“Mi chiamo Gael, i miei genitori sono astemi e io ho un nome di origine bretone. Ho 28 anni portati a metà”. Gael è uno dei tanti ragazzi che, dopo l’università, ha trovato un lavoro in nero, divide la casa con Lally, una ragazza inglese in Erasmus, e con Tripudio, un maiale vietnamita nano. E poi ci sono gli amici, quelli che ti invadono casa, quelli che una bevuta fa dimenticare tutto, quelli che ti presentano amiche per farti dimenticare l’unica ragazza che vorresti, Levia.
Gael vorrebbe fare lo scrittore ma ogni volta che scrive sviene. Ma riesce comunque ad appuntare su dei post – it la sua storia e nella brevità materiale della carta condensa sensazioni, riflessioni, alternando ironia e malinconia, in un continuo gioco di specchi dove le parole si muovono agili, vanno subito al punto senza troppi preamboli. Precise, a volte affilate, a volte dolci come una carezza.
Daniele Vaira (classe 1980) ci offre la possibilità di entrare in un mondo dove le parole non sono mai superflue. Eppure, nella rapidità dei capitoli del suo Per dimenticarti vivo con un maiale, tutto è chiaro e arriva dritto al cuore del lettore.
La scrittura di Vaira è a metà strada fra prosa e poesia, caratteristica che permette di creare una comunicazione immediata, senza filtri. La formula del post – it si rivela vincente: sono post – it veri come quelli che ci ritroviamo di tanto in tanto a leggere nella vita di tutti i giorni, solo che qui diventano uno strumento perfetto per parlare di una vita piena e precaria insieme, dei dubbi e delle delusioni di una generazione, delle soluzioni e delle strategie di sopravvivenza buffe, imperfette, impossibili con le quali reagire allo sconforto della vita, alle delusioni amorose, ai piccoli e grandi dolori che ci accompagnano, a un viaggio che facciamo quotidianamente e spesso senza sapere la nostra vera meta.
Ci si ritrova a sorridere di fronte a Gael che non sa dichiararsi a Levia, a ridere immaginando Tripudio vestito da tifoso del Toro che però non può entrare in curva, a patire e commuoversi di fronte alle ferite di Lally e alla morte improvvisa di Leo, l’amico prediletto.
Il leit motiv della narrazione è sempre unico, la leggerezza, cardine saldo e affascinante che trattiene a sé il lettore. È la famosa leggerezza di Calvino, quella che permette di vedere le cose dall’alto, abbracciare le storie totalmente, senza macigni sul cuore.