Il Manifesto di Ventotene e il sogno di una Europa Unita

Sono tantissime le occasioni nelle quali ognuno di noi si ritrova a parlare di Europa.  Il dibattito politico è animato dalle vicende dell'Europa politica ed istituzionale, soprattutto in campo economico.

L'Europa però ci appare come un'entità astratta, lontana, che non ci riguarda, ma nonostante ciò ne parliamo, ne discutiamo, ci confrontiamo anche scontrandoci pesantemente.

Avrete dunque capito di cosa vogliamo parlare in questo articolo, considerato anche il recente anniversario della scomparsa di Altiero Spinelli, riferimento fondamentale per ciò che riguarda l'Europa odierna.

Ma prima di arrivare alla contemporaneità, occorre delineare un minimo quadro storico per contestualizzare la nostra discussione.  

Il nostro continente ha vissuto una storia profondamente travagliata.

Lo sappiamo,  l'Europa è stata dilaniata da continue guerre, dall'impero Romano fino ai conflitti del Novecento. Supremazie nazionali o imperiali, interessi più disparati e motivazioni religiose, hanno dato vita a un conflitto quasi permanente.

Possiamo individuare l'apice della violenza nel momento in cui le supremazie nazionali si sono trasformate in nazionalismi dittatoriali.

Il Primo Dopoguerra (periodo nel quale si è dovuto fare i conti con gli effetti distruttivi in termini materiali e di vite umane della Grande Guerra) è stato terreno fertile per la nascita di movimenti e partiti di stampo nazionalista che, come sappiamo, si sono trasformati in veri e propri regimi totalitari, che hanno condotto le nazioni europee a un secondo conflitto mondiale.

La sublimazione della superiorità nazionalista, penetrata nelle menti della popolazione in modo preponderante attraverso la propaganda, ha prodotto le leggi razziali, ha portato alle persecuzioni e agli stermini di massa.

Questo poteva essere effettivamente il punto di non ritorno della storia europea. Questi regimi, però, hanno visto anche degli oppositori che, nonostante il loro confino, o nel peggiore dei casi l'uccisione, non si sono fatti trascinare dagli eventi ma hanno provato ad elaborare idee e modelli alternativi per un nuovo mondo, diverso, migliore.

Tra questi potremmo citare Antonio Gramsci, punto di riferimento intellettuale del nostro Altiero Spinelli.

La stima e la fiducia tra i due era reciproca, tanto che lo stesso Gramsci ha più volte elogiato e incoraggiato Spinelli, considerandolo un uomo valido, uno studioso brillante e capace di generare idee nuove.

Spinelli, di educazione socialista, fin da subito lontano dagli ideali fascisti, fu però attirato, dopo il 1921, dal Partito Comunista, nato dalla scissione di Livorno, al quale aderì nel 1924.

Nel 1926, dopo la condanna al confino, ha vissuto in stato di latitanza per circa un anno, durante il quale ha svolto la sua attività antifascista nel nord Italia, fino al suo arresto.

A questo periodo è seguita la sua carcerazione, durante la quale ha approfondito gli studi filosofici, specialmente marxisti, oltre che quelli storici, economici e letterari. Durante la sua prigionia ha conosciuto personaggi come Terracini, Secchia e Scoccimarro.

Nel 1937 è stato mandato al confino, prima a Ponza e poi a Ventotene. Sempre quell'anno, Spinelli prese le distanze dalla figura di Stalin e dalla politica sovietica; per questo venne espulso dal Partito Comunista Italiano.

Il periodo di Ventotene fu comunque fondamentale nel suo percorso di maturazione intellettuale e politica. Ebbe l'occasione di leggere una serie di articoli scritti negli anni venti da Einaudi sul Corriere della Sera, pubblicati col titolo "Lettere di Junius" (pseudonimo di Einaudi), e condivise questa esperienza con nomi del calibro di Sandro Pertini, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni.

Proprio con questi ultimi due, insieme a Ursula Hirschmann, diede vita al cosiddetto "Manifesto di Ventotene", con il quale vennero poste le fondamenta del movimento federalista europeo, che aveva lo scopo di originare un’Europa federale e unita.

