Sabato 10 dicembre durante Più libri più liberi si è svolto un panel estremamente attuale intitolato Women and lies: ce l’ha detto il patriarcato che dovevamo mentire; Djarah Kan ha moderato l’incontro al quale hanno partecipato, su suo invito, Igiaba Scego, Carlotta Vagnoli, Ronke Oluwadare e Lou Ms. Femme. Insieme, hanno affrontato molteplici argomenti, tutti incentrati su un unico tema: quanto il patriarcato spinge le categorie marginalizzate a mentire per sopravvivere? E soprattutto, possibile che la menzogna sia l’unica possibilità per sopravvivere?

Contenuti
WOMEN AND LIES: le protagoniste
All’interno di Più libri Più liberi, si è potuto approfondire un tema quanto mai attuale, cioè come il patriarcato ci condizioni e ci renda, a vari livelli, sottomess* a logiche che, anche se contrastate, ci appartengono e ci permeano nei nostri immaginari e nelle nostre più inconsce convinzioni.
A parlarne cinque donne che, in modi e per ragioni diverse, si occupano di femminismo e transfemminismo e non solo.
WOMEN AND LIES: Djarah Kan
Scrittrice, femminista, attivista culturale italo-ghanese, cresce a Castel Volturno e si interessa da subito alla scrittura. Vive in una dimensione segnata profondamente da tensioni razziali tra le comunità africane e i residenti italiani, cosa che la porta a riflettere su quanto il razzismo incida e modifichi le relazioni tra le persone. Nel 2008 proprio a Castel Volturno furono uccisi sei immigrati africani dalla camorra: a seguito di questo evento, apre un blog, Kasava Call; quindi comincia a pubblicare su varie riviste, fino alla pubblicazione nel 2020 di Ladra di denti con People.
WOMEN AND LIES: Ronke Oluwadare
Psicoterapeuta sistemica socio – costruzionista, ha origini nigeriane e come lei stessa ha raccontato nel corso del panel, si è trovata a lavorare con le seconde generazioni, specializzandosi così in questioni identitarie e bisogno di rappresentazione. Lavora quindi sulla riappropriazione dell’integrità, un tema molto urgente e sentito dalle seconde generazioni, ma che a ben vedere fa parte di un processo molto più ampio che raccoglie intere fette di popolazione, specialmente quelle più marginalizzate
WOMEN AND LIES: Carlotta Vagnoli
Scrittrice, attivista, content creator, inizia a collaborare con riviste come GQ e Playboy in veste di sex columnist; successivamente, ha iniziato un profondo e strenuo lavoro di divulgazione, anche attraverso i social, riguardante il linguaggio, la violenza di genere e gli stereotipi. Grande parte del suo lavoro riguarda anche le scuole, dove si dedica a tematiche come il consenso e la prevenzione verso la violenza di genere, nel 2021 pubblica Maledetta Sfortuna con Fabbri Editori e nel 2022 Memoria delle mie puttane tristi con Marsilio.
WOMEN AND LIES: Igiaba Scego
Scrittrice di origine somala, si occupa di scrittura e giornalismo e di ricerca sul dialogo tra culture, in particolare di transculturalità e migrazione. Collabora con numerose riviste, come Latinoamericana, Migra e scrive per alcuni quotidiani – fra cui Repubblica e il Manifesto. La sua attività di scrittrice è caratterizzata da riferimenti autobiografici che la portano a mettere in luce il precario equilibrio che si instaura tra realtà culturali differenti, quella familiare d’origine e quella del quotidiano. Ha pubblicato numerose opere, fra le quali ricordiamo Adua nel 2015 (Giunti), La linea del colore nel 2020 (Bompiani) e Figli dello stesso cielo, il razzismo e il colonialismo spiegato ai ragazzi nel 2021 (Piemme).
