Le nuove uscite editoriali presentate a Più libri più liberi e un giretto fra gli stand

La Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria di Roma, Più libri più liberi, si è chiusa da alcuni giorni. Come sempre, si è rivelata un’occasione imperdibile per conoscere le ultime novità degli editori già noti e apprezzati o ancora da scoprire, e soprattutto per incontrare scrittori e addetti ai lavori. Un salto da una sala all’altra del primo piano e da uno stand all'altro del palazzo dei Congressi da cui si esce sempre più convinti dell’ottimo lavoro che le piccole e medie case editrici italiane realizzano quotidianamente, con passione e tanta determinazione.

Dopo il Caffè Letterario in cui si è parlato del Premio Sinbad, dopo Il blues dell’Alligatore, reading con accompagnamento musicale a tema di Massimo Carlotto (nome storico delle edizionieo-un nome, una garanzia di ottime letture), ci inoltriamo nella Napoli gotica di La doppia porta, di Francesco Palmieri, uscito per la piccola casa editrice partenopea adestdellequatore. La presentazione puntuale di Roberta Ascarelli ci introduce in una scrittura dai significati stratificati, nella quale il lettore “può star comodo”, ma che è allo stesso tempo una Fata Morgana in cui “il lettore è l’autore”; ci porta nei meandri di un testo che necessita di tutta l’attenzione e la pazienza di chi legge per essere pienamente apprezzato, come ogni buon romanzo che si rispetti.

Al secondo giorno di Fiera cambiamo genere e tentiamo di arrivare puntuali all’incontro mattiniero con Carlo Boccadoro (in foto, più sotto), autore di La grande battaglia musicale, recentemente pubblicato da marcosymarcos ad apertura della nuova collana di narrativa per ragazzi Gli scarabocchi. Un libro per tutte le età, che con inchiostro multicolore e spartiti originali, con la leggerezza e insieme i forti contrasti della storia, con la ricercata musicalità della lingua, ci porta nel mondo di Notina dove, come recita il titolo, si prepara la grande battaglia musicale tra il maestro Leon de Trombòn e il maestro Bacchettafrolla. Un libro che insieme a molti altri delle edizioni Marcos y Marcos, lo ricordiamo, fa parte dell’iniziativa BookSoundI libri alzano la voce, che coinvolge le scuole di primo e secondo grado con laboratori ed eventi, puntando “sulla lettura ad alta voce per fare scoprire ai ragazzi il potere dei libri, la forza della loro voce e il piacere della condivisione”.  

A questo punto, perché non si pensi che i grandi della letteratura italiana del Novecento siano assenti dal fitto programma di Più libri più liberi, seguiamo la presentazione a cura di quodlibet, che  ha da poco ripubblicato Il pataffio di Luigi Malerba (scritto nel 1978), e ne ha affidato la presentazione in Fiera a Francesco Muzzioli il quale, da bravo professore, illustra il romanzo nei suoi diversi risvolti storico-culturali, linguistici, simbolici. Non risparmia, all’inizio, una critica ai tempi moderni, che nella sua furia rottamatrice del buon senso ha, tra le altre cose, reso muti i libri, fino al Medioevo dotati di una voce e fondamentale strumento di condivisione e di socialità. Il pataffio ha certamente una sua voce, una voce “forte, libera, impertinente”, come si capisce fin dall’incipit, letto e interpretato da Paolo Morelli. La chiave di lettura additata da Muzzioli è il comico carnevalesco (definizione che Bachtin andava definendo in quegli anni): per la centralità degli elementi corporei (e delle parti basse, in particolare), per il linguaggio dal carattere dialettale (improntato a quello dell’alto Lazio) e scurrile, dal lessico leggermente storpiato, risultato di un “intervento sperimentale d’autore sul corpo della parola”. Del resto, Luigi Malerba usa la terza persona, lasciando tutto lo spazio del romanzo ai suoi personaggi, ma entrando pienamente nella loro lingua. Il romanzo si presta a essere letto attraverso il filtro del comico anche per via del grande tema della fame che attraversa ogni strato sociale. Il feudo in cui è ambientata la vicenda è un corpo vuoto, ma immaginifico: il cibo compare in sogno, nella finzione (bellissimo il brano del pollo e delle rape); l’immaginazione sostituisce la realtà, tanto che si può parlare di “materialità dell’immaginario”. Il Medioevo offre all’autore la possibilità di mettere in scena la lotta di classe, ancora molto sentita al tempo della prima pubblicazione, laddove tra i signori e i sottoposti non c’è mediazione alcuna, e di costruire un’utopia, che altro non è se non una Costituzione culminante nella parola libertà. Proprio la forza dell’utopia del Pataffio, secondo il relatore costituisce, oggi in cui questa forza non si scorge, uno dei motivi più validi per leggere il romanzo. Ma non solo: un altro buon motivo risiede nel coraggio dell’autore di innovare l’espressività del linguaggio della narrativa (e buon gioco ha dato l’ambientazione medievale), come non avviene più.

