni che la mafia calabrese riserva agli altri. È sincera filantropia. Lei è dentro il castello, è la regina e moglie del boss. Ma Lei è anche una persona per bene. Si parla meno della 'ndragheta rispetto ad altre dittature del terrore e del potere come la mafia dei corleonesi e la camorra, ma il motivo è che i calabresi non usano le bombe che si possono udire sino a chilometri e creano voragini nella terra e il vuoto sopra: la 'ndrangheta è collusa con lo Stato, i massoni e le cose se le prende con discrezione entrando nella sala dei bottoni.
Ad un certo punto e in silenzio, come fini diplomatici, si dice che la 'ndrangheta è una è indivisibile e si proclama la sua unitarietà. Pochi sanno di Antonio Macrì e Don Mico Tripodo, ma quando uno dei due muore al suo funerale ci saranno quarantamila persone e aerei che arrivano dall'America. Non importa adesso chi dei due, qui è importante il fatto. Possiamo dimenticare di nuovo il nome, non ci servirà più al momento. Nessuna utilità. Nessun valore. La mafia è ovunque.
DENUNCIO TUTTI -la 'ndrangheta
Lo sapevate, e ce lo ricorda l'autore, che la 'ndragheta tratta i materiali edili che servono quasi la totalità degli appalti pubblici e lavori privati? Lo sapevate che usano, per fare più soldi, cemento depotenziato e dunque il pericolo reale è che case e gallerie scavate nella montagna, crollino sotto i nostri occhi o peggio sopra di noi? Si parla di Sala e del fatto che è indagato per collusioni nell'ambito degli appalti per l'Expo e intanto è sindaco di Milano. La 'ndrangheta produce droga per Milano, tra le tante città che fornisce professionalmente e questa guadagna il primato europeo di città dove si consumano più sostanze. Si ringrazia la mafia per aver contribuito all'ambito riconoscimento della città lombarda ma di un affare torbido che asciuga l'esistenza a fronte di lauti guadagni. Soldi color sangue. Tutto accade, tutti sanno e viale Montello 6 diventa a pieno titolo la casa dello spaccio, bel nome non vi pare?
DENUNCIO TUTTI – la Lea Garofalo di Grilli
Ma la Grilli torna con vigore su Lea. La dolce Lea. Il suo ricordo è forte, il suo odore di bonomia è tra di noi, forse ci è seduta accanto. Lea andava in motorino e negli anni '80 in Calabria se lo facevi era una “buttana” quindi una che ci stava. Una facile. Lea ha sempre sofferto in quel pertugio di mondo e quando nasce Denise, la sua veduta di futuro si rimpicciolisce e si fa ancora più cupa e microscopica. Allora vorrebbe scappare da quella pozza putrida di vite. Non ci dorme sino a quando le arriva chiara e forte la decisione risolutiva e irrinunciabile: denunciare tutto; denunciare tutti. Il nostro piccolo gigante va dai carabinieri e quindi dallo Stato, fa i nomi, dice i fatti, dà indizi e indirizzi. Fornisce prove. È un fiume in piena che travolgerà le basi dell'organizzazione. Non è un pentito ma un “testimone di giustizia”. È pulita. Non ha colpe se non quella d'essersi unita ad un ragazzo che diventa capo clan. Lei ha solo assistito ma sa tutto e denuncia tutti, da qui il titolo assai eloquente della pièce. Entra nel programma di protezione, cambia nomi, città, scuole, cresce nella fuga e nella paura la piccola Denise.
L'ansia le toglie la carne. Perde chili ma soprattutto la fiducia nello stato che le fa arrivare tardi i documenti di copertura ovvero le nuove necessarie identità. Lo stato non la protegge e dunque la tradisce sino ad essere colpevole di fatto della sua morte. Il corpo di Lea viene bruciato come un pezzo di legno, e di quel magnifico eroe moderno rimane un chilo di cenere grigia. Senza odore e colore. Polvere, solo polvere dove prima c'erano una montagna di sogni policromatici. Cenere che il vento potrebbe spazzare via in un'unica folata se non ci fosse “Denuncio tutti”.
Info:
Denuncio tutti. Lea Garofalo
Collettivo Teatrale Prisma
proveniente da
Bari
testo e regia
Giovanni Gentile
con
Barbara Grilli