WOMEN AND LIES: Lou Ms. Femme
Transfemminista, attivista lgbtqiapk+ e militante pro – choice, Luo Ms. Femme è una persona trans gender non binaria. Laureata in Beni Culturali, si forma in gender studies, cultura queer e feminism and social justice. Ha abbracciato successivamente la campagna Libera di abortire e collabora con numerosi collettivi trans femministi. Attualmente fa parte della rete Gaynet Roma Giovani. È content creator, moderatrice e contributor di Le contemporanee.
GASLIGHTING: la parola più ricercata su internet
L’incontro si apre con una constatazione che, se da un lato ci affascina, dall’altro ci lascia perpless*: la parola più ricercata su internet nel 2022 è gaslighting, cioè quel meccanismo perverso di manipolazione per il quale una persona è indotta a dubitare di sé stessa e della propria sanità mentale.
È un vero e proprio abuso psicologico che viene messo in atto in un rapporto, dove il carnefice mantiene il controllo e il potere sulla vittima mettendo costantemente in dubbio le sue parole, le sue azioni, la sua stessa memoria degli eventi. La vittima non sa più quale sia la verità, ma soprattutto non sa più se può fidarsi di sé.
WOMEN AND LIES: la menzogna pervade la realtà?
Ecco dunque che il meccanismo manipolativo agisce a più livelli nella coscienza dell’individuo che lo subisce, ma la vera domanda posta durante l’incontro è se esista un gaslighting collettivo, che pervade il mondo che ci circonda.
A partire dall’intervento di Oluwadare, diventa subito evidente come nasciamo e cresciamo in una vasca chiamata patriarcato, che invade la nostra cultura, la nostra educazione, il nostro immaginario collettivo. Naturale allora è per chiunque nascondere delle parti del sé, perché se le nascondiamo possiamo agire industurbat* nel mondo.
Si pone però un problema molto più ampio: se le nascondiamo queste parti al mondo, le nascondiamo anche a noi stessi, perché ci hanno in qualche modo insegnato a non vederle. I nostri pezzi sono sparsi dentro di noi e dobbiamo imparare di nuovo a stare nella complessità ma, soprattutto, proprio perché immers* nel patriarcato e nella sua visione univoca e deformata/deformante, dobbiamo imparare a guardare il nostro posizionamento nei confronti dell’altro.
WOMEN AND LIES: mentire o non mentire?
Questo spostamento dello sguardo, però, cela un grande dissidio, perché vuol dire uscire da logiche convenzionali e “sicure” ed entrare in uno spettro di azione molto più rischioso. Perché la verità è che soprattutto nelle categorie più fragili in quanto marginalizzate dal sistema, la menzogna è sopravvivenza.
Lou Ms. Femme fa un esempio perfetto, partendo da un dato di cronaca che dovrebbe aprire ampissimi margini di riflessione e discussione: il nostro Paese è maglia nera per ciò che concerne le violenze contro le persone transgender. Al di là del lato culturale, quello che qui preme è capire come queste persone si trovino a un bivio nella loro vita: come agire di fronte alla transfobia?
Il coming out è un atto che ancora oggi spaventa, sono in molt* a non sentirsela. Più semplice allora il passing, cioè fare di tutto per assomigliare alla donne cisgender, oppure mentire per sopravvivere. Si mente e si cede ogni giorno un centimetro alla volta della propria vita e della propria identità ma non bisogna fare i moralisti!
La verità è che spesso la menzogna permette la sopravvivenza. Ragionando così, ecco allora che si apre uno squarcio in una delle più grandi ipocrisie del nostro tempo, tanto millantata attraverso i social: l’autenticità.
WOMEN AND LIES: la menzogna appartiene ai nostri corpi
L’unica certezza che sembra appartenerci è proprio che, all’interno di questa vasca collettiva chiamata patriarcato, la menzogna ha due facce: è un’arma che il patriarcato usa per tenere il controllo, è un’arma per sopravvivere al patriarcato stesso.