Torniamo a tempi più recenti, ma dove le questioni sociali e ideali la fanno ancora da padrona, con la presentazione del libro d’inchiesta La guerra del pallone. Storie di vita e di calcio in Palestina, di Gabriella Greison, edito da redstarpress. Se, come sembra, il calcio è anche politica e svolge una funzione sociale, il reportage mira a offrire un quadro della quotidianità in territori, come Hebron, dove tutto è regolato da uno stato perenne di guerra e ciò che altrove è scontato, qui si trasforma in straordinario.

È invece un bel tuffo nella migliore letteratura americana contemporanea la presentazione di Carne viva, il libro d’esordio di Merritt Tierce (in foto più sotto), portato in Italia dalle edizionisur nella traduzione di Martina Testa, che ha illustrato alcuni aspetti del romanzo e dei processi di scrittura insieme all’autrice. Come nel libro di Luigi Malerba, anche in questo caso la corporeità, la sensorialità e la sensualità, intesa come conoscenza attraverso i sensi, costituiscono gli assi portanti della narrazione. La protagonista, Marie, è una giovane cameriera e il ristorante in cui lavora diventa il pretesto per indagare le classi sociali medie e basse, procedendo in senso opposto rispetto alla maggior parte degli scrittori americani contemporanei, concentrati sulla upper class. In Carne viva entrano in gioco tutti i cinque sensi. Le pagine sono piene di odori, suoni, fluidi; abbracciano il mondo fisico più che quello intellettivo o sentimentale. Questo perché, secondo Merritt Tierce, la conoscenza sensoriale è la più solida, e le sensazioni fisiche le più reali: cosa è più tangibile del dolore? “Scrivere qualcosa che si sia percepito fisicamente trasmette sicurezza, avvicina molto alla realtà”, insomma, ma occorre molta abilità per trasferire percezioni e sensazioni nelle parole, con tutta la loro intensità. Anche il linguaggio reca l’impronta di un impianto narrativo in grado di raccogliere numerosissimi stimoli provenienti dal mondo esterno per restituirli quali tasselli del complesso mosaico in cui consiste la realtà. Così, se il romanzo è pieno di suoni, di voci, di musiche e rumori, l’autrice fa un uso sincopato, ritmico, fortemente musicale della lingua, tale che la melodia e il ritmo si prestino alla stessa scansione del pensiero.

Con l’ultima presentazione seguita restiamo Nelle Americhe, ma dagli Stati Uniti scendiamo fino in Messico, con il libro Ballata per mia madre di Julián Herbert, pubblicato dalle edizioni gran-via, una piccola casa editrice che scopriamo solo quest’anno, il cui catalogo merita davvero grande attenzione. Il romanzo, fortemente autobiografico, è incentrato su una forte figura materna – una ex prostituta – e sulla sua malattia; la narrazione si muove nei corridoi di un ospedale, dove la madre dell’autore ha trascorso l’ultimo periodo della sua vita, “un luogo così terribile e doloroso, da risultare talvolta comico”, dice lo scrittore. Tra i meriti dell’opera, sostiene il relatore Francesco Fava, oltre all’onestà profusa in un racconto così personale, intimo, difficile del rapporto con la figura materna e di un’infanzia da lei oltraggiata, si possono annoverare anche la pluralità dei toni e dei temi: la lingua di Herbert imprime alla narrazione uno straordinario ritmo, tanto che si può parlare di un romanzo “pulsante e poetico” che, oltre a essere una elegia per la madre, affronta l’argomento della paternità, laddove la morte della madre coincide con la nascita di un figlio; rappresenta una autoriflessione, lucida e profonda, sulla scrittura; lascia emergere, con rabbia o ironia, una riflessione sul Messico attuale. Se nella letteratura messicana contemporanea si possono rintracciare due filoni, quello della Narconovela, incentrato sulla realtà sociale, politica e culturale del Paese, e quello del Manifesto del Crack, dalla prospettiva internazionale e globalizzata, Ballata per mia madre e l’intera produzione di Julián Herbert si collocano invece in posizione intermedia, riuscendo a trattare la realtà del Messico, il problema identitario, a partire da una questione personale. La natura ibrida della propria scrittura è sottolineata dall’autore, che ne rintraccia l’origine nella letteratura medievale. Del resto, la riflessione sulle modalità per mezzo delle quali da una pluralità di elementi, di argomenti, si arrivi alla coesione narrativa e linguistica del romanzo, rappresenta – sempre secondo le parole dello scrittore – il vero tema centrale del romanzo. Un romanzo, inoltre, la cui fine coincide con la morte della madre del suo autore, e che pertanto pone la complicata questione del rapporto tra vita e scrittura. Marco Colabraro ne ha letto alcuni brani, e il volume entrerà a breve nel novero dei miei “libri da leggere/autore da approfondire”.