Un’impresa ardua, quasi impossibile in quello scenario nel quale si trovavano. Erano però animati da uno spirito weberiano, cioè quello che solo perseguendo l'impossibile si può costruire il possibile.

Proprio quel clima di guerra imminente, alla vigilia dell’invasione nazista della Polonia, indusse a riflettere sul rapporto tra le nazioni, specie in merito alla Società delle Nazioni, sorta dopo la Prima Guerra Mondiale, ma che aveva ben presto mostrato i suoi limiti e il suo fallimento.

Il Manifesto vide la luce nel giugno del 1941, nel vivo del Secondo Conflitto Mondiale, proprio all'apice della potenza nazista.

I punti chiave di questo Manifesto sono sostanzialmente tre.

La Federazione Europea non si poteva “fare” da sola, si poteva costituire solo per opera degli uomini.

In secondo luogo il tema delle forze politiche. La divisione tra progressisti e conservatori doveva cambiare, non poteva più essere quella tradizionale. La differenza doveva consistere tra chi voleva spendere le proprie forze per il nuovo modello di Europa, quello della Federazione, e chi invece voleva conservare la situazione così com'era stata fino a quel momento.

L'ultimo punto riguardava la nascita di un vero e proprio movimento politico capace di mobilitare le forze affinché si potesse raggiungere l'obiettivo, la creazione più grandiosa e innovatrice mai vista in Europa: un “largo stato federale”.

Questo poteva essere più facilmente raggiungibile se in ogni Stato ci fossero stati uomini che avessero impiegato la loro forza nel capire e nel far comprendere l'obiettivo, avendo fatto tesoro del disastro che aveva investito il continente negli ultimi decenni.

Spinelli viene liberato nell'agosto del 1943, dopo la caduta del regime fascista. Successivamente si sono tenuti una serie di incontri internazionali per strutturare il movimento federalista europeo, affinché si potesse diffondere in modo sempre più ampio il Manifesto, di cui il titolo originario era “Per un'Europa libera e unita. Progetto d'un manifesto”.

I risultati ottenuti dal movimento sono stati quelli di contribuire a creare il terreno culturale e politico che ha portato alla genesi della prima comunità europea.

Il pensiero di Spinelli si dimostrò quindi fondamentale e realizzabile.

Quello che si è ottenuto è stato un risultato straordinario, l’Unione Europea. Seppur imperfetta, costituisce un'innovazione fondamentale del nostro tempo. Tolte le guerre balcaniche, dal secondo dopoguerra a oggi il nostro continente ha vissuto il periodo di pace più lungo della sua storia.

Non è il progetto federalista di Spinelli, non ha ancora una sua carta costituzionale perché, come ben sappiamo, il tentativo di approvarla non è andato a buon fine, ma ha un suo Parlamento democratico di tipo elettivo.

Dobbiamo però sottolineare che ancora per molti aspetti le nazioni componenti conservano una propria autonomia.

L'Europa non ha la storia degli Stati Uniti d'America, non è facile dare vita ad una unione così profonda per un continente con storie nazionali millenarie così importanti. Ecco perché l'Unione attuale è comunque un risultato straordinario, ma allo stesso tempo debole, fragile e ancora poco sentito.

Gli ultimi anni, a seguito della grave crisi economica, della povertà sempre più presente e delle migrazioni, hanno visto nascere nuovi nazionalismi, accompagnati dai populismi e da alcune formazioni di destra estrema, attori di un dibattito antieuropeista preoccupante.

Invece è proprio nei momenti di difficoltà, per dirlo con una frase che può sembrare banale, che “l'unione fa la forza”.

Come generare un nuovo sentimento europeista?

Potrebbe risultare fondamentale ridurre la distanza tra i cittadini e le istituzioni europee, restituire al disegno europeo un’identità condivisa, affinché superi gli egoismi nazionali recuperando i valori fondamentali di Ventotene, quelli che hanno reso l'impossibile possibile. Allora come oggi.

 

 

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