La bugia è abusante, sì, lo vediamo tutti i giorni: pensiamo per esempio a come il mercato faccia gaslighting, a come strumentalizzi costantemente temi importanti, come l’antirazzismo. A come questo meccanismo di manipolazione della percezione della realtà venga agito innanzi tutto sui nostri corpi, sempre in bilico fra un’immagine cui aspirare che poco dopo viene negata.
Eppure, come nota e ricorda Scego, nei Paesi colonizzati la bugia ha permesso la rivolta: è con il silenzio, con la maschera indossata per compiacere il colonizzatore, che si ha avuto il tempo e la forza per preparare la propria liberazione.

WOMEN AND LIES: l’informazione che ribalta la realtà
L’altro grande tema è come l’informazione partecipi al gaslighting. Esemplare è la vicenda del processo Depp – Heard, che ha raccontato in modo ambiguo una vicenda di violenza domestica, senza approfondire le vere dinamiche di un rapporto abusante.
Il contesto domestico, infatti, è la cornice di dinamiche domestiche che sono inenarrabili, che solo chi le vive conosce; non dimentichiamo poi che l’abuser è il maestro perfetto e, come dimostrano numerosi studi in merito, all’interno di una relazione vittima/carnefice anche l’abusato compie cose terribili per sopravvivere.
Ma il punto di questo fatto di cronaca è che ha scoperchiato un vaso di Pandora: raccontare la violenza da un punto di vista diverso (anche gli uomini subiscono violenza!) ha dato il via ad accuse al femminismo, prima fra tutte che in realtà serva solo a coprire le bugie delle donne.
Come se non bastasse, è stato toccato un idolo delle folle, potentissimo nel nostro immaginario. Per dirla in parole semplici, Heard ha usato Depp per avere successo. Questa equazione a dir poco approssimativa e squallida ha rinforzato un bias sulle donne contro cui lottiamo strenuamente da anni: tutte le donne che denunciano sono bugiarde.
Di nuovo, la bugia come arma per silenziare la parte più debole.
Il bias: il pregiudizio che fomenta contro le donne
Avere a che fare con i pregiudizi è terrificante, perché profondamente interiorizzati nella nostra mente. Non è casuale quindi che, come nel caso del processo Heard – Depp, molte donne si scatenino contro altre donne.
Perché?
Perché il patriarcato è cementato dentro di noi e si impara presto a odiare ciò che non risponde alle sue logiche, ciò che ancora non abbiamo imparato ad amare.
Si impara presto a mentire o a far vedere che non sei come le altre secondo la mentalità del “I’m one of the boys”: è un atteggiamento normale perché ci si sente parte del gruppo vincente e quindi ci si sente protette.
Guardando bene, però, cambiando il nostro sguardo e il nostro posizionamento con l’altro, come si diceva all’inizio, è possibile vedere che nessuna è realmente protetta da questa cultura abusante, che anzi il corpo delle donne e delle categorie marginalizzate viene costantemente scarnificato, linciato, massacrato, in un’autentica spirale senza fine.
Si incita alla violenza su un corpo e di conseguenza sui corpi che gli assomigliano; si pretende coerenza (come ti rappresenti? Come non ti rappresenti?) e se ti allontani da questa narrazione non puoi essere presa sul serio.
WOMEN AND LIES: quanta strada da percorrere?
Quale la strada per uscirne, quindi?
La risposta non è semplice, certo è che bisogna decostruire le pretese performative patriarcali, mattone dopo mattone.
È chiaro che probabilmente non saremo noi a vedere i frutti di questo lavoro costante, ma c’è la certezza che apriremo la strada per liberare in qualche modo le generazioni a seguire.
È una strada lunga e non risponde a un percorso univoco, poiché siamo identità plurali.
È una strada difficile, perché non sappiamo quando e se vedremo risultati.
Ma è una strada da percorrere, questa è l’unica risposta.
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