Appunti dal Roma Fringe Festival: ENIO. Materiali per una terra perduta

In un mercoledì immancabilmente freddo, per arrivare alla Pelanda ci si fa strada tra gli studenti della scuola di musica appena usciti da lezione, accompagnati dal suono del corno di chi si sta ancora esercitando. Arrivati al Fringe Festival notiamo con piacere il discreto afflusso di pubblico, il via vai tra una sala e l’altra, tra artisti appena usciti dallo spettacolo e ritardatari che si affrettano a raggiungere la sala per Enio. Materiali per una terra perduta”, della compagnia Exodos.

ENIO: al Fringe, sulle tracce di Troia

La platea ribolle di chiacchiere come una teglia di caldarroste. Un ragazzo seduto in prima fila ascolta gli altri in silenzio e, quando le luci si abbassano, si alza e avanza sul palco a grandi falcate per il suo prologo; con tono tranquillo ci racconta la sua partenza per la Turchia sulle tracce di Troia. Sulla scena vuota, dominata solo da un monolite coperto da giornali, i suoi passi e le sue mani disegnano traiettorie, panorami, mentre gli occhi ricordano i fiumi, le rovine e una processione di bambini che abbandonano una terra oggi in guerra. 

Come un miraggio, figure dal passato vengono a sovrapporsi a quelle del presente. Due uomini e due donne prendono la scena staccandosi dal coro della platea, e svelano sotto i giornali una porta su cui risaltano altri volti. Sono tutti senza nome, come le migliaia di eroi caduti a Troia, le figure femminili sono allo stesso tempo dee greche e donne curde in lotta. Le loro parole sono universali, ruotano intorno ai temi del bisogno fisico, viscerale per la propria terra, e dell’uguaglianza tra gli uomini. Nei corpi vediamo la caduta, il lutto, la fierezza, quasi fossero dei bassorilievi greci animati, a metà tra immagini reali e di sogno.

La drammaturgia di Luigi Saravo

Di Troia rimane ben poco, qualche profilo e macerie di quelle che erano case e palazzi; come per San Martino del Carso, è il cuore a custodire il senso e il ricordo. Il mito della città Achea si fa carico delle stragi di guerra vissute oggi, che la drammaturgia di Luigi Saravo, evitando la forma della denuncia o della lamentazione, tiene sempre a mente nel suo linguaggio coscientemente lirico; attinge dall’epica per potenza ed enfasi, a voler suscitare una forte empatia, un gioco di specchi tra vittima e carnefice, tra chiunque si riconosca negli occhi dell’altro che ci coinvolge e ci rende partecipi, che lo vogliamo o no.

ENIO: al Fringe un’esperienza sospesa

Nell’alternanza tra questi momenti densi e lirici, e il ritmo del racconto di viaggio, si compone uno spettacolo vissuto come un’esperienza sospesa, che tocca corde sensibili con grande delicatezza e rispetto. Allo stesso tempo, rimangono impresse negli occhi alcune immagini molto potenti, quali i corpi feriti che stramazzano al suolo o macchie di sangue impossibili da lavar via. Curiosamente, uno spettacolo dal respiro così epico si è aperto con la lettura di un più che pragmatico comunicato stampa. Forse il lirismo oggi sembra un lusso che gli uomini non si possono concedere, forse abbiamo scelto di dimenticarlo, così come scegliamo di credere che il nostro nemico siano diversi e peggiori di noi, quando, ci dice lo spettacolo, guardando dritto nei suoi occhi quella che ci vediamo passare davanti è la nostra, di vita.

ENIO, il lirismo e l’essere imperfetta

Forse gli dei che immaginiamo sulle nuvole, che vediamo colossali ed eterni nel marmo, in realtà risiedono in luoghi molto più piccoli, si appoggiano per l’appunto sui nostri zigomi, nelle nostre insinuature, nelle crune degli aghi, sono quelli che tirano o sciolgono i fili e già lo sapevamo, perchè lo sapevano quelli che sono stati prima di noi. Magari abbiamo scelto di dimenticarlo, così come scegliamo di credere che il nostro nemico sia diverso, sia peggio di noi, quando, ci dice Enio, nei suoi occhi morenti quella che ci passa davanti è la nostra di vita, perché ci tuffiamo tutti, non possiamo, semplicemente non possiamo restare dentro di noi ma sgusciamo fuori, siamo come dei fasci di luce. 
Forse mi sto lasciando un po’ trasportare, forse il lirismo è un lusso che gli uomini, oggi, faticano a concedersi, uomini troppo meccanici e troppo digitali per essere comprensivi gli uni con gli altri, uomini per cui le debolezze, le speranze, i vizi e le ambizioni sono imperdonabili, mentre chissà che stiamo facendo, stiamo cercando di trasformarci in qualche forma di superuomo mentre la nostra umanità è fatta anche di tutte le cose che non vanno e che però ci fanno essere vicini. 
Cosa può fare Enio se non continuare a cercare? Cercare spinge avanti, ci fa muovere, e ci dobbiamo per forza muovere, non ci stanno santi, è una di quelle cose che ripeto, perchè anch’io dai, mi ripeto, e non mi vergogno di farlo, anzi mi vergogno, voglio essere umanamente imperfetta: forse pure per questo volevo fare l’attrice.

Enio. Materiali per una terra perduta della Compagnia Exodos

proveniente da
Roma
progetto e regia
Luigi Saravo
con
Chiara Felici, Cristian Giammarini, Doron Kochavi, Daniele Santoro, Mariangeles Torres

image_pdfSCARICA QUESTO ARTICOLO IN FORMATO PDF