Nel corso della IX stagione del festival Inventaria torniamo alla scoperta di nuove declinazioni del panorama teatrale contemporaneo. Con la regia di Michele Demaria va in scena lo spettacolo “Ciccioni con la gonna” di Nicky Silver, presso il teatro di Carrozzerie n.o.t. Lo spettacolo in concorso, ci mostra lo scardinamento della prima piccola società di ogni essere umano: la famiglia. La scena ha una disposizione geometrica, caratterizzata essenzialmente da alcune cassette di legno che, all’occorrenza, possono essere trasformate in tavoli, scialuppe, armadi, divani o sedie. I personaggi ruotano intorno alla madre (Silvia Salvatori) del piccolo e ben presto adolescente Bishop Hogan (interpretato da Nicola Sorrenti). In ultimo troviamo il padre egocentrico e menefreghista, Howard Hogan (Roberto Salemi), e la sua amante Pam (interpretata da Ludovica Apollonj Ghetti).
La rappresentazione ha inizio in seguito all’ammaraggio del piccolo Bishop balbuziente e della sua mamma su un’isola deserta. I due personaggi sopravvissuti miracolosamente allo schianto, sono costantemente sottoposti agli stimoli e ai pericoli di un luogo sconosciuto e incontaminato, dominato non più dalla razionalità umana, ma dalla dura legge della giungla.
Nella giungla, sopravvive solo chi è in grado di adattarsi, anche commettendo azioni che in una società umana sarebbero ritenute sconvenienti e inaccettabili ma che, in un contesto di pura sopravvivenza, rappresentano l’unico modo per rimanere in vita.
Madre e figlio si spalleggiano l’un l’altro, si proteggono. Passano le ore, i mesi e gli anni, ma nessuno riesce a trovarli. La madre, presa dallo sconforto, comincia a manifestare chiari segni di debolezza mentre il figlio, ormai adolescente, crede di essere una macchina perfetta in grado di poter fare qualsiasi cosa come uccidere, cacciare e infine, violentare la madre psicologicamente più debole. Interessante come la balbuzie di Bishop comincia gradualmente a scomparire per non ripresentarsi quasi più o soltanto nelle situazioni in cui viene ripreso dalla madre per un comportamento “socialmente” scorretto. È proprio in questi casi che l’animale lascia spazio all’essere umano: complessato e represso, insicuro e debole. Debole, perché non ancora in grado di esprimere con chiarezza la sua vera natura; insicuro, perché ignorato e non amato dalla figura paterna. Viene dimostrato come un animale sociale quale l’uomo, possa adattarsi al meglio delle sue potenzialità fisiche e mentali all’interno di un contesto sconosciuto. Il leitmotiv dell’intera rappresentazione evidenzia costantemente l’ossimoro che contrappone la razionalità umana allo stato brado più impulsivo e “genuino” dell’uomo. La verità in questo caso, si trova nel mezzo: l’uomo non può far a meno di regole e verità catalogate per poter conoscere la realtà che lo circonda ma, allo stesso tempo, l’assenza di un sistema definito e perimetrale, può far si che la parte più nascosta e in qualche modo “indisciplinata” della sua natura, possa uscir fuori senza porre alcun limite ad impulsi animali.
I due personaggi principali, sono in preda ad un istinto animalesco e primordiale. Non ricordano più cosa effettivamente possano rappresentare le “buone maniere” e le regole di una società umana sana e raziocinante. Non c’è pudore e il confine tra giusto e sbagliato si fa labile, quasi inutile, talmente è forte l’istinto della supremazia del più forte. Nonostante questo, comincia ad insinuarsi tra Bishop e la mamma un sentimento che noi riterremmo “innaturale”, “malsano” e depravato. La rappresentazione è spesso intervallata da alcuni flashback che mostrano la prima infanzia di Bishop e la crudeltà di un padre sempre assente che innalza il muro della “carriera” come scudo per proteggersi da qualsiasi tipo di coinvolgimento emotivo. Dalla sequenza dei fatti e dei rapporti è evidente che la situazione del figlio, Bishop, sarebbe sfociata inevitabilmente in manifestazioni di violenza o in uno stato di sottomissione e apatia nei confronti della vita e delle relazioni sociali.
Lo spettatore non può fare altro che entrare e uscire dalla vicenda; non c’è mai un momento in cui, per un periodo di tempo prolungato, si verifica una catarsi vera e propria. Questa è la chiave di volta di tutto lo spettacolo, in quanto è appunto “socialmente” e razionalmente impossibile poter accettare, o comprendere, un violento incesto o ingiustificati omicidi. Il pubblico non può che porsi con un atteggiamento critico nei confronti della scena e soltanto in rarissimi casi ci si auto-sorprende a realizzare che la nostra vera natura è più incline all’istinto di quanto si possa immaginare.
Lo spettacolo prosegue nell’arco di un’ora e mezza con un incedere simile ad un elastico il quale non permette la totale catarsi, ma mantiene viva l’attenzione e la curiosità proprio a causa di un continuo scontro e incontro tra proscenio e platea.
Gli attori in scena riescono a rendere a pieno l’idea dello spazio che li circonda seppur con veramente pochi mezzi a disposizione. La scena è invasa da cassette di legno vuote e sabbia, probabilmente usate in precedenza per trasportare la frutta. Ogni rimando alla natura, e in particolar modo all’uomo in natura, è abilmente sottinteso e allo stesso tempo fisicamente esplicito.
La performance di ognuno degli interpreti permette al pubblico di osservare con occhio critico e attento ciò che sta accadendo davanti i suoi occhi proprio perché c’è la necessità di ritrovare una ragione di fronte a quanto accaduto nel corso delle peripezie dei personaggi. Infatti, arriva il momento della seduta psichiatrica, della figura del dottore/padre (interpretato sempre da Howard Hogan). Il momento che tutti stavano aspettando: il ragazzo adolescente, sporco di sangue e ricoperto di accuse, deve poter avere l’occasione di purificarsi e perdonarsi nonostante tutto. Si libera della figura della madre apprensiva e un po' sciocca, distruggendone ogni traccia in modo da proseguire con il suo percorso e innamorarsi della vita. Un viaggio di tesi, antitesi e sintesi che racchiude a tutto tondo una storia (vagamente familiare anche se violenta e sanguinaria) di un ciclo perenne e in divenire, che appartiene alla sfera della crescita personale, tipica della società umana.
Si potrebbe concludere con alcune domande lecite: quanto realmente il ritorno allo status quo può impedire all’uomo di non avere il desiderio e/o la curiosità di creare una famiglia, un nucleo, una piccola società che mischiata ad altre, possa generare in fine un piccolo luogo ricco di regole e abitudini consacrate con il passare degli anni? Forse è parte della nostra natura fare parte di un clan e di un gruppo. Ma fare parte di un gruppo, non comporta necessariamente il rispetto di regole e la tolleranza verso il prossimo? Senza un “alfabeto”, un suono codificato, con metodo e rigore, possiamo effettivamente gettare le basi su cui fondare la nostra socialità e di conseguenza il nostro appartenere al mondo? La risposta è si, ed è proprio la natura che ci ha donato la possibilità di riflettere su questo.
Visto il 31/05/2019
Info:
Ciccioni con la gonna – Presso Carrozzerie n.o.t.
Di Nicky Silver
Regia e traduzione di Michele Demaria con Ludovica Apollonj Ghetti, Roberto Salemi, e Silvia Salvatori e Nicola Sorrenti.
Musiche originali di Giorgio Mirto
Info e prenotazioni +39 347-1891714