La redazione di Gufetto ha continuato ad di intrufolarsi con entusiasmo e passione tra i palchi del Fringe per la seconda settimana di spettacoli. Ha così avuto modo di assistitere a “Bianco D’Inchiostro”: ancora molto incerto il suo sviluppo, abbozzato, delicato, sicuramente non compiuto. L’opera, o il suo accenno, è un Requiem poetico in ricordo della Rivoluzione d’Ottobre, un approfondimento sulla dittatura negli anni del Terrore e allo stesso tempo una riflessione universale sulla violenza della censura.
“Ho appreso come s’infossino i volti, come di sotto alle palpebre s’affacci la paura, come dure pagine di scrittura cuneiforme, il dolore tracci sulle guance.”
In scena lo Samizdat
In particolare, i due giovani attori protagonisti, Giulio Bellotto e Alice Guarente, tentano di portare ll pubblico all’interno di un fenomeno chiamato “Samizdat”, ovvero la produzione segreta e autonoma, realizzata a mano o con la macchina da scrivere, di testi proibiti che altrimenti sarebbero andati perduti.
Dopo un inizio compromesso dall’audio delle casse che sovrastava nettamente le voci dei due attori, si sono susseguiti diversi momenti scenici abbastanza scollegati tra loro (seppure utili a una sorte di contestualizzazione del messaggio) e affidati, prevalentemente, all’immaginazione del pubblico: impossibile seguire senza aver prima letto la sinossi.
Il momento emotivo portante dello spettacolo si affida completamente alla recitazione sentita e appassionata di Alice Guarente e alla perfezione dei versi del Requiem di Anna Achmatova, un poema di una bellezza struggente e difficilissimo da far vivere al di là del cartaceo delle sue stesse parole per farne un corpo vivo: in questo, l’attrice sembra riuscire e convincere, lanciandoci addosso la paura, la solitudine, la disperazione e la morte.
Eppure, durante la pièce teatrale tradisce l’esigenza di una continuità tra la poesia e i dialoghi, tra cui si avverte uno spazio vuoto molto netto: come veicolare il messaggio poetico in modo efficace, se il testo teatrale non aggiunge altro alla bellezza del testo poetico, considerato in sé per sé?
Abbastanza chiare, dunque, l’intenzione e l’intensità, ancora da lavorare l’argilla informe della drammaturgia, livellando la discrepanza tra i difficili momenti iniziali e l’esplosione finale; si potrebbe anche sviluppare una riflessione critica sul tema dell’estremismo che prescinde lo schieramento politico e sulla sofferenza che le dittature hanno portato nelle case, nelle famiglie, sui corpi e sulla cultura, provocazione tra l’altro molto attuale.
Queste riflessioni tuttavia si ricavano dalle abbondanti deduzioni dello spettatore e non poggiano su contenuti originali strutturati in una storia e che alla fine portano al colpo di scena dei versi poetici; senza contare la durata complessiva che lascia il pubblico disorientato e pieno d’interrogativi.
Aspettiamo dunque che l’apprezzabile idea, per ora semplicemente abbozzata, diventi spettacolo e stupore, mantenendo viva l’energia avvolgente e totalizzante dell’attrice protagonista, nella sua completa fusione espressiva con l’anima del poema.
“Lo sai che in Russia le lumache vanno più veloci dei cavalli? Perché i cavalli non hanno mai appreso l’arte di strisciare”.
Bianco d’inchiostro
Bellotto – Guarente
proveniente da
Milano
di e con
Giulio Bellotto e Alice Guarente