Appunti dal Roma Fringe Festival: IO SONO CHI e LA DIFFICILISSIMA STORIA DELLA VITA DI CICCIO SPERANZA

Le sale del Mattatoio di Roma La Pelanda, dove troneggia il ROMA FRINGE FESTIVAL si riempiono di figure dai colori più diversi. Fuori il freddo di una serata di gennaio impone un vestiario che cela forme dei corpi e personalità fra le più disparate, personalità che nascondono gioie, dolori, turbamenti. Personalità che celano età ed esperienze diverse, fissazioni e abnormità che si vorrebbero forse, nascondere dagli occhi di chi, come noi, è abituato a osservare tutto nell’ombra e a riportare con schiettezza o con meticolosa precisione e onestà. 

Come in questo caso. Gli spettacoli che abbiamo scelto riguardano due forme di umano diverse: l’anziano e l’obeso. Recensiamo IO SONO CHI e LA DIFFICILISSIMA STORIA DELLA VITA DI CICCIO SPERANZA.   

IO SONO CHI

Delle sedie vuote sparse su un palco illuminato tendono a marcare un'assenza, un vuoto, un ricordo che colmerà la voce della cantante.attrice, Alessia Arena, la quale  ripercorrerà attraverso la forma del monologo e del canto l'esperienza che ha avuto come conduttrice di un laboratorio teatrale all'interno del RSA della Val di Pesa e del Chianti. Quando si arriva all'ultima fase della propria vita, la terza età, la stagione dei ricordi ma anche delle dimenticanze, si è fragili e si diventa come bambini. Il mondo assume un altro aspetto e la nostra identità sociale può diventare più labile, soprattutto se si varca la soglia di un centro per anziani. A quel punto si dice addio alla propria libertà affidata nelle mani di un istituto e di altre persone. 

Alessia Arena, attraverso il suo spettacolo ' Io sono chi' ci propone dei frammenti di vite ' messe a riposo' con degli aneddoti dei suoi figli anziani che parlano per sua bocca con puerile ingenuità. Ricordando attraverso canzoni pop italiane del passato, cantante teneramente dall'attrice come una nenia materna, momenti di vita ormai trascorsi ma ben saldi nella memoria e nel cuore. È evidente da parte di Alessia Arena l'amore viscerale che nutre verso queste persone giunte alla fine della propria vita ed è evidente il nobile intento dell'opera che è parlare della terza età e del suo smarrimento dinanzi una vita che si sta disgregando ma che è pur sempre vita.
Purtroppo ' Io sono chi' è talmente confuso nella sua drammaturgia e nel suo vortice di voci anziane troppo disorganico che fallisce l'obiettivo di arrivare allo spettatore e di fargli 'sentire' la vita di queste persone. Anche la recitazione di Alessia Arena per quanto sia buona, presenta alti e bassi nelle intenzioni a volte un pò meccaniche. Inoltre la nostra interprete appare insicura in scena dando l'impressione di non sentirsi a suo agio di fronte al pubblico e abbassando il livello dello spettacolo a quello di una pièce filodrammatica.
Il risultato è tanta noia e un messaggio che non arriva se non nel finale: quando vediamo accendersi uno schermo alle spalle dell'attrice che mostra il suo lavoro coi suoi anziani. In quel momento e solo in quel momento ' Io sono chi' arriva al pubblico ma solo in quel momento. Speriamo che quel video celi qualcosa di più. Magari che sia la premessa di un documentario sull'attività che l'attrice svolge all'interno di questi centri, se fosse così l'attrice potrebbe raggiungere  egregiamente quell'obiettivo che almeno per adesso in scena viene a malapena sfiorato. 

LA DIFFICILISSIMA STORIA DELLA VITA DI CICCIO SPERANZA

Vedere al centro della scena l'attore Francesco Giordano  vestito da ballerina che fa mostra della sua obesità è una scelta forte e disturbante che farebbe pensare a un personaggio alla John Waters e a una pièce che ci vuole sbattere in faccia con intelligente ironia il marcio della società occidentale. 

La grassezza nella società del consumismo sfrenato e delle bellezza ad ogni costo desta sempre scalpore. Forme di discriminazione verso le persone grasse sono all'ordine del giorno e si traducono spesso non solo in sfottò ma anche in casi di violenza e abusi di vario genere. La bella presentazione dello spettacolo di Alberto Fumagalli e Ludovica D'Auria sulla difficilissima storia della vita di ciccio speranza però tradisce le sue premesse. Il machismo del mondo contadino, la difficoltà di avere un corpo e una sessualità diversa degli altri, il patriarcato con le sue meschinità vengono ridotte a una tiepida farsa priva di mordente. La storia sa di un già sentito che è stato decisamente raccontato meglio e con un'onestà che qui viene a mancare nella scrittura artificiosa e piatta.

La regia non è malvagia. La messa in scena essenziale. Vediamo i tre protagonisti con le casse di mercato in mano gridarci la loro storia e con quelle stesse casse dormirci sopra utilizzandole come cuscino per poi riversare da queste sul palco delle foglie appassite, forse per evidenziare la fragilità dell'essere umano e del mondo contadino. Il tutto orchestrato da un'interpretazione discreta fatta secondo mestiere. Ma una messa in scena buona non basta a risollevare una sceneggiatura che non funziona. Il problema di spettacoli come ' La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza' è che utilizzano temi caldi come il mezzogiorno, l'omosessualità, la bruttezza fisica, l'ignoranza, il patriarcato secondo uno schema prestabilito, quella della classica favoletta dolce amara che deve far breccia sul pubblico con una retorica spicciola. In cui il diverso di turno prende coscienza di se stesso in un percorso a tratti ironico, per accattivarsi il pubblico di Zelig che vuole darsi al teatro impegnato e a tratti drammatico, per far si che il pubblico che invece si prende sul serio nel modo più radical possibile, possa dire a se stesso di aver visto una pièce che affronta temi delicati e d'importanza sociale. 

Chi saprà andare oltre nel vedere questa pièce capirà che è solo aria fritta, chi no invece andrà a dire in giro ai propri amici di aver visto uno spettacolo che lo ha spinto a riflessioni importanti 'sull'importanza di essere se stessi e non tradirsi mai'. 

LA DIFFICILISSIMA STORIA DELLA VITA DI CICCIO SPERANZA
Mattatoio – La Pelanda, Piazza Orazio Giustiniani 4, Roma
Roma Fringe Festival 2020
In programmazione per:
Venerdì 10 – ore 19,00
Sabato 11 – ore 21,00
drammaturgia
Alberto Fumagalli
regia
Ludovica D’Auria e Alberto Fumagalli
con
Giacomo Bottoni, Francesco Giordano, Antonio Orlando
costumi
Giulio Morini

 

IO SONO CHI
venerdì 10 gennaio, ore 22, sabato 11 gennaio, ore 20
Mattatoio – La Pelanda, Piazza Orazio Giustiniani 4, Roma
Roma Fringe Festival 2020

“Io sono Chi” tratto da esperienza residenziale in RSA, testo Alessia Arena, collaborazione artistica di Daniela Morozzi e Valerio Nardoni, regia Matteo Marsan, di e con Alessia Arena, video Federica Toci Il gobbo e la giraffa, con il Patrocinio di Comune dell’Unione comunale del Chianti fiorentino

 

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