La morte della Pizia @ Teatro Vittoria: Il prototipo dell’umana fragilità

<<Qual è quell’animale che al mattino cammina con quattro zampe, di giorno con due, e alla sera con tre?>>

L’enigma ellenico per eccellenza che traccia le origini della nostra storia e della nostra cultura. Una domanda che ha dato inizio al susseguirsi di molteplici avventure nonché tragici eventi, guidati da qualche Fato un po’ tragicomico.

Se vi sembra di ricordare queste parole e di sapere già quale sia la semplice risposta, forse vi ricorderete anche di un vecchio uomo chiamato Edipo e della sua intrecciata famiglia, che hanno incontrato verità e profezie di una Sfinge e di un oracolo molto famoso nella città di Delphi. Ed è proprio la risposta a questa domanda il punto di partenza di una nuova storia e nuova sorte per Edipo, i suoi cari e non solo. Nell’originalissimo testo di Friedrich Dürrenmatt, per cui Giuseppe Marini ha realizzato la regia dell’omonimo spettacolo, tutte le sacre verità vengono rimescolate dall’umana fragilità.

Torna in scena a Roma al Teatro Vittoria, dal 10 al 15 ottobre, LA MORTE DELLA PIZIA di F. Dürrenmatt, con Patrizia La Fonte e Maurizio Palladino, diretti da Giuseppe Marini.

La traduzione di Renata Colorni edita da Adelphi, unita allo splendido adattamento teatrale di Patrizia La Fonte e Irene Lösch regalano al pubblico un’ora di immersione nelle storie sempiterne dell’antica Grecia, lasciandoci, però, ancora qualcosa da scoprire.

In scena, l’energico duo di Patrizia La Fonte e Maurizio Palladino, con le scene di Alessandro Chiti, la regia di G. Marini assistito da Giorgia Macrino. Il tutto accompagnato dalle musiche originali di Paolo Coletta, le luci di Alessandro Greco e i costumi di Helga H. Williams.

Foto di scena di Pino Le Pera.

Una rivisitazione in chiave sarcastica ed empaticamente umana del mito di Edipo, scardinato da ogni tipo di religione, fede, morale e mortalità. 

Al centro della scena l’antichissima risposta: l’uomo.

Protagonista della storia di Dürrenmatt, la sacerdotessa di Delfi Pannychis XI, ultima delle Pizie sopravvissute, interpretata da Patrizia La Fonte. Accanto a lei, l’attore Maurizio Palladino, nel ruolo del sacerdote Merops XXVII.

Ciò che salta subito all’occhio, rompendo le dinamiche conosciute e assodate della storia di Edipo e del senso di grecità conosciuto, è la caratterizzazione umana di un personaggio dalle sembianze e profezie divinatorie.

La Pizia, la sacerdotessa che aveva rivelato ad Edipo il suo futuro, è canonicamente riconosciuta come un ponte fra l’umano e il divino, fra l’arrendevole mortalità e l’indiscutibilità del fato. La sua più grande profezia ha accompagnato il giovane Edipo come un’ironica spada di Damocle per tutte le sue avventure, regalandogli momenti di incesti amorosi ed erotici quanto sanguinari.

La verità delle sacre profezie viene venduta per un pugno di monete, quelle che il sacerdote Merops raccoglie dai clienti subito dopo l’incontro profetico con Pannychis. La verità diventa fonte di commercio, un business inesauribile e più forte del tempo, alla portata dei più abbienti. La mercificazione del controllo attrae anche le menti più sicure, pur continuando a celare uno scomodo segreto. 

La Pizia sembra non avere alcuna certezza sulle sue verità, ma, al contrario, si diverte a far previsioni del tutto infondate, che la maggior parte delle volte condizionano la mente e si auto-avverano.

Pannychis è una vecchia signora che vuole andare in pensione e aspettare la sua ultima ora. Non c’è verità, o profezia, più attesa di questa. Colei che da sempre ha rappresentato un ponte trascendente e ineffabile, diventa il prototipo delle fragilità e dell’ironia di tutte le sorti umane

La scena di Alessandro Chiti invade il palco

Una moderna raffigurazione di Edipo, racchiuso dentro una cornice quasi pop-art dai colori sgargianti. Il volto di Edipo diventa così al contempo uno sfondo e un tormento, una presenza di cui non si può far a meno. Il ronzio e l’ombra di una menzogna che ha macchiato un’intera stirpe, di cui non si conosce del tutto l’origine. L’uomo attorno al quale tutto ruota e di cui tutti sono alla ricerca della misteriosa identità.

