L’autrice e dottoressa Marsha Linehan, trovandosi da giovane in un inferno mentale e fisico e riuscendo ad uscirne attraverso un percorso di cura psicologica, si presenta a noi come un moderno Dante raccontando la sua caduta negli inferi ed il suo successo nella ricerca di un paradiso mentale; da qui la sua promessa a Dio di prendere per mano chi ancora è intrappolato nelle fiamme dell’inferno psicologico e, come un degno Virgilio, accompagnarlo fino alle porte della guarigione grazie alla sua innovativa terapia.
“Non importa quante volte si cade, l’importante è rialzarsi e riprovare”
In questo articolo:
- I tulipani di Marsha Linehan – cosa tratta Una vita degna di essere vissuta
- Non una comune psicoterapeuta – Chi è Marsha Linehan?
- Una terapia per le persone a rischio suicidio ma anche insegnamenti per la vita di tutti i giorni – La DBT
- Sei una di noi? – La genesi di Una storia degna di essere vissuta
- L’inferno, la spiritualità, la carriera e l’amore – Le 4 parti di Una storia degna di essere vissuta
- I trattamenti degli istituti psichiatrici – Basaglia e Alda Merini
- Un saggio ed una autobiografia – La straordinaria Marsha Linehan
Contenuti
I tulipani di Marsha Linehan – Cosa tratta Una vita degna di essere vissuta
“Se sei un tulipano, non cercare di essere una rosa. Vai a cercare un’aiuola di tulipani”
Potremmo sintetizzare con questa frase l’intero scritto della Dott.ssa Linehan, sapendo consapevolmente di semplificare esageratamente il suo lavoro più che trentennale, ma ce ne prenderemo la responsabilità perché solo questa citazione può esprimere al meglio quello che siamo andati a leggere.
Chi sono questi tulipani? Potremmo essere noi, voi che leggete o chi vi sta vicino in questo momento. Per l’autrice, invece, sono quelle persone che la società ha deciso, ingiustamente, di bollare come mele marce e quindi rinchiudere nei manicomi o negli ospedali psichiatrici. Ci riferiamo principalmente a chi soffre di disturbi borderline di personalità e le persone ad alto rischio suicidio. Loro sono i tulipani della Linehan, esseri umani fermamente convinti che porre fine alla loro vita sia la cosa più giusta da fare.
Marsha Linehan ha deciso di dedicare la sua vita da psicoterapeuta comportamentale ad insegnare a queste persone che la vita è degna di essere vissuta, da qui il titolo del libro, e lo fa tramite la DBT (Dialectical Behaviour Therapy) una terapia comportamentale da lei ideata e che ha cambiato la psicoterapia.
Questo libro è la sua biografia, tanto speciale in certi aspetti quanto comune alla vita di molti in altri, oltre che la genesi e la storia di quello che costituisce la DBT insieme alla lotta per poterla ideare e renderla fruibile a tutti, a partire dai pazienti, ma soprattutto anche dagli psicologi per poter guarire i loro clienti.
Non una comune psicoterapeuta – Chi è Marsha Linehan?
La Linehan non è una comune psicoterapeuta, anzi definirla così non farebbe che sminuire la sua persona. Nasce e cresce in una famiglia alto borghese di Tulsa (Oklahoma) composta da padre, vicepresidente di una società petrolifera, madre, fortemente cristiana, e sei figli. Un'infanzia ed adolescenza agiata, senza alcun dubbio, ma con la presenza costante della figura della madre che continuamente la poneva a paragone con le altre ragazze della sua età, oltre che con la sorella, solo per sottolineare quanto l’autrice non rispettasse il prototipo di signorina che la figura materna desiderava. Si aggiungono anche problemi di autostima, mal di testa insopportabili e la negazione del proprio corpo e del proprio io.
