Strani delitti all’Hotel dei Filosofi è il romanzo presentato quest’anno dalla casa editrice leccese Manni alla fiera 2018. È un romanzo giallo, come si evince dal titolo, ma non solo. Il suo autore, Giuseppe Feyles, autore e produttore televisivo, ha insegnato filosofia nei licei e non è quindi casuale la scelta dell’ambientazione e dei protagonisti.
Siamo infatti in un albergo creato da Socrate nell’Iperuranio, dove vengono accolti 24 filosofi, da Eraclito, passando per Platone, Giordano Bruno, fino a Hegel. In questo ambiente dove tutti riflettono e si interrogano su questioni alte ma anche molto quotidiane, avvengono dei delitti e i filosofi saranno chiamati a risolvere il mistero. La voce narrante è quella del cuoco, Jo, che insieme al cameriere Juan e alla ragazza di servizio Annette permettono ai filosofi di dedicarsi solo ed esclusivamente al pensiero.
Come fa notare Carlo D’Amicis, autore anche lui di romanzi come Maledetto nei secoli dei secoli l’amore, edito per la stessa Manni nel 2008, siamo di fronte a una operazione naturale e innaturale insieme: naturale perché c’è il classico meccanismo del giallo di indagine e deduzione alla Agatha Christie, con una ampia propensione alla logica e alla osservazione.
Proprio questo rende quindi abbastanza immediato il legame con la filosofia che, però, per sua stessa natura è totalmente innaturale.
I filosofi, infatti, sono avulsi dal mondo della concretezza, così importante invece nel campo delle investigazioni. Proprio questa duplicità sembra essere una criticità di questo romanzo: Fleyes ci presenta un mondo di filosofi alle prese con problemi concreti e pragmatici. Come se la potranno cavare?
Franco Bechis, attuale direttore de Il Tempo e altro ospite della presentazione, introduce uno degli aspetti più importanti di questo romanzo, la sua leggerezza. Bechis infatti afferma chiaramente che siamo di fronte a un romanzo di intrattenimento, un classico giallo con tre omicidi e un unico assassino e che questa sua capacità di leggerezza, di intrattenere e far sorridere aiuta il lettore a interrogarsi sulla vocazione della filosofia.
Inoltre, attraverso i filosofi presentati da Fleyes come protagonisti di questo giallo, possiamo ricordare come tutta la filosofia sia la costante e necessaria capacità dell’uomo di riflettere su di sé e sui suoi problemi, i suoi drammi, di creare dubbi e cercare risposte a questi stessi dubbi. Nel romanzo si rincorrono, sovrappongono, confrontano e spesso scontrano visioni del mondo contrapposte e ognuna di esse può essere vera.
Appare non casuale quindi la scelta dei filosofi: Fleyes ne ha scelti ventiquattro, alcuni di essi rappresentano grandi passi della filosofia, altri invece fanno parte del suo personale “olimpo filosofico”. Chiara anche la decisione di concludere la lista degli ospiti dell’albergo con Hegel, perché molti hanno affermato che con lui sia morta la filosofia, ma soprattutto perché Hegel era un pensatore che aveva un potere immenso, poteva influire sulle decisioni politiche del suo tempo.
Il mondo del visibile (la politica, la società) si lega indissolubilmente al mondo dell’invisibile (il pensiero): traggono nutrimento l’uno dall’altro ancora oggi, anche se sembra non esistano più filosofi capaci di irrompere sulla scena e creare uno strappo nella cultura odierna.
Per questo, spesso, ci ritroviamo a chiederci se la filosofia serva a qualcosa. Difficile trovare una risposta immediata: possiamo affermare che la filosofia sia la portatrice di quelle idee eterne così necessarie all’uomo: cosa è l’essere, cosa è il non essere, esiste il bene assoluto, cosa è giusto e così via. E tutto questo interrogarsi avviene principalmente attraverso il dialogo: non è un caso che nell’hotel dei filosofi ci sia una biblioteca dove i personaggi passano il tempo a confrontarsi e parlare.
Queste idee eterne testimoniano chiaramente l’utilità della filosofia, perché, come capita in questo romanzo, già il solo fatto che ci piaccia giocare con loro, che ci si possa giocare, ci dice che queste idee eterne sono ancora fortemente sentite e, di conseguenza, utili.
Un’ultima prova di quanto la filosofia serva e faccia parte della nostra vita sta nella scelta della voce narrante, il cuoco. È attraverso il suo occhio non filosofico che vediamo sviscerarsi e compiersi la trama. Il suo occhio non è per nulla indulgente con questi filosofi, che oltre a non essere concreti sembrano sempre più cadere in un sistema chiuso, lontano dal mondo e dagli imprevisti. Il cuoco ci ricorda come e quanto sia influente saper guardare la realtà, esperirla, per questo può prendere in giro la filosofia. Ma in fondo, burlarsi della filosofia è fare filosofia. Ecco quindi che il cerchio si chiude: alla fine il giallo si risolve e il lettore se ne va alla ricerca di un altro libro da leggere, sapendo però di avere vissuto una esperienza che gli ha riportato alla mente lo stretto legame fra filosofia e vita.