Sulle pagine di carta certificata, prodotta dalla mistura di materia riciclata e fibre vergini di origine forestale e controllata, Bompiani ha deciso di ristampare la storia sprecona venuta in mente a Pazzi, uno dei corifei del consumismo immaginario contemporaneo. Senza riguardo per l’uso oculato con cui i più cercano coscienziosamente di preservare l’habitat del mondo inesistente – riusando sfondi, caratteri, situazioni, facendo economia d’imprevedibile – lo smodato autore di Cercando l’imperatore colonizza l’altro mondo e si abbuffa di materia prima, arrogante e senza scrupoli, quasi fosse infinita. Sia ben chiaro che non si tratta qui di fantasia. Alcuni hanno rimandato a Calvino, altro sprecone, certo, ma anche di tutt’altro stampo.
Difatti le vicende si sviluppano nella Storia e sono riconoscibili tutti gli elementi che in una qualsiasi monografia sulla fine dell’impero zarista troveremmo. I giorni di reclusione dello zar Nicola II e della sua famiglia a Ekaterinburg, negli Urali, presso la casa requisita dai rivoluzionari all’ingegnere Ipatiev. I nomi ci sono tutti, le circostanze coincidono. Ma solo in parte. Con un andamento alternativo dei capitoli, gli ultimi giorni della famiglia imperiale s’intrecciano alla marcia del reggimento Preobrazenskij, guidato dal principe Ypsilanti. Tutto inizia a ridosso dell’estate 1918. Le voci sulla fine dell’impero non convincono il fedele comandante dello storico plotone voluto da Pietro il Grande. Inizia il cammino dai remoti spazi siberiani verso l’intramontabile imperatore. Dove manca la certezza interviene la fede e dove anche questa cede, subentra l’imbattibilità dell’illusione. Ci si accorge lentamente che in questo fedele dipinto dai precisi tratti storiografici s’introducono fatti, pensieri, gesti che le fonti storiografiche non potevano conoscere. L’autore ci sta ingannando. Eppure prosegue la storia e sembra vera e, se tale, è di quel vero mai esistito o esistito continuamente.
Si apre la voragine dell’essere, del tempo e dello spazio che abitiamo, del modo in cui li abitiamo. Convinti che la ricerca dell’imperatore sia quella di Ypsilanti, ci sorprendiamo a leggere un’altra marcia verso l’imperatore, quella di Nicola, dei suoi pensieri, dei dialoghi con il figlio malato, delle incomprensioni con la moglie, dell’incomprensibilità di ciò che avviene e di ciò che si è fatto, di ciò che si è stati.
Un testo delicato, leggero, puntellato da similitudini semplici, con un linguaggio che non oltraggia. Con una risposta eccellente alla pletora espressionistica a tutti i prezzi, lo scrittore, «impaziente di realtà», impone la primazia dell’immaginazione e il garbo della scrittura. Un libro consigliato, ancorché non presti aiuto nella ricerca di argomenti da conversazione.