È da questo punto della sua vita, a pochi mesi dal suo diploma, che inizia la sua “discesa all’inferno”, così definito da lei stessa. Questa discesa coincide con la permanenza durata due anni all’Institute of Living, un ospedale di cura psicologica, di cui la maggior parte passati in isolamento. Esatto! Marsha Linehan non è una comune psicoterapeuta ma è stata prima di tutto una paziente tanto quanto le persone che lei ha in cura, provando in prima persona gli istinti suicidi e autolesionisti. Fu grazie a questa esperienza atroce, alla sua fede e promessa a Dio, a cui giura che le persone non avessero più dovuto subire quello che ha subito lei, che nacque dopo anni di studi la DBT.
Una terapia per le persone a rischio suicidio ma anche insegnamenti per la vita di tutti i giorni – La DBT
La DBT nasce dalla mente e studi di Marsha Linehan. Si era imposta che voleva trovare un modo per curare, o meglio per rendere la vita migliore, a tutte quelle persone con violenti istinti suicidi. Questa terapia è figlia dalla fusione tra la psicologia occidentale comportamentale, base degli studi della Linehan, unita alla pratica Zen, anch’essa profondamente studiata dall’autrice che infatti si descrive come una persona fortemente spirituale (tanto che ad oggi è una maestra riconosciuta di pratica Zen).
Chi scrive non ha minimamente competenza negli studi di psicologia ma ci appoggiamo a quello che la Dottoressa Linehan ci ha insegnato durante questa lettura; ci scusiamo, quindi, per eventuali involontari errori in materia.
La DBT è una terapia comportamentale che si differenzia, in primis, dalle due grandi branchie della psicologia curativa (la psichiatria e la psicoanalisi) e che pesca dalla psicologia comportamentale che negli anni ‘60/’70, periodo in cui l’autrice si appassiona a questo tipo di cura, era agli albori e quindi pressoché sconosciuta.
Questa terapia, risultata dopo molte peripezie innovativa dalla comunità, unisce varie abilità che vengono messe in pratica dal terapeuta stesso con lo scopo di insegnarle ai propri pazienti (o clienti, come li chiama la Linehan) in modo che abbiano gli strumenti per capire che la loro vita nonostante tutto è “degna di essere vissuta”. Ne citiamo alcuni, il libro/manuale ne presenta tanti altri, e soprassedendo a chi sono dedicati potrebbero essere utilizzati tranquillamente nella vita di tutti i giorni, come sottolinea la stessa autrice.
Abbiamo quindi l’assertività/DEAR MAN (l’abilità di raggiungere i propri obbiettivi senza alienarsi da coloro con i quali si interagisce né perdere il rispetto di se), TIP (quattro abilità utili per attenuare le proprie emozioni quando ci si trova in un periodo di crisi), STOP (abilità che aiutano a non peggiorare una brutta situazione, impedendo di agire in modo impulsivo), negazione adattiva (come convincere se stessi che si desidera qualcosa di diverso da ciò che si sta cercando), l’accettazione radicale (la totale disponibilità verso i fatti della realtà così come sono) e la mindfulness (l’atto di focalizzare la propria mente sul momento presente, senza giudicarlo e senza rimanervi ancorati).
Se non vi avessimo detto all’inizio di questa recensione che la DBT venne creata per curare le persone a rischio di suicidio e quelle con BPD (disturbo borderline di personalità), a questo punto dello scritto pensereste che le abilità elencate possano essere benissimo utilizzate anche al di fuori della terapia stessa, ed è per questo motivo che il libro non può essere considerato un comune scritto di psicologia ma qualcosa di più.
Sei una di noi? – La genesi di Una storia degna di essere vissuta
Questo libro non nasce solo dalla volontà dell’autrice di raccontare la genesi della DBT ma è anche il testamento del suo lavoro e la testimonianza della sua vita in modo da poter dire, ai suoi pazienti ed a chi è nelle stesse condizioni in tutto il mondo, che lei è una di loro e che sa cosa hanno passato, che li vorrebbe abbracciare uno ad uno, guarirli, danzare con loro e fargli capire che la vita è “degna di essere vissuta”. L’incipit della storia descrive infatti una conferenza che la Linehan sta per tenere all’Institute of Living, lo stesso luogo dove lei era stata internata, in cui l’autrice si descrive preoccupata perché per la prima volta non parlerà solo della sua terapia ma ha scelto di parlare anche di lei, di chi è e da dove viene. Questo atto di pure coraggio ha origine da una semplice domanda posta da una sua paziente: “Sei una di noi?”. Forse è stato il tono di supplica con cui venne posta, ma la Linehan si rese conto che dopo tutti questi anni, culminati con il successo mondiale a livello medico, non avesse avuto più senso nascondere la sua storia personale ma che invece poteva essere usata come un messaggio di speranza: “se ce l’aveva fatta lei, potevano farcela anche gli altri”.
