Maledetta Balena di Walter Chendi, Tunué Editore

Due storie che percorrono assieme la stessa strada: Maledetta Balena, graphic novel edita da Tunué e realizzata da Walter Chendi,narra le vicende di un protagonista sospeso nel contrappunto temporale fra vecchiaia e giovinezza, insieme alla lotta per la sopravvivenza e alla sconfitta della morte, attraverso un doppio percorso narrativo che riesce a conciliare un’esperienza di lettura intima e personale.

La prima cosa a cui pensi quando finisci di leggere Maledetta Balena, l’ultima fatica di Walter Chendi, è che vorresti avere a diposizione ancora tante pagine, nella vana speranza di poter continuare quell’immersione fra le sequenze di un fumetto dal forte sapore nostalgico. Il punto, poi, è che si tratta di una storia pure affascinante, che ripaga fino all’ultima pagina le promesse iniziali. Oppure, per dirla più semplicemente, la graphic novel edita da Tunué è bella come potrebbe essere bella una nuova opera di un autore che, fra alti e bassi, attendi da tanto tempo. Dipende dalle tue aspettative: un’attesa che è un’attesa diversa da quella che potresti provare per un fumetto di supereroi o di mostri giganti.

Di solito, si dice che a un certo punto della carriera artistica, i fumettisti autoriali (intesi come autori completi delle loro opere) sentano il bisogno di tornare indietro e riscoprire le radici – anche biografiche –  che hanno formato la propria arte. Forse questa supposizione non sempre trova un’immediata applicazione: ma quello che viene da pensare quando leggi Maledetta Balena, è che l’autore alla riscoperta delle proprie radici abbia proprio deciso di buttarsi a capofitto. E non si tratta necessariamente di un male. Perché in questa storia puoi trovare di tutto: avventura e ricostruzioni storiche, amore e sesso, filosofia e tragedia, sofferenza e malattia ma anche ironia e leggerezza. Potrebbero sembrare ingredienti troppo diversi fra loro se preparati male, ma se c’è un fumettista in grado di cucinare – come Giovanni Dardini, il cuoco protagonista della storia – diverse pietanze con la giusta cottura quello è proprio Walter Chendi. 

Senza contare la qualità dei disegni: ti sembra di averli già visti da qualche parte, di intuirne vagamente lo stile attraverso i dettami di autori del calibro di Vittorio Giardino e Bryan Talbot, ma la verità è che la qualità estetica del lavoro del fumettista triestino (già vincitore nel 2010 del prestigioso premio “Gran Guinigi” con la graphic novel La Porta di Sion) diventa subito un classico istantaneo. Un tratteggio efficace e dettagliato unito a un’attenzione meticolosa per i particolari, in cui non riesci a non riscontare una sorta di allontanamento – rispetto alle altre opere dello stesso Chendi – dalla cosiddetta ligne claire smaccatamente francese.

La sceneggiatura, in tal modo, diventa anch’essa un virtuosismo per nulla gratuito: ogni inquadratura, per quanto possa sembrarti vistosamente sopraffina, è sempre rivolta al servizio narrativo della storia. Le scelte registiche non sono dunque effettuate come mero orpello estetico. Basta dare uno sguardo al doppio binario in cui si dipana la vicenda: il protagonista è Giovanni Dardini, un ottantenne che sta vivendo gli ultimi giorni della sua vita in un letto d’ospedale, dove, in una sospensione onirica ma altrettanto reale, comincia a rivivere i ricordi avventurosi della propria gioventù, durante la seconda guerra mondiale in qualità di cuoco di una nave ospedaliera.

Ed è proprio in questo duplice percorso che viene fuori la qualità della sceneggiatura: nei momenti di lucida “vecchiaia”, infatti, la visione della vicenda viene offerta quasi totalmente in soggettiva, costringendo il lettore ad osservare la realtà allo stesso modo in cui la vive il protagonista moribondo. Nel medesimo momento, procedendo nella strada completamente opposta, ecco lo stesso protagonista che diventa “giovane” – nelle sue avventurose vicende durante la guerra –  collocato e inquadrato al centro della scena: non di rado, vieni pertanto proiettato in una ambigua sospensione fra sogno e realtà. La consistenza dei ricordi, tanto per fare un esempio, assume connotati via via più nebulosi, salvo poi ritrovarti con alcuni cerchi rossi disegnati al centro delle vignette e che si fanno di pagina in pagina più consistenti: poi ti svegli dal sogno e scopri che quei maledetti cerchi non sono altro che la luce di una piccola torcia, utilizzata da un infermiere per svegliare il paziente moribondo. Si ritorna dunque alla realtà del letto d’ospedale e alle soggettive del protagonista anziano.

Allucinazioni e deliri, alternati a una verità concreta e tangibile, ci consentono di uscire con lo stesso protagonista in due diversi periodi storici: due realtà che lottano fra di loro per non abbassare mai la guardia, anche se ovviamente finiscono col diventare se stesse di fronte a noi. In conclusione, se proprio vuoi trovargli un piccolo difetto, è innegabile che – per la natura stessa della vicenda – Maledetta Balena abbia alcuni momenti con un andamento un po’ pesante. Ma in altri, brucia con un calore che non riesci a spegnere in nessun modo. Come piccoli cerchi rossi che si insinuano nella tua testa. 

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