Gruppo Abele pubblica La Palestina nei testi scolastici di Israele, scritto da Nurit Peled – Elhanan, seconda edizione di un libro importante, uscito in Italia per la prima volta nel 2015 dopo la pubblicazione in Israele tre anni prima. Importante perché riporta luce su un tema di riflessione generale e non solamente legato al territorio di cui parla: possono i testi scolastici essere non obbiettivi e quindi condizionare la vita e le scelte di giovani discenti durante la loro crescita?
In questo articolo:
- Democrazia ed etnocrazia: due concetti centrali nella disamina
- Peled – Elhanan e i testi scolastici di Israele
- Come arrivare a un nuovo modello di pace e dialogo
Contenuti
Democrazia ed etnocrazia: due concetti centrali nella disamina
Nurit Peled – Elhanan, docente all’Università ebraica di Gerusalemme e Premio Sacharov 2001 del Parlamento Europeo per la libertà di pensiero e i diritti umani, analizza proprio questa domanda e lo fa con attento approccio scientifico ed attento inquadramento della realtà storica e sociale di un territorio, quello dello Stato d’Israele e delle aree circostanti, orami legato ad un forte dualismo fra comunità e con l’occidente “civilizzato” ormai più spettatore più che attore degli sviluppi.
È significativo il primo distinguo che l’autrice fa nell’introduzione al libro, quello fra democrazia ed etnocrazia, ovvero “democrazia etnica” laddove “l’elemento determinante per il conferimento di diritti, potere e risorse in Israele non è quello della cittadinanza bensì quello dell’appartenenza etnica”, ovvero di identità culturale basata sulla credenza nella comune origine in un determinato luogo come definita da un altro illustre accademico israeliano, Oren Yftachel.
Questa divenne la base fondante delle politiche di istruzione di un territorio lacerato che decenni fa andava ricostruito e quindi per una legittimazione di presenza post 1948 viene analizzato vi fosse necessità di rendere nota la continuità nel territorio, crearne un culto affinché la simbiosi gruppo etnico e territorio venissero validati e attorno a ciò si giustificasse la politica di rientro nella terra promessa di altri “etno-cittadini” da ogni luogo del mondo. Venne così impostato un lavoro di formazione da condurre sulle nuove generazioni così che crescessero con un modello identitario nazionale funzionale al patriottismo ed alla difesa di quella storia impostata sulla continuità della presenza.
Peled – Elhanan e i testi scolastici di Israele
L’analisi che l’autrice fa, molto attentamente, dei testi scolastici utilizzati in Israele è profonda ed attenta, constata l’assenza da essi di gruppi minoritari, anche laddove i testi sono multimodali e quindi vanno compresi anche i significati incrociati. Dettagliata la ricostruzione dell’uso di aspetti positivi e negativi, edificanti o denigranti, a seconda che si descriva una etnia o l’altra, anche nella geografia dove Peled-Elhanan rileva che “i manuali di geografia adottano strategie di comunicazione razzista per descrivere i cittadini palestinesi di Israele, …” in un contesto che li vede rappresentati come primitivi, parassiti e volgari, fuorilegge, nemici interni, solo per fare alcuni esempi delle terminologie rilevate come significato rappresentato.
Rilievo viene dato allo studio di ogni tipo di espressione, anche umoristica, nonché al layout delle pubblicazioni in funzione dell’ordine di lettura (destra/sinistra, alto/basso) e di come ciò possa essere un vettore di significato per messaggi sia espliciti che impliciti che portino alla legittimazione progressiva di azioni e scelte politiche, creando così un processo di assimilazione educativa che omette o evidenzia situazioni in funzione di ciò che si vuole fortificare nel discente lettore.
Si crea così quello che l’autrice definisce il “non voler sapere inculcato ai giovani israeliani nel corso dell’istruzione, … un non volere insegnare” evidenziando poi che “lo Stato di Israele non ha mai promosso l’educazione alla pace né ha mai voluto mischiare ufficialmente alunni ebrei e palestinesi” perché, come chiarisce citando l’accademico israeliano Dan Rabinowitz, non è stato fatto “nonostante [la] sovrabbondanza di opportunità, il tema della pace e della coesistenza non è mai divenuto parte del programma formale accademico e non ha mai trovato credito accademico a pieno titolo.”
Come arrivare a un nuovo modello di pace e dialogo
In conclusione è importante richiamare l’attenzione a come una istruzione libera e non condizionante dello sviluppo mentale e dell’apertura al mondo degli studenti possa essere il vero valore aggiunto a cui la lettura di questo importante saggio, dove non vengono portati giudizi su scelte politiche ma si fa una attenta ricostruzione semiotica dei testi, così che non venga solo passato l’imprinting delle concezioni dominanti ma venga forgiata la coscienza civile delle nuove generazioni e, forse, si possa scuotere quella degli adulti verso un nuovo modello di pace e dialogo attraverso la cultura e l’istruzione come anche più volte richiamato dai report delle Nazioni Unite sul tema.
Mi si consenta infine di considerare la citazione di Richard Dawkins in apertura di questo libro come il vero senso che mi guidato la lettura e che si auspica possa essere il binario di miglioramento da cui partire: “La psiche umana conosce due grandi mali: il bisogno di vendicarsi lungo il corso delle generazioni e la tendenza ad attribuire appellativi di gruppo agli esseri umani, piuttosto che considerarli degli individui.” Buona lettura!
CASA EDITRICE: Edizioni Gruppo Abele
AUTRICE: Nurit Peled – Elhanan
COLLANA: Le staffette
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2021
PREZZO: euro 19,00