L’inferno, la spiritualità, la carriera e l’amore – Le 4 parti di Una storia degna di essere vissuta
Per un volere narrativo della Linehan, il libro si può suddividere in quattro macro parti che seguono lo svolgere della sua vita. Una sorta di biografia che ci permette di entrare nella vita più personale della autrice ma anche scoprire la nascita, lo sviluppo e le caratteristiche della DBT che sono frutto dell’esperienza di vita vissuta da lei stessa. Ogni parte è fondamentale perché senza di essa la DBT mancherebbe di qualcosa, risultando quindi meno efficiente di quello che è tutt’ora. Possiamo quindi dire tranquillamente che questa terapia è figlia carnale e spirituale delle esperienze della psicologa, sono legate a doppio filo ed una è dipendente dall’altra. Abbiamo quindi la prima parte che è dedicata alla discesa all’inferno e ciò che ne è scaturito (questa parte è stata possibile scriverla grazie ai ricordi che l’autrice è riuscita a recuperare dai suoi conoscenti, sia fuori che dentro all’istituto, e dalla sua poca memoria dell’epoca terribilmente rovinata a causa di cure errate composte da pillole ed elettroshock). La seconda parte invece passa dal lato umano e fisico, ben interpretato dalle sofferenze all’istituto, a quello spirituale in cui varie esperienze religiose, sia forti che non, si intersecano nella vita della Linehan dandole la possibilità di aggiungere un tassello fondamentale alla terapia DBT. Si prosegue con la terza che riguarda invece la sua vita da professoressa ricercatrice, come ha sperimentato la cura, le battaglie contro la comunità scientifica fortemente titubante e i suoi successi. Infine la quarta ed ultima parte parla di amore, quello che ha ritrovato nella famiglia e quello che il destino ha voluto per lei grazie agli amici e le persone che sono entrate nella sua vita e ci sono rimaste.
I trattamenti degli istituti psichiatrici – Basaglia e Alda Merini
L’esperienza adolescenziale di Marsha Linehan nel reparto di isolamento dell’Institute of Living fa venire in mente, a chi scrive, due argomenti collegati ed interconnessi tra di loro: la legge Basaglia e la vita di Alda Merini. La Linehan dichiara che è a causa del suo internamento che la sua situazione è peggiorata per colpa di cure basate su medicine, invece di una corretta terapia comportamentale, e trattamenti di reclusione che passavano dall’isolamento a quelli dell’impacco freddo. Lei stessa ad oggi cerca in tutti i modi di impedire che i suoi pazienti arrivino al punto di farsi internare, ritenendo questa pratica più un male che una cura per la persona.
La legge Basaglia fonda la sua lotta su questa concezione: la chiusura dei manicomi era sinonimo di civiltà. I pazienti non dovevano essere rinchiusi nei manicomi perché loro erano in primis cittadini con diritti e come tali dovevano imparare ed essere aiutati ad integrarsi nella comunità e non essere emarginati. La Linehan insiste molto sul fatto che i suoi clienti devono imparare, con le tecniche che insegna la DBT, a far parte del mondo che li circonda e non esserne schiacciati o, peggio, scapparne via con un atto violento come il suicidio.
Prima dell’avvento della legge Basaglia la situazione era pressoché terribile. L’internamento di una persona poteva essere richiesto da chiunque pensasse che ne avesse avuto bisogno o ordinato dalla Autorità pubblica di Sicurezza e solo l’Autorità giudiziaria aveva il compito di verificare la reale necessità; un potere che rinunciò ad eseguire perché considerato un inutile adempimento burocratico.
