Infelici gli dei di Stacey Swann @ Bompiani: ognuno è il dio di se stesso

Bompiani pubblica il nuovo romanzo di Stacey Swann, Infelici gli dei, una settimana nella vita della famiglia Briscoe, tra amori, tradimenti e omicidi nel Texas rovente e selvaggio della campagna. Una famiglia da leggenda, anzi, da mito: dietro ciascuno dei protagonisti lampeggia una divinità dell’Olimpo con i suoi difetti e le sue virtù.

“Era ancora lontano, e sapevo che se avessi sparato non l’avrei ucciso, i proiettili non sarebbero andati perfettamente a segno. Forse l’avrei accecato. E pensai che magari avrei potuto perdonarlo perché gli avrei dimostrato che le sue azioni non erano prive di conseguenze.” Il cuore straziato di lei e la carne straziata di lui. 

In questo articolo:

  1. Chi sono i Briscoe?
  2. Nel labirinto fra uomini e dei
  3. I barbagli del mito classico

Chi sono i Briscoe?

Nella composta unità di tempo di una settimana, in uno sfondo di polvere e calore, di campagna, di segreti inconfessabili e di vitelli da marchiare, il destino della famiglia Briscoe deve arrivare al proprio acme tragico. Non a caso, ci muoviamo ad Olympus, Texas: e i nomi significano qualcosa.

Come avveniva sulla celebre montagna la cui cima sfiora le nuvole, la grande famiglia contemporanea si lega e si snoda come un albero intricato.

Alla radice una coppia decifrabilissima: Peter, la cui chiave è la lussuria, June, abitata da rabbia e gelosia, maschere trasparenti di Zeus e Era. Seguono i discendenti: March, pervaso di incontrollabili accessi di violenza e seguito da due cani gemelli, Romulus e Remus, che ne dichiarano subito la vicinanza onomastica e simbolica al dio della guerra, Marte: Hap, un moderno Efesto, costruttore di motori e di istallazioni di metallo, e sposato con una moderna Afrodite, Vera, che come il mito vuole lo ha tradito col fratello.

In questa sistemazione di gemelli (gli antropologi ci aiutano sottolineando come la gemellinità sia la chiave di buona parte del mito) risalta la coppia Artie/Arlo, una Artemide cacciatrice in panni moderni, un Apollo contemporaneo che deve scambiare la cetra con la chitarra, e che però ricorda ancora, segretamente, la sua capacità di saettatore, il suo essere il dio della purificazione e della corruzione.

Nel labirinto tra uomini e dei

Lector in labirinto, aveva predetto Umberto Eco, e il lettore di Infelici gli dei di Stacey Swan, trova facilmente la via d’uscita di questo recalling dell’antico mito  modernizzato con coerenza tramite una serie di indizi leggibili e decifrabili, per quanto seducenti.

Ma il libro non si esaurisce qui: anzi. Il narratore esterno traccia lo sfondo e il cronotopo del romanzo con competenza, disegnando la coppia da cui tutto ha origine nel segreto della loro camera da letto, nel loro letto, anzi, troppo corto e stretto per il personaggio maschile, Zeus cosmogonico, perfetto per la protagonista femminile: Era del resto, ricordiamoci, è la dea del letto, e riesce a farne sbocciare uno coperto di erba e fiori anche quando vuol sedurre Zeus durante la guerra di Troia.

L’arrivo di March è l’evento scatenante. La narrazione si snoda classicamente, in unità di luogo e di tempo (relative: non un giorno, e non un solo spazio, ma pochi giorni e pochi scenari) suddivise in giornate complete. Per i vari personaggi vengono forniti flashback che aiutano il lettore a districare la loro interiorità, le loro motivazioni, spesso le motivazioni della loro ‘ira’. Parola chiave, questa, che riconduce all’indietro, all’epica omerica: la mènin, l’ira di Achille, è la chiave scardinante di tutte le azioni: proprio come avviene qui.

Fra flashback e fabula, l’azione procede, contratta verso il gorgo finale che, come nella tragedia classica, scuoterà i rapporti fra i personaggi e il nostro modo di vederli e considerarli, prendendo la mira verso la catarsi.

I barbagli del mito classico

La passione dominante è naturalmente l’amore. L’amore sbagliato, sbilenco, insensato. L’amore imeros, direbbe Platone, quello che non ha senso, che non arretra davanti all’incesto, che può costare la vita sotto la freccia sbagliata dell’arciera, ahimé non più vergine, Artemide. L’amore irrefrenabile: “secche le messi alimentano il flagello che le divora”, scrive Ovidio descrivendo l’incendio amoroso che fa divampare la passione del dio nell’epillio di Apollo e Dafne, usato qui in epigrafe per il capitolo che non a caso si intitola “L’origine del furore di March”.

Il libro, infatti, va più in profondo di quanto possiamo pensare. Il gioco non consiste solo nell’attribuire a ogni personaggio la giusta allusione alla divinità a cui si ispira. Estremamente classici sono i riferimenti concettuali: l’eros, il furor, l’incesto, l’eccesso, la sfrenatezza, la ybris.  L’attualizzazione comparata funziona per questo, non come un gioco sterile: “in verità ognuno è il dio di se stesso”, suggerisce di nuovo Ovidio, ne Le Metamorfosi.   

La scrittura, estremamente contemporanea, l’ambientazione, talvolta banale alla Dallas, seppelliscono fin troppo bene questa operazione viva e complessa. Che però sa inviare preziosi barbagli di sé. Il mito classico ci riesce sempre e l’inconsapevole fascino del romanzo ha qui le sue radici.

CASA EDITRICE: Bompiani

AUTORE: Stacey Swann

COLLANA: Narratori stranieri

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2021

PREZZO:  euro 18,00

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