Edipo sanguina colpe e carnalità, come una rossa cascata dai suoi occhi ciechi. Lo stesso rosso di cui Pannychis si avvolge, trasformandolo in coperta per i suoi tanti anni e rifugio. Le colpe di Edipo hanno bagnato e avvolto tutta la Grecia. 

Dürrenmatt si pone, ora, un interrogativo. Se la profezia rivelata non fosse stata sufficientemente precisa? Le parole della Pizia sono state profetiche o casualmente adattate all’inevitabile corso degli eventi come verità? 

La colpa e il sangue che nei secoli si sono tramandate e trasformate, si dividono a metà, in un complesso gioco di intrecci di destini.

Marini: Una regia molto semplice e pulita

Il regista Giuseppe Marini ha costruito un prodotto ben coordinando un lavoro sui suoni e sulle musiche, con gli attori e la scenografia, realizzando talvolta immagini molto poetiche e suggestive.

Nel complesso un incastro che funziona molto bene, poichè risulta coerente e non azzardata. Forse, a volte, l’impressione è che risulti poco attenta ai ritmi interni dello spettacolo.

A grandi linee ci troviamo dinanzi ad un’alternanza di dialoghi e monologhi fatti dagli stessi due attori, i quali hanno interpretato vari personaggi chiamati all’appello come fantasmi.

Patrizia La Fonte e Maurizio Palladino, un grande esempio attoriale

Sicuramente la bravura degli attori ha permesso di mantenere una tensione e un’energia sul palco molto alta, che catturava l’attenzione del pubblico in più momenti, in un misto di risate e tragicità calibrati al punto giusto.

E’ evidente che ci sia un lavoro attoriale ben ponderato e meticoloso alle spalle, che ha garantito un ottimo risultato e un esempio attoriale ammirevole. Ogni parola detta aveva, nonostante il linguaggio a tratti aulico e inusuale, trasportava in platea una sua densità e una sua emozione. Così come i piccoli gesti e le micro azioni non si limitavano a morire in un solo attimo, ma costruivano il filo di un grande ascolto e presenza scenica. Patrizia La Fonte e Maurizio Palladino hanno fatto esistere a tutto tondo ogni personaggio presentato, senza risparmiare nello studio e nella cura interpretativa.

Sorge, nonostante ciò, una domanda. Quanto il pubblico meno istruito alla mitologia ha potuto effettivamente seguire e comprendere con facilità queste storie così forbite ed annodate?

Forse si potrebbe pensare a come rendere più dinamiche le singole scene, magari puntando l’attenzione sulla relazione tra questi personaggi, caricando le tante parole con delle azioni più attive e reattive in medias res.

LA MORTE DELLA PIZIA: IL RIADATTAMENTO TEATRALE

Il riadattamento del testo di Dürrenmatt, condotto da Patrizia La Fonte e Irene Lösch, ha mantenuto un velo di filosofica poesia che si è ben spalmato sul palcoscenico, rimanendo ancorato e coerente all’emotività spontanea dei personaggi.

Lo stile recitativo è ben in equilibrio tra quello classico, caratteristico dell’epoca, e uno più asciutto e naturale, verosimilmente contemporaneo. Questo ha permesso di realizzare personaggi quasi grotteschi, ma ricchi di sfumature. Il risultato rompeva la percezione del distacco tra i nostri giorni e questa storia così lontana e rimpastata nel tempo. 

Il finale, accompagna dolcemente l’affezionata Pizia al compimento del suo ultimo desiderio e all’avverarsi della profezia più umana di sempre. Un ultimo oracolo, un’ultima verità, quella che ci accomuna tutte e tutti in un’unica storia e un’unica stanza. La morte della Pizia si avvera, contro ogni aspettativa, lasciando il pubblico carico di una nuova, inaspettata, vita.

CREDITI

PROGETTO GOLDSTEIN

La morte della Pizia
di Friedrich Dürrenmatt

Traduzione di Renata Colorni edita da Adelphi
Adattamento teatrale di Patrizia La Fonte e Irene Lösch

In accordo con Arcadia & Ricono Ltd
per gentile concessione di Diogenes Verlag

Con Patrizia La Fonte e Maurizio Palladino

regia Giuseppe Marini
Scena: Alessandro Chiti
Musiche Originali: Paolo Coletta
Costumi: Helga H. Williams
Disegno luci: Alessandro Greco
Assistente alla regia: Giorgia Macrino
Organizzazione: Rossella Compatangelo
Foto di scena: Pino Le Pera

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