Quindi chi veniva internato lo era senza un reale controllo o motivazione e, all’interno di queste strutture, trovava l’inferno attraverso pratiche al pari di un lager nazista che potevano incrinare anche la più forte sanità mentale di chi era costretto a quei luoghi.
Una di queste persone che vennero rinchiuse nei manicomi senza ricevere cure più adeguate fu Alda Merini, famosa poetessa meneghina, che lasciò molte sue poesie e scritti dedicati a quell’esperienza che lei definì terribile (nella data in cui si scrive cade il 90° anno della sua nascita).
Per comprendere al meglio ciò che lei passò e come effettivamente erano organizzati i manicomi all’epoca, oltre a capire più a fondo l’esperienza di Marsha Linehan, ci permettiamo di consigliare la prosa della Merini L’altra verità – Diario di una diversa.
Un saggio ed una autobiografia – La straordinaria Marsha Linehan
Marsha Linehan ci consegna un saggio che profuma più di autobiografia ma con un pizzico di narrativa. Tramite le sue esperienze di vita ci porta dentro la sua storia, spogliandosi di ogni timore che ha avuto con sé per anni, per darci un libro che ha come scopo non solo quello di portare alla luce le problematiche di una cura sbagliata per determinati pazienti, ma anche una soluzione. Una soluzione che, al di là di ogni pregiudizio, può rivelarsi metodo efficace per la vita di tutti grazie alla fusione di consigli scientifici e spirituali.
Nessuna cosa è lasciata al caso ed ogni capitolo è un tassello in più di vita ed un passo più vicino alla DBT; ci si trova quindi a percorrere la vita della nostra autrice piano piano, scoprendo man mano caratteristiche di questa cura innovativa e le loro origini.
Ci teniamo a specificare che trattasi comunque di un’opera saggistica e, seppur il metodo autobiografico venga usato come pretesto per la narrazione, capiterà molto spesso, forse più del dovuto, di leggere paragrafi dove la conversazione prenderà una piega più tecnica rompendo quindi un po’ la linearità della storia; comprendiamo però che la scelta sia obbligata visto che lo scopo del libro è quello di spiegare correttamente la DBT e non accennarla ogni tanto. Non dubitiamo, però, che queste frenate sul tecnico possano essere abilmente superate dai lettori grazie a due semplici motivi che hanno motivato anche noi: il primo è la curiosità di conoscere a fondo il principio che governa una determinata abilità della DBT ed il suo funzionamento nel pratico, e il secondo è la voglia di continuare ad entrare ancora più a fondo nella vita dell’autrice capitolo dopo capitolo.
Al di là di ciò che può rimanere impresso o si può imparare da un libro di questo calibro, una cosa risulterà chiara a tutti alla fine dello scritto: l’eccezionalità dell’autrice.
Marsha Linehan si rivela una dottoressa e donna straordinaria che è stata capace di affrontare un inferno fisico e personale, uscendone fuori, con l’obbiettivo di non permettere che la stessa situazione possa succedere anche ad altri, riuscendoci alla grande, nonostante le carte sfortunate che la vita le ha dato in mano. Una vita degna di essere vissuta non è solo il pensiero che deve spingere le persone a non compiere atti senza ritorno, non è solo il motto principale che la dottoressa ed i suoi allievi devono seguire come un mantra per mettercela tutta nel curare i loro pazienti ma è anche un riconoscimento che, chi scrive in questo momento, vuole dare a Marsha Linehan. La sua vita è degna di essere vissuta perché solo una persona come la Linehan avrebbe potuto renderla fondamentale per aiutare la gente in modo da poter trasformare tutti i loro domani in giorni degni di essere vissuti, e di questo le saremo infinitamente grati.
“La mia è una storia sulla fiducia e su quanto la fortuna possa essere importante. È una storia che insegna a non arrendersi mai. È la storia di una persona che subisce un fallimento dopo l’altro, ma che in qualche modo continua a rialzarsi (o viene risollevata) più e più volte, e va avanti. È una storia sulla perseveranza e l’accettazione. Gran parte della DBT lo conferma.”
EDITORE: Raffaello Cortina Editore
AUTORE: Marsha Linehan
COLLANA: Storie di psicoterapia
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2021
PREZZO: euro 24,00