La sensazione d’insieme, come dicevamo in apertura e nell’articolo dedicato al Premio Sinbad, si può sintetizzare in una frase: l’indipendenza paga (anche se, forse, non proprio in denaro).

 

In giro fra gli stand

Delle difficoltà che i piccoli e medi editori affrontano per resistere all’urto delle leggi del mercato, però, tra gli stand non c’è traccia. Riusciamo a vedere tanti libri belli e bellissimi, come quelli targati atmospherelibri, di cui abbiamo recensito il romanzo Beatles e sono ora in lettura Ragazzi di Bambù e anche un bel thriller, playgroundlibri, NN Edizioni, 66thand2nd, lormaeditore e, soprattutto, delvecchioeditore: cliccate pure e date un’occhiata al catalogo, ma dovete sfogliare i suoi libri, per ammirare la cura e la perfezione della veste grafica dei suoi volumi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Facciamo due chiacchiere con editori, redattori, uffici stampa. Conosco per la prima volta di persona Giulia Marziali di Marcos y Marcos, che, dopo avermi gentilmente inviato per posta I miei piccoli dispiaceri di Miriam Toews, ora mi dà addirittura Bambini nel tempo di Ricardo Menéndez Salmón (entrambi presto sulle nostre pagine), mi racconta degli Scarabocchi e della Grande battaglia musicale il cui autore, Carlo Boccadoro, appare in foto assorto nella lettura. Purtroppo non gli ho chiesto quale libro stesse leggendo. Parliamo con Francesco, della Playground, che mi regala l’ultimo romanzo di Allan Gurganus, Anche le sante hanno una madre (di cui presto parleremo ancora) e rivanghiamo i tempi andati in cui caporedattore della sezione libri di Gufetto era il sempre rimpianto Alex Pietrogiacomi, che invece salutiamo allo stand di nneditore, dove è approdato lasciando suddetto posto alla sottoscritta. Facciamo la conoscenza di Giusy Canardi (si è rifiutata di farsi fotografare, sappiatelo) delle edizionifahrenheit451, proponendoci di rivederci in occasione della prossima presentazione del romanzo di Rosalba Campra,Le porte di Cassiopea, e scoprendo a sorpresa di avere la conoscenza comune di Stefano Tedeschi, che ha curato insieme ad altri per Fahrenheit Curiose inquietudini. Sedici racconti del Messico contemporaneo, parte della collana Narramérica. Ho conosciuto Viola Marino, ufficio stampa di voland, casa editrice che vanta il romanzo che mi ha fatto più piangere nella mia vita (37°2 al mattino, di Philippe Dijanne), nascosta dietro l’ignaro lettore nella seconda foto da sinistra. Anche in questo caso, siamo d’accordo nel risentirci nel post-fiera. E ancora, i ragazzi delle lasvegasedizioni, di edizioniensemble, watsonedizioni, meridianozero, di cui abbiamo letto e recensito Tu non lo sai da dove vengo, di Francesco Randazzo, l’editrice di scritturascritture, che mi regala il noir Nero Dostoevskij.

 

 

 

 

 

 

Oltre agli autori ascoltati nel corso delle presentazioni, conosciamo Stefano “S3KENO” Piccoli, autore di Guerrilla Radio (Vittorio Arrigoni, la possibile utopia), roundrobineditrice; faccio una foto con Paolo Pasi, autore di L'era di Cupidix, delle coloratissime edizionispartaco; chiedo l’autografo a Merritt Tierce, ad Alessandro Sanna, che realizza dal vivo un bellissimo disegno sul suo già splendido Pinocchio prima di Pinocchio (orecchioacerbo).

 

 

 

 

 

 

 

Ma soprattutto, mi chiedo: dove sono i più belli della fiera? Nello stand edizionisur o adestdellequatore?

 

image_pdfSCARICA QUESTO ARTICOLO IN FORMATO PDF