Intervista a Manni Editori

L'attività editoriale di Manni Editori inizia nel gennaio 1984 ad opera di Anna Grazia D'Oria e Piero Manni, con la rivista di letteratura “l'immaginazione” che ancora oggi si occupa di ricerca letteraria. Intorno alla rivista si crea da subito una rete di relazioni e di interessi culturali che diventano organici nella programmazione di una produzione libraria. Qui a PLPL abbiamo parlato con Agnese Manni che è la Direttrice Commerciale.

Ripresa degli eventi in presenza: numeri, esperienze, incontri. Come sta andando questo ritorno?

Sta andando bene, sono giornate molto piene. Su questa fiera si fanno paragoni sul momento perché ogni volta c’è una composizione diversa. Bisogna ragionare per numeri giorno per giorno. È bellissimo rivedere le persone dopo il 2019. A parte la Fiera di Torino non ci sono stati altri eventi. L’ambiente romano ancora non era stato recuperato. È stato un vero boom in questi giorni. Tantissime persone e molti incontri. Ci sentiamo soddisfatti.

Ci parli della sua casa editrice. Quali sono i vostri punti di forza? Cosa racconta la vostra casa editrice?

Nasciamo con una grande attenzione della poesia e della narrativa, con un occhio di riguardo alla ricerca. Che non significa necessariamente sperimentalismo o avanguardia, anche se nasciamo più di quarant’anni fa con quella impostazione. Negli ultimi anni abbiamo spostato il focus all’indagine politica e alla divulgazione storica, i temi della Memoria, della Shoa, legati alla Resista. Anche temi d’inchiesta come l’antibiografia di Andreotti, che è stato un grande successo.

Quali titoli sono stati più venduti e quali consiglierebbe? 

Certamente Gli introvabili di Giorgio Gizzi, con introduzione di Alberto Rollo. Gizzi va alla ricerca di alcuni libri ormai introvabili, ma è in realtà un pretesto per parlare dei viaggi per trovarli, delle città in cui si svolgono, una trama ampia e prismatica. Poi “Dove ricomincia la città” di Francesco Erbani. Un reportage sulle periferie. Erbani è il più bravo a parlare di città. Fa vere indagini consumando le suole su alcune periferie in alcune città italiane, scoprendo luoghi molto vitali che possono insegnare tanto ai curati e patinati centri storici.

Che futuro avrà l’editoria? E quali sono le vostre novità?

I dati sono buoni e in crescita. Per l’editoria indipendente è sempre molto complicato, la crescita è spalmata su moltissimi editori e pochi titoli. In Italia c’è un sistema di concentrazione nel mondo editoriale che tende a espellere il circuito indipendente dalle librerie e dalla stampa e, quindi, dalla visibilità. Non ci sono grandi politiche di sostegno alla promozione della lettura, la crescita dei lettori è sempre un lavoro di ragionamento e di idee che vengono dalle case editrici. Abbiamo lettori affezionati che comprano tanto, ma è una fetta molto ristretta del mercato e questo è un problema per tutto il mondo indipendente. Le nazioni con un alto tasso di lettura sono le nazioni che hanno un alto PIL. È un mercato solido, ma poco florido.
Le nostre novità di gennaio ’22: escono due libri sulla Shoa, proprio per la ricorrenza del Giorno della Memoria.
Il primo è un romanzo di Paolo CasadioFior di Cotone storia di una donna che torna da Auschwitz e si mette alla ricerca della figlia che era riuscita a nascondere al momento del rastrellamento.
Il secondo è un libro di Elena BissacaChiedimi dove andiamo” ed è un racconto dei viaggi che si fanno sui treni della Memoria. Un manuale di educazione alla Memoria. Perché il 26 gennaio non può essere l’unico giorno in cui parlare dell’olocausto.

All’interno dell’editoria indipendente cosa dovrebbe cambiare per avvicinare più lettori?

Lavorare in sinergia fra editori e librari, ma anche con tutta la filiera: dal distributore al promotore. Aprire tavoli dove sedersi tutti assieme e ragionare su maggiori complicità e obiettivi comuni. Solo affrontando assieme questa situazione credo che potremmo arrivare a più persone. Bisognerebbe lavorare anche per chiedere alle Istituzioni maggiori attenzioni al nostro settore.

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